Suonata di Ricordi

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Eren aveva solo 7 anni, quando per la prima volta pensò che detestava la calma piatta e asfissiante di cui era ricca la sua intera esistenza.
In futuro la gente gli avrebbe detto che doveva essere grato per quello che aveva, ad altri andava peggio.
Se lo ripeteva come un mantra, quelle volte che proprio non riusciva a trovare uno scopo alla sua vita
Ad altri va peggio

Forse era un pensiero un po' triste per un bambino di soli sette anni, anni che, a detta degli altri, erano i migliori perché quando si è piccoli ci si diverte.
Ma lui di bello non ci trovava proprio nulla.

Certo, i momenti belli c'erano, come quando suonava il violino e i suoi sentimenti si trasformavano in un pentagramma.
Gli piaceva pensare che ad ogni suo emozione corrispondeva una melodia.

Qual giorno Eren si trovava sotto un grande albero di ciliegie che c'era nel cortile di quella brutta scuola, durante la pausa merenda.
Eren odiava la sua scuola, si sentiva in gabbia, privato del desiderio di correre via verso la sua tanto amata libertà, rinchiuso da quelle alte mura sporche e ingiallite.

Eren odiava i suoi compagni, erano cattivi tra loro, con quella sincerità tipica dei bambini che è in grado di ferire come mille coltelli.
Non che a lui importasse...ma avrebbe dato qualsiasi cosa per avere qualcuno con cui parlare, condividere la monotonia e trasformarla in felicità.
Ma era solo, ed Eren odiava sentirsi solo.
Sbuffò rumorosamente in maniera teatrale.

Odiava quel sole primaverile, troppo caldo per il mese di maggio.
Ma all'ombra di quel grande albero la sua insofferenza si acquietava.
Ad Eren quell'albero era l'unica cosa che piaceva.
Il resto Eren lo odiava.

Sarebbe stato bello uno stimolo, qualcosa capace di attirarlo, di scacciare ciao la noia...

E poi era arrivato.
"Posso stare accanto a te? Mi piace l'albero. E poi qui c'è ombra, lì c'è caldo..."
Erano le prime parole che un piccolo Levi, di nove anni, aveva rivolto a Eren.
Era dolce quel tono di voce basso e cantilenante, con quella cadenza particolare tipica dell'infanzia.

Ed Eren lo ricorda ancora a distanza di così tanto tempo, come un marchio a fuoco inciso per sempre nella sua memoria, incurante del tempo che scorre inarrestabile.
Come può dimenticarlo?

Lui era così pallido, così piccolo.
Forse troppo piccolo per avere nove anni, penso Eren.
Aveva sentito la mamma parlare dei bambini che nascono prima del previsto, e sembrano più piccoli per tutta la vita.
Forse anche Levi era così, pensò Eren.
O forse mangiava poco, perché chi voleva crescere doveva mangiare, Eren lo sapeva e infatti mangiava sempre.

Però Levi sembrava carino, e ad Eren piacevano le persone carine.
E perciò sorrise guardandolo, pensando che forse sarebbero potuti diventare amici.

E poi lui era più carino di Mikasa, che a volte lo guardava con gli occhini dolci, sbattendo le palpebre.
Lei non era così carina.

Il piccolo Eren sorrise a Levi "Si vieni accanto a me, qui c'è ombra".

"Io mi chiamo Levi, tu?"
"Io sono Eren! Vuoi essere mio amico?"

E da allora si erano visti sempre sotto quel grande albero di ciliegi a giocare e guardare gli altri bambini rincorrersi per il cortile.
E per Eren, Levi era l'unica cosa carina della sua vita...

Era bello andare al parco con Levi, passare il tempo a rincorrersi o andare sulle altalene fino a toccare il cielo.
Era bello vedere Levi ridere, lo faceva sembrare ancora più carino.
A volte Eren gli faceva sentire come suonava il violino, e all'altro brillavano gli occhi.
A Eren piaceva vederlo così...

Eren amava avere Levi in casa propria, giocare ai videogames e la notte dormire entrambi nello stesso grande letto della sua camera che, se condiviso, rendeva il buio meno spaventoso.
Si abbracciavano durante la notte, soprattutto quando uno dei due aveva un incubo e l'altro lo teneva stretto fino a farlo riaddormentare.

×Come Il Mare D'inverno×    EreRi/RiRen OSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora