➤ Due.

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"Ara?"

Voltai la testa e sorrisi a mio padre. Se ne stava lì in piedi, e con circa dieci uomini attorno, tutti armati di pistole. Era bastato un gesto della mano per disperderli e poi perlustrai la zona alla ricerca di un qualsiasi pericolo. Lo raggiunsi e lo attirai a me in un caldo abbraccio anche se percepivo la sua pistola contro il corpo, infilata nella fondina e posizionata sulla cintura dei pantaloni.

"Stai bene?" Gli occhi di mio padre si spalancarono alla vista della sua camicia, adesso fradicia, di sangue. Giusto, Yoongi mi aveva tagliata.

"Sì, sto bene, non è profondo." Gli assicurai veloce. Si preoccupava sempre per me, ero la sua bambina, il suo tutto. Mi proteggeva sin dalla morte di mia madre, mi aveva perfino assegnato una guardia del corpo e molto altro. Tuttavia quel bodyguard era morto in circostanze tragiche e adesso ero io a proteggere me stessa.

"Vai a darti una ripulita," Disse, accarezzandomi una guancia. "Si occuperanno i ragazzi di sistemare casa, così tu puoi riposarti." Annuii e raggiunsi le scale per poi salire con lentezza.

E quando arrivai in cima svoltai, e percorsi il lungo corridoio fino alla fine per poi ritrovarmi di fronte alla porta della mia camera. Non appena entrai collassai direttamente sul letto, percependo tutta la fatica della corsa, della lotta, e sì, anche di tutta quella perdita di sangue. Sospirai, mi misi seduta e tolsi la giacca di jeans nera. Poi cautamente mi sfilai la canottiera fradicia di sangue ed esaminai la ferita allo specchio. Non era messa tanto bene ma per fortuna aveva mancato l'ombelico.

Mi disfai dei vestiti insanguinati e infilai quelli sporchi nella cesta della biancheria, dopodiché raggiunsi il mio armadio per tirare fuori il pigiama e prima di indossarlo fasciai il taglio che mi aveva inferto Yoongi. Adesso il mio corpo ferito era coperto da una semplice canotta grigia e da un paio di pantaloncini coordinati.

Avanzai in direzione della specchiera e mi sedetti sullo sgabello prima di guardarmi allo specchio. Ero stanca e avevo l'aspetto di uno straccio. Gli occhi erano arrossati e le labbra screpolate, sembrava quasi che non mi prendessi cura di me da giorni, per cui iniziai velocemente con la mia routine notturna in maniera da ringiovanire il mio viso morto.

Un esfoliante, tre maschere e cinque sieri dopo, non ero nemmeno più così male, solo stanca. Mi arrampicai sul letto, spensi le luci e chiusi gli occhi. Mi addormentai con il rumore che producevano gli uomini di mio padre al piano di sotto, probabilmente spostando qualcosa.

Mi rigirai nel sonno, in dormiveglia. Ero stata svegliata da qualcosa, ma non avrei saputo dire esattamente cosa. Almeno non fino a quando percepii una mano sulla bocca e altre due sui polsi. Solo in quel momento capii cosa stava succedendo.

Spalancai gli occhi e fissai dritto in viso colui che avevo già visto non molto tempo fa. Si era posizionato sopra di me e mi teneva le braccia in basso mentre il suo viso sovrastava il mio.

"Devi essere lei," La voce di Jimin mi riecheggiò nelle orecchie. Non riuscivo a vederlo bene, era buio e sapevo che nemmeno lui mi vedeva, non sarebbe riuscito a osservare i miei occhi. "Ara Fey?"

Più cercavo di resistergli, più il mio battito cardiaco accelerava alle sue parole. E non appena se ne accorse, un sorriso malato crebbe sul suo viso e strinse la presa.

"Dov'è la tua guardia del corpo adesso?" Parlava di me, con me...che ironia. Il punto era che non avevo idea di dove potesse essere lei. Dovevo trovare la mia Indigo e sembrava che ne dipendesse la mia vita.

Con una mossa rapida sollevai la testa dal letto e diedi una testata a Jimin. Quest'ultimo ricadde all'indietro gemendo dal dolore e io feci lo stesso. Faceva male da morire. Feci leva sulle mie braccia e mi sollevai, ma venni spinta giù da una mano ancora più forte. Mi ero dimenticata dell'altra mano che in precedenza si trovava davanti alla mia bocca e che Jimin non era solo.

Jimin cercò di riposizionarsi a cavalcioni su di me e io in risposta gli sferrai un calcio, così cadde dal letto. Mi contorsi, e adesso ero di fronte all'altro ragazzo che mi tratteneva. Lo calciai violentemente sullo stomaco e lasciò la presa. Tuttavia, continuavo a non capire chi fosse, era fin troppo buio e sembrava che indossasse una maschera.

Balzai giù dal letto e mi posizionai pronta per combattere. Jimin corse verso di me e mi spinse forte contro il muro della mia camera. Il mio corpo si irrigidì al dolore.

Mi afferrò per le braccia e le contorse dietro la schiena per farmi stare ferma. "Sei un po' troppo forte per essere lei," Disse Jimin annaspando per dell'aria. Lo colpii all'indietro sul ginocchio e inciampò, liberandomi così le mani. Mi voltai e tentai un calcio rotante mirando alla sua faccia, ma riuscì a pararlo con il gomito e mi spinse a terra. "E un po' troppo allenata," Jimin mi fissò sospettoso.

Rapida allungai la gamba e passai un piede sotto le gambe di Jimin, facendolo atterrare sul pavimento. Mi divincolai, corsi in direzione della porta ma alla fine venni tirata indietro, rigirata e finii contro un petto duro.

Mi dimenai ma senza risultati, era troppo forte. "Chi sei?" Alzai lo sguardo. Ero completamente consapevole che non avrebbe risposto ma sapevo che le mie parole lo avrebbero distratto, anche solo per un secondo e quel secondo era tutto ciò che mi serviva. Individuai e afferrai l'oggetto più vicino; una boccetta di profumo. Non esitai e la spaccai in testa ai miei due rapitori anche se nel farlo del vetro si era conficcato nelle mie mani.

Mi lasciò andare, aprii la porta e scappai dalla mia stanza. Sapevo che non ci sarebbe stato nessuno ad aiutarmi, mio padre non avrebbe lasciato che mi prendessero e per questo doveva essersene già andato. Svoltai l'angolo del corridoio e corsi giù dalle scale, vedendo il pavimento disseminato dai corpi della sicurezza. Ecco come si stava svolgendo la pulizia mentre dormivo.

Dovevo andare a prendere quel pulsante nell'ufficio di mio padre, avrebbe richiamato immeditamente e sarei stata salva. Avevo quasi raggiunto la maniglia della porta quando sentii il dolore sordo di un pugno sul fianco. Mi accasciai a terra e lo stesso ragazzo a cui avevo rotto la boccetta in testa, incombeva in piedi di fronte a me e dai suoi occhi riuscii a capire quanto non fosse felice. I suoi occhi.

Conoscevo quegli occhi. Sapevo di conoscerli, in loro c'era qualcosa di così familiare, come se stessi guardando un vecchio amico. Poi mi colpì, tutto, e non riuscii più a muovermi. Ero congelata. Talmente pietrificata dai suoi occhi che non mi resi nemmeno conto che qualcuno si era insinuato alle mie spalle. L'odore di cloroformio mi inondò i sensi e una mano si avvolse su naso e bocca mentre iniziavo a sentire la testa leggera.

"Jungkook?"

Questo fu tutto ciò che riuscii a dire. Sembrava che la mia domanda fosse stata chiesta da lontano, come se stesse galleggiando distante dalla mia voce. E poi tutto ciò che vidi fu nero.

𝐈𝐍𝐃𝐈𝐆𝐎 | BTS (Traduzione Italiana)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora