7.2 - Il mostro

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La mezzanotte arrivò in fretta, dopo un paio di spinelli e cinque o sei drink. Conciato in quel modo, Michael iniziava un po' a divertirsi. Fecero il conto alla rovescia e festeggiarono l'inizio del duemilaquattro. Michael pensò che quello era l'anno in cui la sua nuova vita avrebbe avuto inizio. La scuola era finita, Filadelfia non c'era più. I suoi vecchi amici e sua madre non c'erano più. Bevve un lungo sorso di vino dolce a canna da una bottiglia e si unì alla piccola folla che gridava.

Alle due del mattino in pochi si reggevano ancora in piedi. La libreria dell'iPod di Jason sembrava infinita, e una dopo l'altra canzoni tutte uguali rimbombavano nella piccola casa. Fortunatamente, metà degli ospiti se ne stava sempre fuori sul terrazzo a fumare erba e lanciare sassi agli animali notturni. Non ci sarebbero stati tutti insieme, dentro quel buco. Verso le tre del mattino, erano rimasti in piedi in una decina. Jason, che aveva evidentemente retto l'enorme quantità di erba che aveva fumato, propose di andare ad esplorare il bosco. Michael scoprì quella sera che esplorare il bosco era una delle attività preferite alle feste del posto. Ci si faceva paura a vicenda, ci si nascondeva, si scopava. Lui non avrebbe saputo con chi scopare, quella notte, ma accettò comunque di giocare. Uscirono tutti con delle torce elettriche che Jason teneva in garage. Erano a coppie. Michael era finito con una ragazza che aveva conosciuto poco prima, Erin, che aveva dimostrato un certo interesse nei suoi confronti. A lui però, lei non piaceva proprio per niente. Sperò che non volesse provare a fare sesso mentre erano da soli in mezzo al bosco. Si divisero tutti quanti, e Michael sentì gli schiamazzi delle altre coppie affievolirsi sempre di più mentre procedeva con Erin nella macchia di alberi. In cielo la lune e le stelle erano coperte da una spessa coltre di nuvole. Il buio era denso e impenetrabile. Mentre procedevano verso il niente, Erin parlò:

"So io dove andare. Ti porto a vedere le cascate." Disse.

Lo prese per mano e iniziò a tirarlo. Era una ragazza tarchiata, con i capelli di un colore indefinito e una risata acuta e insopportabile. I loro piedi sprofondavano nella neve mentre procedevano, e Michael iniziò a sentire il freddo penetrare nel suo giubbotto. Le cascate erano a dieci minuti di cammino dalla casa, che a lui sembrarono ore. L'acqua cadeva da una parete di roccia scavata nella montagna in un piccolo bacino naturale che l'erosione dell'acqua aveva creato, per poi proseguire in un torrente. Michael immaginò che alla luce del sole sarebbe stato uno spettacolo indimenticabile, ma con quel buio riusciva a vedere solo quello che la debole torcia illuminava.

"Bello, vero?" gli chiese Erin.

"Non vedo niente." Disse Michael, alzando le spalle.

Erin si voltò verso di lui e senza aspettare nemmeno un secondo lo baciò. Michael sentì la lingua che si infilava nella sua bocca e la mano che cercava di slacciargli i pantaloni. Non riuscì ad opporre resistenza. Lei gli aprì la lampo e lo tirò fuori, e alla luce della torcia Michael vide che lo guardava avidamente. Erin iniziò a fargli un pompino con una voracità che lui non si aspettava. Sembrava non l'avesse mai visto in vita sua, nonostante avesse ormai 24 anni. Michael era disgustato. Pensò a quanto era stato bello con Hannah, alla sua dolcezza, alle sue labbra morbide e alla sua pelle liscia e profumata. Erin gli sembrò immediatamente sporca. Gli sembrò che lo stesse violando. Gli venne da vomitare. Quasi non si accorse di quello che faceva, quando la spinse con forza all'indietro. Erin barcollò e cadde in mezzo alla neve di schiena. Michael vide un riflesso d'ira nei suoi occhi, quando la illuminò con la torcia.

"Che cazzo fai, coglione?" gridò.

Michael si accorse solo allora che l'aveva praticamente gettata a terra. Cercò di scusarsi, ma non riuscì a formulare la frase. Lei si alzò e gli diede una ginocchiata nelle palle. Michael gridò e si accasciò a terra, piegato in due dal dolore. La torcia cadde in mezzo alla neve. Erin la raccolse e se ne andò di corsa, insultandolo.

Non seppe mai per quanto tempo rimase accovacciato nella neve. Diverse decine di minuti, almeno così gli sembrava. Il dolore acuto passò dopo un po', ma alzarsi gli faceva ancora male. La neve aveva inzuppato i suoi jeans e stava iniziando a penetrare anche dal giubbotto. Si sentiva tutto il corpo bruciare dal freddo. Si augurò che Erin avesse detto a qualcuno che l'aveva lasciato lì, disteso per terra e senza torcia. Non vedeva niente intorno a sé. L'unica fonte di debole luce, una volta che gli occhi si erano abituati all'oscurità, era il riflesso aranciato delle luci del villaggio sulle nuvole basse. Le lacrime di dolore si erano congelate sul viso. Sentiva le creature della notte muoversi attorno a lui, in un fragore continuo di rami spezzati. Pensò che di lì a qualche ora sarebbe sorta l'alba, e che se non fosse morto assiderato prima avrebbe potuto cercare la strada di casa.

Improvvisamente, qualcosa si mosse dall'altra parte del lago.

Il cuore di Michael sembrò fermarsi. Sentì le budella che gli si scioglievano.

Non riusciva a vedere bene che animale fosse. Si muoveva rapidamente e su quattro zampe, trascinando qualcosa con lui. Un altro animale. Michael pensò che quella cosa era troppo piccola per essere un orso, e troppo grande per essere una volpe. Forse era un lupo, di quelli che avevano avvistato su quelle montagne. Il solo pensiero lo fece raggelare.

Può fiutarmi da così lontano, pensò, può sentirmi?

Sperò che il suo respiro affannoso non si udisse dall'altra parte del lago. La creatura si mise in posizione eretta, e Michael sentì un brivido scuotergli il corpo.

Era umana.

Indossava vestiti invernali. Sembrava una donna, piuttosto esile. Estrasse qualcosa dal cappotto che luccicò alla lieve luce aranciata, e si avventò sull'altro animale. Quello gemette. La donna emise un paio di grugniti di sforzo mentre dilaniava la bestiola. Michael vide la neve sotto di loro tingersi di scuro. Non riusciva a capire. Non riusciva a reggere le crudeltà con cui quella donna uccideva. La sentì che gemeva di piacere mentre affondava il coltello nella carne. Quando ebbe finito, l'assassina si alzò e calciò i resti dell'animale nel lago. Poi piegò la testa all'indietro e gridò. Era un grido rauco e acuto, dal profondo dell'anima. Un urlo disumano. Michael trasalì. Aveva già sentito quell'urlo.

In preda al panico, tremando come una foglia, trovò la forza di alzarsi barcollando. L'addome gli faceva male. Era intorpidito dal freddo. Se la donna si fosse soffermata a guardare l'altra sponda del lago, l'avrebbe visto di sicuro ora che stava in piedi. Indietreggiò lentamente mentre lei era chinata sulla neve sporca di sangue. Michael singhiozzava silenziosamente nel buio. Sperò di raggiungere l'oscurità del limitare del bosco prima che lei alzasse lo sguardo.

Proprio quando toccò un albero con la schiena, pestò un ramo che si spezzò. La donna non se ne accorse, forse il suono era stato coperto dal fragore della cascata. Il ragazzo rimase immobile.

Poi il suo cellulare squillò.

La suoneria del Nokia risuonò forte e chiara per tutta la radura. Lo sguardo della donna si alzò, e due occhi neri brillarono nel buio.

Michael fece di tutto per farlo smettere, ma la suoneria continuava, mentre l'assassina si muoveva a quattro zampe come un grosso ragno nero verso di lui. Il ragazzo si accasciò sull'albero e sentì le ginocchia che gli cedevano. Seduto in mezzo alla neve, la vide avvicinarsi e fiutarlo come un predatore a caccia. La sentì ansimare, e distinse lunghi capelli bagnati che pendevano verso il terreno. Era in controluce, e Michael non poteva distinguere i tratti del suo viso. Il suo respiro era leggero e rauco, e sembrava appartenere ad una ragazzina. Il coltello era ancora nelle sue mani, sporco di sangue. La creatura esitò. Michael sentì che stava per urinare nei suoi pantaloni. Sentiva il calore dell'alito della creatura scaldargli il viso.

Poi udì delle voci alle sue spalle, in lontananza. Delle grida.

Vide alcuni fasci di luce azzurra che illuminavano il lago, interrotti dalle ombre degli alberi.

L'assassina trasalì. Uno stretto spiraglio di luce le illuminò la parte alta del viso, rivelando lineamenti delicati e una pelle chiara e liscia. Era una ragazza. Gli occhi erano completamente neri e circondati da striature violacee terrificanti. I muscoli del suo viso si contrassero in un'espressione spaventata.

"Michael!" si sentì gridare in lontananza. La voce di Hannah.

La figura nera dell'assassina si alzò e si dileguò nella macchia d'alberi. Michael rimase solo, accasciato su quell'albero in mezzo alla neve.

Una manciata di secondi dopo, arrivarono i suoi amici.

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