Tutto così frammentato

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-Tutto bene Izuko?- la madre bussò alla porta visto che non rispondeva alle sue chiamate, rimaneva fermo a guardare la cicatrice sulla sua schiena.

Forse era solo una voglia...

Forse tutti quei problemi gli incasinavano la testa erano reali...

-Izuko!- urlò ancora -sto bene...- sussurrò poi andando ad aprire la porta ancora a petto nudo, si ritrovò davanti la madre che lo abbracciò -che succede mamma? Tutto bene?- -certo tesoro, è pronto- si allontanò di un passo e rifletté su come chiederle spiegazioni senza parlare di lavoro.

-Sai come mi sono fatto questa cicatrice?- lei si sboccò osservandola -eri molto piccolo, forse 4 anni, una caduta- scuoteva le mani animatamente -mamma sei sicura di star bene?- -certo è solo che ecco sono preoccupata, è un lavoro pericoloso e non voglio perderti- lui annuì -mi sono allenato tanto per questo momento, ce la posso fare-.

Gli accarezzò i capelli verdi e ribelli eppure così morbidi -sarai sempre il mio eroe tesoro- quella frase...gli sembrava come di averla sentita così tante volte da piccolo eppure non riusciva a ricordarsi un'altro momento, distolse lo sguardo posandolo sull'armadio che aveva una crepa sopra, non l'avevano mai riparato era così dalla notte dei tempi, -come si era rotto?- lei lo guardò -stavamo giocando era piccolo non puoi ricordarti, dovevi salvarmi- -ah- gli sfuggi valutando il danno.

Non ricordava le dinamiche ma sicuramente c'era una spiegazione.

Mangiò molto e dormì poco quella notte, appena chiuse gli occhi gli parve di sprofondare.

All'inizio sognò il buio, percepiva solo delle risate lontane e si sentiva così spaventato poi gli sembrò che tre figure gli corressero di fianco.

Una più grande scappava e le due piccole la inseguivano ridendo.

Una delle piccole sagome si scontrò poi con lui, caddero entrambi e finalmente quella figura gli apparve nitida, era lui...lui da piccolo.

Aveva forse cinque anni, con i capelli arruffati, un dente in meno e una tutta da eroe.

-Tutto bene Izuko?- quella era la voce di sua madre, la figura grande tornò indietro e prese in braccio il bambino che si tratteneva dal piangere, ora anche la mamma era ben visibile, più giovane, con i capelli legati e leggermente più magra.

-Qualcosa mi ha colpito...- piagnucolò il piccolo se, l'altra piccola figura gli corse davanti -cosa? Lo uccido io!- quella voce gli fece fare un balzo, chi? Lui la conosceva ne era sicuro! L'aveva sentita tante volte! Provò a toccare l'ombra ma iniziò a scomporsi e deformerei riducendosi a pixel facendo incrinare anche la voce.

Tutto iniziò a scomporsi fino a mostrar qualcosa si diverso, -correte!- sua madre, si girò nuovamente verso di lei trovandola però invecchia e inginocchio, c'era un'allarme che suonava e delle sirene delle polizia che coloravano tutta la casa. Sì perché la stanza da nera era diventata il salotto di casa sua e le luci entravano dalle finestre.

-Fermateli!- un'agente, il rumore di un vetro rotto -afferrami la mano!- ancora la voce di quel ragazzo ma più roca e veniva dal balcone, una serie di esplosioni, si tappò le orecchie.

Gli agenti si fermarono e la mamma iniziò a singhiozzare più forte sorridendo -correte miei piccoli eroi...- si svegliò all'improvviso.

La sveglia aveva disturbato quel sonno così poco riposante.

Sicuramente era colpa del soggetto con cui era venuto a contatto.

Avrebbe dovuto riferirlo.

Uscì prima che sua madre si svegliasse, dopo aver fatto un'abbondante colazione.

In gabbia come animaliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora