Capitolo 1: Nuovo... di nuovo

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Era il 12 maggio quando io, mia madre e mio fratello ci trasferimmo. Capitò così, all'improvviso, una sera. Ascoltavo musica e disegnavo, quando mia madre entrò nella mia stanza in lacrime. Mi prese per un braccio, e, buttando alla rinfusa i miei vestiti in una valigia, mi disse che saremmo andati a vivere in un'altra città, senza di Lui. Non sapevo perché mia madre piangesse, non ero molto informato sulle questioni di famiglia. In quel periodo, infatti, passavo la maggior parte del mio tempo chiuso in camera, principalmente per paura di Lui. Non lo chiamerò con il suo vero nome, né padre, solamente Lui. Non si merita di essere chiamato in altre maniere, e me ne voglio dimenticare, in ogni caso. Quel giorno oramai è un vago susseguirsi di immagini, rammento che passai qualche ora in un vagone affollato attaccato a Kasuki, mio fratello maggiore. All'epoca avevo 7 anni. Pochi mesi dopo, ad agosto, mia madre scomparse. Era l'otto, per essere precisi. Lunedì. Me lo ricordo bene, era il giorno del mio compleanno, dopotutto. Mio fratello, da quel giorno, si è assunto il compito di prendersi cura di me. Sono passati 9 anni, e io e Kasuki viviamo insieme in una microscopica casetta di periferia. Oggi è il primo giorno nella mia nuova scuola. Anche se dovrei frequentare la terza liceo, per me la scuola è nuova, infatti ne cambio un all'anno, insieme a casa, città, e tutte le varie cose riguardanti il luogo in cui si abita. Dopo la scomparsa di nostra madre, io e Kasuki sappiamo che stare troppo a lungo in uno stesso luogo non è sicuro. Lui potrebbe rintracciarci, in qualche modo. La mia scuola è in centro città, a qualche kilometro da casa nostra, così prendo la bici per andarci. La macchina, o meglio, quel catorcio di terza o quarta mano che non credo si possa definire in tal modo, lo usa Kasuki per andare al lavoro. Non frequenta l'Università, deve lavorare per mantenermi e pagare la scuola, l'affitto, le rate dell'automobile, tasse e bollette... in ogni caso, non avrebbe soldi a disposizione per frequentarla. Probabilmente è per questo che si interessa molto del mio rendimento scolastico. L'unica cosa che mi dice, è: "Da grande devi trovare un lavoro che ti aiuti a mantenerti, e poter fare anche molte altre cose. Con i soldi che metto via ogni mese, potresti riuscire a frequentare un'Università decente, un giorno. Tu puoi fare molte cose, Nariaki. Io credo in te."

Il vento gelido delle 6:00 del mattino mi sferzava gelido il viso. Alzai la zip della giacca, e presi la mia bicicletta. Mentre pedalavo, stringevo con forza le mani sul manubrio, tanto da arrossare le mie mani talmente da farmi male, e graffiarmi i palmi con le unghie. Ogni volta che sono nervoso, arrabbiato o triste, stringo i pugni fino a farmi male. È un'abitudine che mi porto dietro sin da piccolo. Ero nervoso in vista di conoscere nuove persone. Non sono mai stato molto propenso a fare amicizia. Ogni anno ero costretto ad abbandonare nuovi amici, vicini o professori. Con il passare del tempo mi ero abituato a non affezionarmi troppo alle persone, per alleviare il mio e il loro dolore al momento della mia partenza. Immagino che anche per Kasuki sia difficile abbandonare nuovi colleghi. Credo. Non c'è quasi mai a casa, non mi parla mai. Non l'ho mai visto sorridere o piangere in mia presenza. Ha sempre uno sguardo duro, freddo, indifferente a qualsiasi cosa io faccia. A volte penso che sia il suo modo di affrontare il dolore. Dopo tutto ha sofferto di più la scomparsa di mamma, e ha molti più ricordi di Lui. Io rammento solo i tratti duri e simmetrici del suo volto, quegli occhi di ghiaccio che, quando ti guardava, sembrava potesse leggerti nel pensiero, e ricordo che mi faceva sorridere sentirlo pronunciare la lettera "e". La pronunciava leggermente aperta, e faceva un aspetto un po' comico, quando parlava seriamente. La cosa lo faceva andare in bestia. Un giorno mi tirò una bottiglia di vino addosso, durante il pranzo, perché avevo sorriso durante il suo discorso. Ho ancora una cicatrice sulla parte dietro del collo, come ricordo di quell'esperienza. A volte seguo il suo corso con le dita. Ha una forma bizzarra. Perdendomi in pensieri sulla mia infanzia e su quella di Kasuki, non prestai molta attenzione a dove stavo andando, e finii per sbattere contro un alto ed imponente muro di pietra. Il caso volle che fosse proprio il muro che recingeva la mia nuova scuola. Scesi dal mio veicolo. Non aveva arrecati gravi danni, e in ogni caso era già talmente malconcia che non si notavano neppure. Lasciai la bicicletta appoggiata sul muro, tanto, in quelle condizioni, nessuno avrebbe pensato di rubarla. Il cortile al suo interno era strapieno di ragazzi, c'era qualcuno che urlava sopra il casino generale per richiamare l'attenzione di qualcuno di conosciuto. Camminavo un po' spaesato, e qualcuno mi urtò, o io urtai qualcuno, non ricordo perfettamente. Mi ritrovai davanti al portone principale e chiesi istruzione ad un omone con due enormi baffi e l'aria da giocherellone. A giudicare dal modo in cui era vestito e dai guanti di plastica che portava doveva essere un bidello. "Buongiorno" iniziai, parandomi davanti a lui. "Che succede, ragazzo?" mi squadrò, la cosa doveva essere forse intimidatoria, ma, essendo di una spanna buona più basso di me, non gli riuscì molto bene. La sua voce, guardandolo solamente, me l'ero immaginata baritonale, profonda, ma non era così. La sua era una voce piuttosto acuta, quasi da donna. "Vorrei sapere... io sono nuovo qui, ma non mi hanno mandato la mia classe o i miei orari. Mi potrebbe aiutare?" Lui mi sorrise caldamente e mi fece strada verso... qualche parte. Non sapevo esattamente dove. La sua falcata, nonostante fosse più basso di me, era molto ampia, e dovevo trottare per mantenere il passo. Guardavo in giro, la scuola era bella e pulita. Il pavimento rifletteva, un po' distorta, la mia immagine, e i corridoi sapevano di disinfettante. Nei corridoi c'erano file di armadietti di metallo lucenti, tutti puliti e senza scritte o adesivi, e porte di legno lucido delle classi. Passammo davanti alla 2A, la 1B, la 4E. Girammo a destra, 1F, 3C, 5B. Salimmo delle scale, che credo fossero di servizio, essendo strette e un po' impolverate. Erano talmente strette che fummo costretti a procedere in fila indiana, e il bidello, a causa della sua stazza, faceva fatica ad andare avanti. Di tanto in tanto potevo udire qualche brontolio. Passammo davanti a vari pianerottoli, senza fermarci, fino a che non arrivammo a quello che pareva essere l'ultimo. Il bidello prese un mazzo di chiavi, ne tirò fuori una piccola e dorata, e aprì la porta davanti a noi. Essa dava su un buio corridoio. Dopo tutta la luce che illuminava l'edificio, feci fatica ad abituarmi. C'erano pochissime finestre, le luci erano spente. A parte il rumore dei nostri passi, non si udiva altro, e la cosa era un po' inquietante. Potevo vedere la polvere nelle rare zone colpite da un raggio di sole. Arrivammo in fondo al corridoio, girammo a sinistra, poi, davanti ad un imponente porta in mogano, ci fermammo. C'era incisa la parola "Presidenza" in lettere che, evidentemente, un tempo erano state dorate, ma ora la vernice era scrostata e rimaneva visibile solo in alcuni punti. Il bidello bussò, in attesa di una risposta. Passò qualche minuto, interminabile minuto, nel surreale silenzio di quel corridoio. Sentii, in lontananza, la campanella suonare. Pochi istanti dopo una voce ci disse di entrare. Quella voce... mi irrigidii, i miei capelli mi si rizzarono in testa. Feci un respiro profondo ed entrai, mentre il bidello mi teneva aperta la porta, a passo incerto. L'uomo, una volta che fui entrato, mi chiuse la porta alle spalle con un tonfo e sentii i suoi passi pesanti allontanarsi. Rimasi quasi attaccato alla porta. Era una vecchia abitudine che avevo preso da piccolo, in caso che a Lui fossero venute in mente idee strane o volesse alzare le mani, ero pronto per scappare. Una volta fui troppo lento... non voglio ricordare. Rabbrividii a quel pensiero, e le mie urla di dolore mi risuonarono in testa, insieme al ricordo dell'umido dello scantinato e la fame che mi aveva afflitto per giorni. L'uomo seduto davanti ad un imponente scrivania davanti a me mi sorrise caldamente e mi disse: "Avvicinati ragazzo, non aver paura." Evidentemente il mio sguardo aveva tradito ciò che provavo a causa di quei pensieri. Il Preside era sulla cinquantina, con un paio di occhiali quadrati sulla punta del naso, e il suo volto era caratterizzato da tratti puliti, duri e simmetrici. I capelli, che oramai si stavano ingrigendo, dovevano essere stati bruni, a giudicare dall'omonimo colore della sua capigliatura, interrotto da qualche striatura di grigio. Era rasato ed aveva un volto ancora abbastanza giovane, nonostante la sua età. Increspò leggermente le labbra, squadrandomi dall'alto in basso. Una piccola ruga si accentuò ai lati della sua bocca, rimaneva lo stesso parecchio affascinante. Deglutii e feci un passo avanti, scacciando i pensieri che mi si erano formati in testa. Abbassai la testa e un po' la schiena in un piccolo inchino. Questa era una regola ferrea in casa nostra, e, al cospetto di quell'uomo importante, non potei fare a meno di inchinarmi, anche se Kasuki ha sempre cercato di impedirmelo. L'uomo mi guardò divertito, anche se con una strana espressione negli occhi che non saprei come decifrare, forse sorpresa, e, con la sua voce fredda e distaccata, mi chiese: "Che fai, ragazzo? Mettiti diritto, su." Obbedii. Lui mi sorrise nuovamente, ma io non feci altrettanto. Rimasi con lo sguardo fisso oltre le sue spalle, in attesa di istruzioni. "Vedo che sei di poche parole." Storsi leggermente il naso. Detesto le persone che fanno giri di parole. "Allora..." sfogliò velocemente una pila di fogli, uno sopra l'altro, che, presumibilmente, contenevano informazioni sugli studenti, poi ne prese uno che sembrò andargli bene. "... Nariaki Shimiku, giusto?" Feci un segno di assenso con la testa. Non vidi espressioni di stupore sul suo viso quando disse il mio nome, ma corrugò un po' la fronte. Forse aveva avuto anche lui lo stesso sospetto... ringraziai mentalmente mio fratello per avermi cambiato il cognome. "Bene, Nariaki, la tua classe è la 3F." Mi porse una cartella. "All'interno trovi una mappa della scuola, per orientarti questi primi giorni, poi il tuo numero di armadietto e la combinazione." Mi porse un lucchetto, e io, ovviamente, da distratto quale sono lo feci cadere. Mi profusi in profonde scuse, poi mi chinai per riprenderlo. Quando mi rialzai, mi accorsi che il Preside mi osservava in modo strano, sembrava felicemente sorpreso. Mi affrettai a congedarmi, dopo essermi inchinato una seconda volta. Attraversai il polveroso corridoio, senza guardarmi attorno questa volta, ma quasi correndo, ansioso di mettere più distanza possibile tra me e il Preside. Arrivai alla porta che dava sulle scale. Sul terreno notai una piccola chiave dorata. Sembrava quella che il bidello dall'aria simpatica aveva usato per aprire la pesante porta. La raccolsi e me la infilai in tasca, sicuro che ne avessero una copia. Mi sarebbe potuta servire, se i miei sospetti erano giusti, e, poi, avevo la strana sensazione che il bidello non se la fosse lasciata cadere per sbaglio. Scesi velocemente le scale e tirai fuori dalla cartella la mappa della scuola. La 3F era dall'altra parte dell'edificio, piuttosto vasto, rispetto alla zona in cui mi trovavo adesso. Notai che, accanto all'edificio scolastico, ne era presente un altro, un po' più piccolo. Sembrava essere sempre un'edificio per istruire i ragazzi, ma chi? E perché era attaccato alla nostra scuola? Scacciai questi futili interrogativi dalla testa. Ci avrei pensato più avanti. Imboccai un corridoio, e, dopo 5 minuti, ero riuscito a trovare la mia classe.


My Space

Ed eccomi qua, spero vi sia piaciuto questo primo capitolo. La situazione è abbastanza noiosa al momento, ma ci vogliono alcuni capitoli preliminari per le presentazioni e tutto. Detto questo, credo non ci sia altro. Ciauuuuu

P.S. Si, lo so che metto GIF  a caso di Hanji. Però è carina. Nel prossimo capitolo metto un altro personaggio, o forse qualcuno di un altro anime. Vedrò, magari se ne volete qualcuno in particolare ditemi!

Grazie a teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora