La Base

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1988, Antartide. Dalla base sovietica Družnaja 5, tenuta segreta al resto del mondo, non giunge più alcuna notizia. Viene inviata una spedizione di recupero, ma non fa ritorno. 30 anni dopo, un team di ricerca finanziato da privati vuole far luce sulla faccenda. Giunti sul posto i ricercatori sono esterrefatti: la strumentazione è stata completamente distrutta e i corpi dilaniati degli scienziati sono sparsi per gli abitacoli della base. Nonostante l'orrore, i ricercatori non hanno scelta, è in arrivo una tormenta e dovranno soggiornare nella base per le prossime ore, ciò che non sanno è che non sono soli. Uno di loro afferma di aver visto un'ombra attraversare il corridoio, verrà creduto?

E chi se lo aspettava? A lui, Marcello ed ai suoi compagni il committente aveva chiesto di andare in Antartide, nella base Družnaja 5 ed esplorarla, valutare la situazione, verificare lo stato dell'attrezzatura; per far arrivare sul posto una squadra di ricercatori in grado di far funzionare quelle scatole di metallo. Certo, sapevano che la struttura non sarebbe stata immacolata, erano trent'anni che nessuno ci entrava, ma non si sarebbe mai aspettato di vedere ciò che aveva davanti. Proprio davanti al suo piede sinistro c'era un cadavere marcio, si vedeva il teschio e gli mancava la gamba sinistra. La testa pendeva inerte in avanti con entrambi gli occhi, due palline bianche, fuori dalle orbite. La mandibola si era staccata, precipitando sullo stomaco del corpo in via di decomposizione. Non aveva mai visto uno spettacolo così lugubre. E' vero, faceva la guardia del corpo e da tanto tempo, ma gli era mai capitato di arrivare a questi livelli. Marcello aveva visto armi, tentati suicidi e omicidi, scatti d'ira, assassini, ladri, ubriachi, drogati e tante altri lati negativi del mondo, ma mai un cadavere e mai, soprattutto, tanta violenza. La sua mitraglietta tremava nelle sue mani. Intorno a lui anche i suoi compagni erano visibilmente scossi. Aveva sentito alla sua sinistra Pablo il messicano sussurrare un "Riposa in pace". Dall'altro lato, con la coda dell'occhio, notò che il tipo giapponese mezzo samurai e mezzo karateka a cui, non ricordandosi il me, gli aveva affibbiato il soprannome "Miaghi giovane", si stava inchinando in direzione del povero malcapitato. Dimitri, il capo della squadra, militare pluridecorato, una vera macchina da guerra umana, superò tutti con passo deciso e li richiamò all'ordine con parole sussurrate e decise. Quando i compagni ai suoi fianchi protestarono il leader li rimproverò, obbligandoli a proseguire. "Ciò che ha compiuto questo violento omicidio può essere ancora qui. Se non volete morire muovetevi, se no accelero i tempi e vi pianto una pallottola in testa." Nessuno più replicò e andarono avanti. Philiph, l'unico che non aveva mai visto violenza, lavorando in un laboratorio di ricerca, veniva accompagnato dolcemente da Leif, l'altro macho del gruppo, un norvegese di due metri tutto muscoli appassionato di atletica e boxe. L'unico che durante gli allenamenti svolti nella villa del committente in preparazione della missione riusciva a competere nel corpo a corpo con lo stesso Dimitri, l'allenatore e comandante della squadra. Nonostante i quasi settant'anni d'età l'ex-tenente russo manteneva un fisico scolpito ed una preparazione fisica degna degli specnaz, i corpi speciali del suo paese, nei quali era ben noto per essere stato un soldato impeccabile.

Uniti come una falange macedone e con le armi puntate verso ogni direzione la squadra avanzò attraverso i tre piani dell'edificio adibito a base militare di ricerca, senza capire effettivamente su cosa gli scienziati li presenti stessero lavorando nel 1988. Passarono ore intere a vagare per la struttura senza alcun risultato. Nel primo piano, i dormitori, tutte le stanze erano state messe a soqquadro con una furia tale che sembrava fosse passato un tornado. Le reti delle brandine erano sfondate, i materassi a metri di distanza, i tavoli con una o più gambe spezzate e capovolti. A terra c'era un misto di polvere, vetri schegge di legno e resti umani. Nel piano inferiore qualche metro sottosuolo un tempo erano presenti i laboratori di ricerca, adesso solo una serie di computer e macchinari distrutti, qualcuno portava anche bruciature, segno che qualcuno appiccò un fuoco. In un'altra stanza, probabilmente un archivio, qualche libreria era caduta ed a terra c'era parecchia cenere che oscurava il pavimento alla vista. Le altre due stanze erano talmente stravolte che non si capiva nemmeno cosa fossero. In fondo ad un corridoio trovarono cocci di ceramica e pezzi di compensato immersi in una poltiglia di liquami. Il fatto più inquietante non era lo stato della Base Družnaja 5, ma lo stato di coloro che la abitavano. Tutti erano stati barbaramente massacrati ed i loro corpi martoriati e marci. Non era raro mentre si marciava trovare un arto mozzato in mezzo al passaggio o in un angolo e nemmeno trovare un corpo più grande. Inoltre tutta l'operazione si poteva svolgere solo grazie alla luce delle torce, come osservarono nel piano -2, quello dei generatori, i cavi per l'elettricità erano stati tranciati da degli artigli e le lampade o erano state rotte o tirate verso il basso fino a renderle fuori uso se non farle piombare sul pavimento. A complicare il tutto su buona parte del pavimento si era steso un velo di sangue secco che incollava i detriti e la sporcizia al suolo, rendendo molto complicato camminare.

Le tre penne incrociate Agator vs Leox vs RauzofDove le storie prendono vita. Scoprilo ora