CAPITOLO 1

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Nel 2015, Sole aveva 13 anni. Era ancora una bambina, una persona totalmente diversa dalla Sole di ora: era ingenua, impulsiva, passionale, emotiva. Ascoltava sempre e solo il suo cuore, anche se, ironicamente, adesso sembra che non ce lo abbia più. Furono proprio queste caratteristiche che le fecero vivere il suo periodo più buio.
Durante l'estate di quell'anno, Sole si divertiva ad andare al parco con le sue compagne di scuola: era una specie di routine, ogni giorno alle 4 e 30 sua mamma, la signora Carla, la accompagnava a casa della sua amichetta Michela ed, insieme, passavano tutto il pomeriggio a giocare. I pomeriggi erano di per sé abbastanza banali e al parco si vedevano sempre le stesse facce, finché, attorno alla metà di luglio, arrivò un nuovo gruppo di ragazzi. Infatti, durante uno dei suoi soliti pomeriggi Sole vide entrare dal grosso cancello nero del parco circa 6 ragazzi che non aveva mai visto: erano visibilmente più grandi, più maturi e lei si sentiva quasi in imbarazzo a condividere il parco con loro. Non ci fece, in realtà, più di tanto caso o, almeno, cercò di ignorarli, continuando a giocare a palla. Però i giorni passavano e l'idea di andare al parco, sapendo che ci sarebbero stati anche loro, non la entusiasmava più così tanto. Ma c'è una cosa che di Sole non è mai cambiata: l'orgoglio. Non lo disse alla sua amica, infatti, se lo tenne dentro, quasi con vergogna, e continuò a seguire la sua routine. Eppure questa routine cambiò inevitabilmente: ogni giorno, infatti, Sole si perdeva a guardare uno dei ragazzi di quel gruppo, Samuele. Era più forte di lei, anzi, forse non se ne rendeva neanche conto ma quando, dopo aver giocato, le due ragazzine si sedevano sulla panchina a chiacchierare Sole parlava poco e ascoltava a malapena Michela, perché troppo impegnata a seguire con gli occhi tutte le azioni ed i movimenti di Samuele. Non si può negare: lui era bellissimo. Era alto, magro, con degli occhi neri di una profondità e intensità sbalorditiva. Quando i loro sguardi si incrociarono casualmente, infatti, Sole smise per un secondo di respirare. In realtà, è strano e complesso da descrivere: uno sguardo può annientarti, farti sollevare i piedi dal suolo per un breve attimo che sembra infinito. Questo è più o meno quello che accadde a Sole: quegli occhi neri erano magnetici, il suo unico punto debole. Lui si accorse più volte di essere guardato ma non disse mai nulla, forse gli piaceva sentirsi ammirato: lui che era tanto presuntuoso e si sentiva così attraente, interpretava quegli sguardi come la conferma di ciò. Ma, un giorno, quando lui arrivò, bello come il sole, con la sua solita tuta della Roma e il pallone sotto braccio, non vide la sua ammiratrice e qualcosa si mosse dentro di lui. Si sentiva smarrito, come se il suo vero posto nel mondo fosse proprio quello di essere guardato da lei. Orgogliosamente non volle darci tanto peso e si mise, come sempre, a giocare a calcio insieme alla sua squadra. Infiló i guanti da portiere, lanciò la palla ad un suo amico e si mise in porta, con le ginocchia leggermente piegate e la mano sul viso. La palla correva troppo velocemente, passava da un piede all'altro e lui tentava di seguirla, ma non ci riusciva. Era distratto, aveva lo sguardo ed il cervello da un'altra parte, continuando a cercare, quasi disperatamente, gli occhioni verdi di Sole. Ad un certo punto, un insieme di grida attirano l'attenzione di Samuele: uno degli avversari stava correndo velocemente verso la porta. Tutti guardavo la corsa di quel ragazzo, fiduciosi, però, nella bravura del portiere. Per questo, infatti, fu sorprendente il fallimentare tentativo di parare di Samuele: sbagliò completamente, buttandosi dal lato opposto al tiro del pallone. La squadra avversaria esultò, mentre tutti i compagni di Samuele si diressero verso di lui per chiedergli spiegazioni
<<Samu, tutto bene?>> gli chiese Jacopo, il suo migliore amico.
<<si fraté, tranquillo>> rispose quasi svogliatamente lui.
Jacopo sorrise, ed esordì dicendo <<cerchi la ragazzina?>>.
Gli amici di Samuele l'avevano soprannominata così: la ragazzina. Loro avevano 16 anni e lei 13, ma non era solo una questione di età. Lei era proprio più piccola rispetto a loro: era minuta, con un viso delicato, e degli enormi occhi verdi che emanavano luce. Tutti si erano accorti  di quanto lei guardava lui, era così evidente che la comitiva di Samuele più volte faceva dei commenti e della battute su di lei, al punto tale da darle anche un soprannome. Ma Jacopo era il migliore amico di Samuele non per caso: fu proprio lui, infatti, che conosceva Samuele dalla prima elementare, a notare che quegli sguardi erano corrisposti. Ancora oggi credo sia questa la manifestazione dell'amore: quando siete lontani ma tutti si rendono conto che vi volete, che vi cercate, che i vostri occhi stanno già facendo l'amore. Samuele lo fulminò con lo sguardo e quella per Jacopo non fu altro che la risposta alla sua domanda.
La partita riprese, il pomeriggio passò e Sole non arrivò. I ragazzi si salutarono e Samuele salì sul motorino, cercando le chiavi nelle tasche. Durante la ricerca, Jacopo gli si avvicinò
<<vuoi parlarne?>> sussurrò, avvicinandosi una sigaretta alla bocca.
<<del tuo vizio del fumo a soli 16 anni?>> ironizzó Samuele.
<<se vuoi si, anche se io avrei voluto discutere dei tuoi sentimenti in realtà>>.
<<io non provo sentimenti, lo sai>> rispose fermamente Samuele, guardando fisso negli occhi il suo amico mentre si infilava il casco. 
<<A samu, ma che stai a di?>> urlò ridendo
<<Jaco scusa ma di che dobbiamo parlare? Di quali sentimenti parli?>> chiese Samuele, abbastanza innervosito.
<<Samu, ti conosco dalla prima elementare. Abbiamo passato tutto insieme: quando i tuoi litigavano cosi tanto da renderti impossibile la vita venivi a dormire da me, quando si sono separati è sulla mia spalla che hai pianto. Quando ti sei innamorato la prima volta chi era l'unica persona a saperlo?>>
<<Tu>> sussurrò Samuele, guardando per terra, troppo orgoglioso per dirlo a voce alta.
<<Ecco. Sei il mio migliore amico, mio fratello, la persona che conosco meglio al mondo. Quindi, ti prego, non fingere, almeno non con me. Non sto nella tua testa ma ti vedo, so quello che provi e so come la guardi. Non capisco bene, in realtà, la logica dietro a tutto questo ma non sono cieco: io so.>>
I due rimasero in silenzio per un paio di minuti: Samuele si sentiva capito ma aveva un ego troppo grande per ammetterlo e Jacopo aveva compreso anche questo. L'amicizia è una cosa sorprendente, un legame così forte che va oltre le parole. Jacopo sorrise, infatti, buttando la sigaretta per terra. Diede una pacca sulla spalla del suo amico e si voltò. Samuele non riuscì neanche a chiedergli se volesse un passaggio, rimase seduto sul suo motorino ancora un po', tentando in modo struggente di leggersi dentro, di fare chiarezza ed ordine nella sua testa.

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