Capitolo 24

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Miura si allontanò per raggiungere il figlio, e Vega sgusciò subito via. Elettra ispezionava il cemento sotto i propri piedi, ma si aggrappò al rumore dei suoi passi, all'odore della Tempesta in avvicinamento. Quando lui le fu vicino, lei alzò la testa. Il riverbero rosso dei neon creava un forte contrasto con la pelle scura del suo viso.

«Quindi?» chiese soltanto. Secco. Rigido. Dritto al punto. Un modo di fare che accolse di buon grado, dopo i giri di parole esagerati di Miura.

Lei si scostò una ciocca di capelli da davanti al viso. «Ha accettato.» Una risposta diretta per una domanda diretta.

Vega sbarrò gli occhi. Fu questione di un attimo, poi si chinò con il busto verso di lei. «E Nim?» sussurrò.

«Starà bene.» Elettra nascose le mani dietro la schiena, dove si concesse di afferrarsi il pollice e martoriarlo con le altre dita. Almeno per il momento, Nim sarebbe stata bene. Qualsiasi motivo l'avesse spinta a recarsi da Miura, avrebbe ottenuto quello che voleva – sempre se lui non li stesse prendendo tutti in giro.

Il problema sarebbe venuto dopo.

«Davvero? Come hai fatto a convincerlo?» Vega si protese ancora di più verso di lei, forse in maniera inconscia. Emanava un'energia diversa da quella tranquilla di Yunca o quella agitata di Altair: la sua era come divisa due forze, due fazioni di fulmini che si scontravano fra loro, che si eguagliavano. Nessuna delle due parti accettava la sconfitta, perciò continuavano in una lotta inesorabile. Caldo e freddo. Rabbia e sofferenza.

Questo era Vega.

Elettra si umettò le labbra, pronta a rispondergli, ma non fece in tempo a dire nulla perché Miura e Jin comparvero alle spalle di lui, entrambi sorridenti. Il bambino abbracciava tre peluche contro il petto.

Miura affiancava Vega. Mingherlino com'era, sfigurava vicino all'imponenza dell'altro, o almeno avrebbe dovuto. Invece fra i due era proprio lui a risaltare. Lui rappresentava la stella del palcoscenico, Vega la sua guardia del corpo invisibile.

«Congratulazioni, hai una nuova alleata.» L'uomo diede una pacca al suo sottoposto. «Sei fortunato, a quanto pare questa volta te ne starai beato fra le donne.»

«Ci vorrebbero altre due persone,» rispose lui, secco.

Miura scacciò le sue parole agitando la mano in aria. «Ci penseremo, intanto lascio a te il compito di addestrare Elettra e Nim. Anche perché sei l'unico rimasto.»

Una lotta continua, fra quei due. Soltanto a guardarli interagire, Elettra percepiva la forza dei propri fulmini rivoltarle le viscere. Assurdo quanto un uomo grande e potente come Vega potesse diventare poco più di un animale addestrato agli ordini di un viscido come Miura.

I Figli della Tempesta forse non portavano solo distruzione. E se invece fossero solo le vittime ferite di un mondo opprimente? Questo giustificava le vite che portavano via con sé?

«Vi lasciamo divertirvi in pace,» disse Vega, anziché abboccare alla provocazione.

«Certo.» Miura porse ancora la mano a Elettra. Lei esitò, ma la strinse per un breve istante. Fu abbastanza affinché il freddo di lui la congelasse. «È stato un piacere. Perché non restate un po' per conto vostro a divertirvi? Potreste fare un bel giro sulla ruota panoramica, c'è una vista davvero ammaliante.»

Sorrise. «Perché no?»

Fingere di assecondarlo, qualsiasi fosse il suo obiettivo, per il momento era l'unica strategia che le veniva in mente. Necessitava di qualcosa di più raffinato, di un'arma capace di infliggere ferite profonde, e non solo di punzecchiarlo, e con il tempo l'avrebbe trovata. Per il momento, doveva osservare, capire.

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