-Amore...
Tommaso si era rigirato nel letto, premendo la faccia contro al cuscino, cercando di resistere, di non svegliarsi, di lasciar fuori quella voce, e quello che diceva, e tutte le implicazioni.
Stava sognando Francesco.
Francesco che si infilava piano nel suo letto, al buio, cercando di non far rumore, cercando di non svegliarlo.
Francesco che lo abbracciava.
Francesco che lo baciava non appena lo sentiva avvicinarsi nel dormiveglia.
Che lo baciava a lungo, lentamente.
Che lo accarezzava, che gli diceva che lo amava, Francesco che lo spogliava, e gli leccava il collo, e lo mordeva, Francesco che gli afferrava il cazzo, e iniziava a masturbarlo, e continuava a baciarlo, e a dirgli che lo amava, Francesco che lo scopava, lento, lentissimo, Francesco che tra i sospiri e i gemiti lo chiamava amore.
-Amore...
Con un lamento, Tommaso aveva aperto gli occhi.
-Amore è pronta la cena.
-Sì. Sì, arrivo.
Confuso, irritato, quel sogno che non gli si scrollava di dosso, Tommaso si era liberato delle lenzuola con un gesto seccato, e si era alzato in piedi, sfregandosi la faccia, tentando di tornare alla realtà.
-Cosa stavi sognando?
Una stilettata di paura gli aveva attraversato tutto il corpo mentre si girava a guardare il suo ragazzo, panico e senso di colpa che gli si rimescolavano nella pancia.
-Io...
Lui però sembrava tranquillo. Tranquillissimo. Sorrideva, un sorrisino furbo, gli occhi puntati sui suoi slip.
Tommaso aveva abbassato lo sguardo, rendendosi conto di avere una mezza erezione che gli tendeva le mutande.
Cosa doveva rispondergli? Te? Sognavo te? Non era vero. Non lo sognava mai. Non così, almeno.
Avrebbe potuto mentirgli, dirgli che sì, che stava sognando lui, avrebbe potuto affogare i sensi di colpa in una sveltina contro la porta.
Invece l'aveva buttata sul ridere, aveva cercato qualcosa per coprirsi, e ridacchiando si era infilato l'accappatoio.
-Ti immagini se fosse venuta Elisabetta a chiamarmi?!
-O Nathan!
Erano scoppiati a ridere, e Tommaso gli aveva accarezzato distrattamente il viso.
-Vado a farmi una doccia al volo, faccio presto.
Francesco aveva spalancato la porta del bagno proprio mentre Tommaso allungava la mano verso la maniglia per aprirla.
Si erano spaventati entrambi, e poi avevano riso entrambi, Tommaso imbarazzato, Tommaso imbarazzatissimo, Tommaso che implorava la sua mente di non immaginarsi quelle cose, di non immaginare Francesco che controllava che nessuno li avesse visti, e lo tirava dentro al bagno, lo spogliava, lo sbatteva contro al lavandino e lo scopava, mordendogli una spalla, guardandolo dallo specchio.
La fantasia che galoppava, l'erezione che si ingrossava sotto l'accappatoio, Tommaso era arrossito, cercando una via di fuga, una scappatoia, lui e Francesco che come in una gag banale non riuscivano a decidere chi dovesse passare per primo, e continuavano a rimbalzarsi addosso, era imbarazzante, Tommaso era imbarazzato, e... E anche Francesco lo era.
Per un istante, Tommaso si era bloccato, dimenticandosi del sogno, e del suo cazzo semieretto sotto l'accappatoio, e lo aveva guardato con più attenzione.
Francesco aveva distolto lo sguardo, svicolando.
-Fra... Stai bene?
-Io? Sì. Benissimo.
-Sicuro?
-Sì sì.
-Ok...
-È pronta la cena, comunque.
-Sì, lo so, mi faccio una doccia al volo, sono ancora sudato e sporco di crema.
Stringendosi l'accappatoio in vita, Tommaso si era scostato per lasciarlo passare, trasalendo nel rendersi conto che Francesco si era schiacciato contro lo stipite nel tentativo di evitarlo.
Chiudendosi la porta alle spalle, si era chiesto se avesse visto qualcosa. Se avesse capito qualcosa.
Era andato a specchiarsi, controllando se l'erezione fosse visibile, ma era svanita, ricacciata indietro dall'ansia.
Con un sospiro, si era fiondato sotto la doccia, dandosi del coglione.
Se ti ha visto, se ti ha visto e ha capito e l'hai messo in imbarazzo, Tommaso Zorzi...
Poteva aver capito? Poteva aver capito davvero?
Certo che poteva. Se lo trovava davanti e iniziava ad immaginarlo mentre gli scioglieva la cintura dell'accappatoio, e lo tirava dentro al bagno per il cazzo, certo che poteva aver capito!
Alla cieca, completamente sotto l'acqua, Tommaso aveva girato del tutto la manopola, infliggendosi una doccia fredda, una doccia gelida che manco a 15 anni, le mani appoggiate al muro a farsi investire da quel getto ghiacciato, a pensare a quanto volesse bene a Francesco, a quanto fosse importante per lui, a quanto ne avesse bisogno come amico, a quanto bene gli facessero i suoi abbracci, a quanto fosse bello averlo nella sua vita, a quanto avrebbe voluto inginocchiarglisi davanti, e abbassargli i pantaloni, e i boxer, e prendergli l'uccello in bocca, e fargli un pompino.
Aveva staccato una mano dalla parete, e alzato la temperatura dell'acqua, e iniziato a farsi una sega, incazzato, furibondo, imbarazzato, di nuovo eccitato.
Rassegnato.
Non sapendo bene cosa fare, non sapendo bene come farlo, stanco, solo stanco, stanco che la sua vita sembrasse ridursi ai ritagli di tempo in cui non pensava a Francesco, in cui non sognava Francesco, in cui non si eccitava per Francesco, in cui non sospirava tagliato in due dall'amore per Francesco.
Soltanto stanco, e intrappolato, l'imbarazzo che se lo mangiava vivo mentre veniva, soffocando l'immagine di Francesco che lo guardava, soffocando i gemiti.
Francesco era stato strano per tutta la sera.
Silenzioso, distratto, lontano, Tommaso lo aveva guardato isolarsi, perdersi nei suoi pensieri, per poi ritrovarsi improvvisamente i suoi occhi addosso, che non lo lasciavano andare, che non lo lasciavano in pace.
Aveva cercato di ignorarli, e di ignorare lui, di ignorare come lo faceva sentire.
Preoccupato, e vigile, e in ansia, a chiedersi se andasse tutto bene, se fosse successo qualcosa, se fosse colpa sua, affogando nella paranoia, e l'attimo dopo nella lussuria più bieca, quello sguardo che gli rimestava dentro, e portava alla luce desideri e fantasie talmente torbidi da farlo vergognare, e l'attimo dopo ancora nell'amore più assoluto, le farfalle allo stomaco, il cuore che gli esplodeva nel petto.
Aveva provato a chiedergli se stesse bene, se ci fosse qualcosa che non andava, sforzandosi di suonare normale, tentando di ricreare la bolla, e di farlo sentire a suo agio, di fargli capire che a lui poteva dire tutto, certo, lui, dal canto suo, non gli diceva l'80% di quello che gli passava per la testa, ma...
-Sto bene, Tommi. Tutto a posto.
Tommaso si sforzava di fingere che andasse tutto bene, si sforzava per il suo ragazzo, che sembrava divertirsi e che non meritava uno stronzo come lui, si sforzava per Elisabetta, che li aveva invitati, ed era così felice di averli lì, si sforzava per Cristina, sì, per Cristina, per miss Palonelculo, che se avesse sospettato qualcosa avrebbe piantato un casino, e si sarebbe intromessa, ed era l'ultima cosa che Tommaso voleva.
E si sforzava per Francesco.
Perché non era colpa sua se si era innamorato. Non era colpa sua se Tommaso non riusciva a smettere di pensarlo, di sognarlo, di amarlo, e di immaginarlo nudo.
Non era colpa sua.
-Sei sicuro che vada tutto bene?
-Certo Tommi, tranquillo. Tutto bene.
Bugiardo.
Falso, bugiardo, ipocrita.
Niente andava bene.
Niente.
Da quel pomeriggio niente andava bene, da quel pomeriggio era cambiato tutto.
Da quel pomeriggio Francesco non riusciva a smettere di immaginarlo nudo.
Lo guardava, e lo immaginava nudo. Sudato, piegato in avanti, nudo, aperto, sotto di lui, nudo, nudo sul letto, nudo come se lo era raffigurato nella mente, nudo, lo guardava e immaginava di scoparlo, lo immaginava nudo mentre gli entrava dentro, nudo, lo immaginava sempre nudo, guardava quelle mani che aprivano una confezione di patatine e le immaginava aggrapparsi alle lenzuola mentre lo pregava di scoparlo, lo guardava stappare una bottiglia e lo immaginava masturbarsi mentre lui lo scopava.
Non riusciva a non risentire nella mente quei gemiti, quei suoni, la sua voce che implorava, che chiedeva di più, che chiedeva ancora, che chiedeva.
Si ritrovava a fissargli il culo con un'intensità che lo spaventava.
Si ritrovava a guardarlo camminare, e a immaginarsi di sbatterlo contro al muro, spogliarlo, nudo, sempre nudo, e...
-Perché mi guardi così?
Francesco era arrossito violentemente, cercando di recuperare un controllo che non aveva, cercando di non pensarlo nudo, di non pensare a scoparlo, di non immaginarselo gemere mentre lo sentiva infilarglisi dentro.
-Fra? Ma stai bene?
No, non stava bene, non stava bene per niente, non capiva cosa gli stava succedendo, e soprattutto non sapeva come smettere, come impedire al suo cervello di proiettare quelle immagini ancora, e ancora, e ancora, come bloccare l'eco di quei suoni che gli rotolavano piano lungo la schiena, facendolo rabbrividire, facendolo vergognare, facendolo eccitare.
Si era offerto di aiutarlo a preparare il dolce, nel tentativo di sfuggire agli occhi di Cristina e soprattutto nel tentativo di farlo ritornare semplicemente Tommaso, nel tentativo di cancellare quella versione lasciva e sbagliata e maledettamente attraente di lui che gli si era impressa addosso.
Era stato un fallimento.
Tommaso si stiracchiava, la maglietta che si alzava a scoprirgli due centimetri di pancia, e le budella di Francesco si contorcevano, come strizzate da due grandi, brusche mani invisibili, mani che lo spingevano verso di lui, verso quella piccola porzione di pelle nuda, una vocina nella sua testa che sussurrava cose, che si chiedeva come sarebbe stato leccarlo, come sarebbe stato stuzzicargli l'ombelico con la punta della lingua.
Tommaso si inginocchiava per recuperare una pentola, e Francesco sentiva le gambe cedere, l'impulso a infilargli una mano nei capelli che gli si agitava sotto pelle, una nuova immagine da aggiungere al repertorio, tirarselo contro, tirarselo addosso, farsi fare un pompino lì, in cucina, farselo succhiare mentre dall'altra parte della vetrata la sua ragazza sorseggiava del vino, farselo succhiare mentre sorrideva al suo, di ragazzo.
Francesco continuava ad arrossire, e a lasciare frasi incompiute, e a far cadere le cose, e Tommaso non diceva nulla, restava in silenzio, forse aspettando una spiegazione, o forse, cazzo, o forse aveva capito tutto, poteva aver capito tutto? Certo che poteva. Forse era abituato a quegli sguardi, agli sguardi di chi se lo immaginava nudo, di chi avrebbe voluto farsi fare un bocchino e poi farsi lui, forse li riconosceva, quelli sguardi, forse aveva capito tutto, e Francesco arrossiva ancora, e cercava di scacciare l'ennesima diapositiva, Tommaso piegato sul bancone, lui che si abbassava malamente i pantaloncini, il sollievo nel penetrarlo, il suono che avrebbe fatto lui nel sentirlo.
Aveva cercato di concentrarsi su quello che stava facendo, di non restare ipnotizzato dalla sua bocca, dalla sua lingua, di non immaginarlo nudo, si era alzato in punta di piedi cercando una padella nei pensili della cucina, tutto il suo corpo si era ritratto quando Tommaso si era appoggiato contro la sua schiena nel tentativo di aiutarlo, e di colpo era lui, quello piegato sul bancone, nudo, tremante, implorante, e Tommaso si slacciava i jeans, lentamente, afferrandolo per i fianchi, tenendolo fermo, sussurrandogli sconcezze all'orecchio.
-Voglio scoparti così forte, Franci, che mi sentirai fino al cervello. Voglio farti male, voglio farti urlare, voglio che implori per il mio cazzo...
Francesco era rimasto immobile, la bocca semi aperta, a fissare Tommaso.
-Co... Cosa?
-Ho detto che voglio che la torta venga bene, quindi forse è meglio se fai finta di aiutarmi ma in realtà non fai un cazzo - Tommaso lo aveva guardato - Ma sei sicuro di stare bene? Sei strano...
Per un secondo, uno solo, Francesco aveva pensato di dirglielo.
Di confessare.
Di raccontargli che lo aveva sentito, quel pomeriggio, e che si era eccitato, e che si era masturbato ascoltandolo, e fantasticando di fare sesso con lui, e che adesso non riusciva a smettere di pensarci.
Non riusciva a smettere di pensare a lui nudo, a lui che gemeva, e gemeva.
Tommaso si era chinato a raccogliere la buccia di una mela, e Francesco aveva sentito le mani prudere dalla voglia di sculacciarlo, di dargli uno schiaffo a mano piena, aperta, su quel culo alto, e poi un altro, e poi un altro, per poi farlo finire, ancora, nudo, nudo sul pavimento, nudo sul pavimento a chiedergli... A chiedergli cose, cose che Francesco normalmente non avrebbe nemmeno osato pensare, mentre adesso doveva sforzarsi di non immaginarsele, quelle cose, di non immaginarsi Tommaso nudo che gli chiedeva di leccarlo, di farlo venire solo con la lingua, di non immaginarsi Tommaso nudo che faceva venire lui solo con la lingua.
Non poteva farcela.
-Sto facendo delle fantasie.
Tommaso aveva alzato lo sguardo dal tagliere.
-Che tipo di fantasie?
-Sessuali.
-Ah.
-E sono molto... Dettagliate.
-Ok...
-E non sono su Cristina.
Tommaso aveva posato il coltello, girandosi verso di lui, le braccia conserte, un sorrisino sulle labbra.
-E posso chiedere su chi le stai facendo o è un segreto?
Francesco era arrossito appena, e Tommaso era scoppiato a ridere.
-Non c'è niente da ridere...
-Euh, dai, addirittura! Sono solo fantasie.
-Ma non riesco a pensare ad altro...
Tommaso si era mordicchiato il labbro, pensieroso, e Francesco aveva inghiottito un urlo, e l'ennesima immagine nitida stampigliata nella mente.
-Beh - aveva detto Tommaso, dopo lunghi secondi di silenzio - mettile in pratica con Cristina.
-Con... Dici? - Tommaso si era stretto nelle spalle, e Francesco per un attimo aveva preso in considerazione la cosa, come un cretino qualunque - No, non funzionerebbe, lei non è... Non...
-Non farebbe certe cose?
-Forse le farebbe, ma non nel modo giusto.
-Cioè?
-È troppo... Sai... Lei è... Non...
Tommaso lo aveva osservato dibattersi nell'imbarazzo per un po', prima di decidersi a toglierlo di lì.
-Non è abbastanza troia, chiaro.
Francesco, suo malgrado, era scoppiato a ridere.
-Non c'è niente di male, nel fantasticare un po'.
-Un bel po'...
-Va bene, un bel po'. Ma è comunque normale. Soprattutto se fantastichi su qualcosa che non puoi avere - si era interrotto di colpo - O invece potresti?
-Io... - colto alla sprovvista, Francesco si era impedito di pensare al fatto che... Che sì, che forse avrebbe potuto. Forse. Una volta. Ancora?
Tommaso aveva sogghignato, ma con un attimo di ritardo, gli occhi freddi.
-Ah, quindi potresti. Allora è un altro discorso.
Si era voltato, ricominciando a tagliare le mele, lasciando Francesco quasi senza fiato.
-Perché un altro discorso?
-Perché fantasticare su qualcosa che puoi avere è pericoloso. Ti avvicina alla possibilità di farla davvero, quella cosa - aveva pronunciato l'ultima frase girandosi e guardandolo dritto negli occhi, e Francesco aveva sentito un brivido di consapevolezza ed eccitazione risalirgli dalla nuca fino al cuoio capelluto.
Quegli occhi.
Quello sguardo.
Non c'era nessuno che avrebbe fatto quelle cose, nessuno che le avrebbe fatte nel modo giusto, nessuno a cui avrebbe potuto chiederle, nessuno a cui avrebbe potuto farle, nessuno, nessun'altro.
Solo lui.
E non solo per quello che aveva sentito, e immaginato, ma anche perché era Tommi, il suo Tommi, e poteva dirgli tutto, poteva chiedergli qualunque cosa, e non ci sarebbero stati giudizi, né imbarazzi, solo Tommi, solo lui e Tommi.
-In effetti più che le fantasie in sé il problema è... È la persona con... Di cui... Sì, insomma, la persona a cui penso.
-Vedi? Pericoloso - Tommaso si era nuovamente interrotto, voltandosi - Il mio consiglio è: chiediti cosa significa. Significa che vuoi quella persona più di quanto vuoi Cristina? O significa solo che stai realizzando ora che le cose che quella persona potrebbe darti... - si era bloccato, un sorrisino che Francesco aveva sentito dritto nello stomaco - ...e farti non le avrai più, perché stai con Cri? Una delle due. Quale delle due lo sai solo tu.
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Tutt'al Più
FanfictionQualche volta penso di tornare da te, e se non l'ho ancora fatto non è perché l'amore sia finito. Io ti amo ancora. Non l'ho fatto solo perché... Perché ho paura di trovarti cambiato.