4. Dopo

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Francesco aveva passato la serata a ripensare a quelle parole quasi ossessivamente.
Lo avevano colpito.
Avevano colpito dritto nel segno, dritto al centro del bersaglio, dritto al cuore.
E poi era un modo per non ripensare ossessivamente a Tommaso nudo.
Era così che si era perso l'inizio del discorso, e con esso anche la chance di deviarlo, e di provare a cambiare argomento.
Stavano parlando di sesso.
Quando l'aveva capito, Francesco avrebbe voluto affogarsi in piscina.
-Quanti anni avevi quando hai fatto l'amore per la prima volta?
Elisabetta lo stava fissando, aspettando la sua risposta, ma Francesco non se ne era reso conto.
Aveva risposto Tommaso per lui, lanciandogli un'occhiata complice, l'occhiata dell'amico che sa a cosa stai pensando, e che ti para il culo.
Francesco si era innervosito.
Non era quello, il loro rapporto.
Non era così che doveva essere.
Fabio, Luca, Enock, loro gli avrebbero retto il gioco, coprendolo, ma Tommaso... Non voleva che Tommaso lo coprisse, non voleva che Tommaso intervenisse per non farlo finire nei casini con la sua ragazza, voleva che Tommaso...
Ingoiando un grumo di terrore, Francesco si era reso conto che al momento l'unica cosa che voleva, da Tommaso, era che fosse nudo. Nudo nel suo letto. Nudo, nel suo letto, a chiedergli di scoparlo.
Tra le risate, la conversazione da cui si era nuovamente estraniato era virata sulle posizioni sessuali.
-Ma come non ti piace il 69??? - Elisabetta aveva sgranato gli occhi - Non me lo sarei mai aspettato...
-Mi distrae. Se mi fai un pompino voglio godermelo, non dovermi concentrare su di te.
-Ah, giusto, si parla di te, chiaro - Elisabetta e Cristina erano scoppiate a ridere, e anche i ragazzi, e Francesco aveva sorriso, un secondo in ritardo, cercando di fingere un'ilarità convincente, più di metà della sua mente occupata ad immaginare Tommaso con la testa rovesciata all'indietro, gli occhi chiusi, il respiro affannoso, e lui tra le sue gambe.
-Posizione preferita?
Era un incubo.
Un incubo surreale, in cui la sua ragazza e la Gregoraci parlavano di kamasutra, sorseggiando vino e ridendo, un incubo in cui Tommaso sembrava aprire bocca solo per buttare ulteriore benzina sul fuoco che Francesco sentiva alla bocca dello stomaco.
Aveva la mano sulla coscia del suo ragazzo, ogni tanto la stringeva appena, e Francesco non riusciva a distogliere lo sguardo da quella mano, da quelle dita.
Chiudendo gli occhi per un istante, Francesco aveva preso fiato, e lo aveva ammesso.
Non era una questione di cose che non avrebbe più potuto avere perché con Cristina era una storia seria.
Era che voleva lui.
Voleva quella mano, quelle dita, voleva lui, lo voleva come non aveva mai voluto qualcuno, e non avrebbe dovuto, e non aveva senso, ma Francesco si era reso conto di essersi spinto troppo in là, di non poter tornare indietro, era rimasto disteso su quel letto, ascoltandolo, e ora era troppo tardi per fingere che non fosse successo, per chiedere al suo corpo di ignorare quello che aveva sentito, e provato, per ignorare quelle sensazioni, quei pensieri, quelle immagini, Francesco non avrebbe dovuto ma ormai era troppo tardi, e forse, doveva ammettere anche quello, forse era stato troppo tardi già mesi prima, già al GF, già al primo abbraccio non necessario, già al primo bacio.
-Dai, diciamolo, abbiamo avuto tutte un'esperienza lesbo nella vita!
Cristina era scoppiata nuovamente a ridere, mentre Tommaso si lasciava scappare un fischio, chiedendole i dettagli, facendola arrossire, voltandosi verso di lui, la mano del suo ragazzo poggiata mollemente sulle spalle, la punta delle dita a sfiorargli piano il collo.
-Forza, Oppini, raccontaci la tua, di esperienza gay!
Era stato un attimo, un istante, un'ondata di panico che gli era montata dentro, risalendo, affacciandosi nei suoi occhi, un secondo, un secondo solo, ma era bastato.
Tommaso aveva capito.
Tommaso aveva capito tutto.
Un lampo di comprensione, fugace, fugacissimo, un'ombra del suo stesso panico che gli appannava il volto, e poi era passata, e Tommaso si era girato verso Elisabetta, chiedendole qualcosa, cambiando argomento, Francesco non aveva colto, non aveva sentito, riusciva a pensare solo a quel muto scambio di sguardi, al modo in cui Tommaso riusciva a leggergli dentro, al modo in cui Francesco non riusciva a nascondergli nulla, al modo in cui si sentiva completamente esposto davanti a lui.
Cristina rideva, Cristina si divertiva, Cristina sembrava rilassata, e Francesco si era alzato, mormorando qualcosa su un'altra birra, strisciando verso la cucina, sentendosi in colpa, sentendosi una merda, sentendosi piccolo, piccolissimo.
Tommaso lo aveva raggiunto nel quadrato di luce del frigo aperto, appoggiandogli una mano alla base della schiena.
Senza poterlo impedire, Francesco si era ricoperto di brividi, e si era ritratto appena.
Dalla sua schiena, la mano di Tommaso era scivolata alla porta del frigo, chiudendola, facendoli precipitare nella penombra.
-Fra.
Francesco era rimasto fermo a fissare il pavimento, senza sapere cosa aspettarsi, senza sapere cosa sperare.
-Franci...
Tommaso aveva sussurrato il suo nome, e gli si era avvicinato, abbracciandolo, tirandoselo addosso, appoggiandogli delicatamente la guancia contro al collo, accarezzandogli lentamente la schiena.
Francesco si era lasciato andare, stringendolo anche lui, e per la prima volta da quel pomeriggio Tommaso era tornato a essere Tommi, solo Tommi, il suo Tommi, Tommi che riusciva a confortarlo, a consolarlo, a farlo sentire capito, e meno solo.
-Va tutto bene...
Francesco aveva scosso appena la testa.
-Non va tutto bene.
Tommaso si era tirato indietro, cercando il suo sguardo, sorridendogli, mettendogli una mano sulla guancia.
-Sì, invece. Va tutto bene.
Lo aveva accarezzato piano col pollice, e una piccola parte di Francesco si era stupita di quanto fosse facile ritornare a essere quello che erano, quello che erano sempre stati, anche dopo mesi, anche dopo quel periodo strano, erano sempre loro due, sempre.
Francesco si era chiesto come fosse possibile, come potesse Tommaso essere Tommi, il suo Tommi, e allo stesso tempo insinuarglisi dentro, sconvolgendolo in quel modo.
Non lo sapeva, non lo capiva.
Probabilmente non lo avrebbe mai capito.
Eppure sembrava così ovvio, e così giusto.
Tommaso era tutto e il contrario di tutto, era tenero e duro, fermo e insicuro, aveva quegli occhi grandi, da bambino, che lo imploravano, e gli leggevano dentro, e lo consolavano, e lo infuocavano, quegli occhi dentro ai suoi, che lo fissavano.
Erano rimasti fermi a guardarsi per lunghi, lunghissimi secondi.
Tommaso gli aveva messo anche l'altra mano sul viso, avvicinandosi ancora.
-Tu lo sai che ti amo, Franci, vero?
A quelle parole, il cuore di Francesco era precipitato in caduta libera dalla gola fino allo stomaco.
Quegli occhi, quegli occhi bellissimi, così limpidi, così sinceri, così pieni di amore, che lo guardavano in quel modo, quel modo che era solo suo, ed era solo per lui.
Certo che lo sapeva.
Lo aveva sempre saputo.
Francesco aveva annuito, piano, e Tommaso aveva sorriso, prima di avvicinarsi ancora, e baciarlo, baciarlo appena, un tocco, un soffio, prima sulle labbra, poi sulla guancia, poi sul collo, Francesco aveva trattenuto il fiato, incapace di muoversi, completamente sopraffatto da quello che sentiva, e da quello che sentiva Tommaso, completamente sopraffatto dalla situazione, da quell'intreccio ingarbugliato di sentimenti, e desideri.
"Tu lo sai che ti amo, Franci, vero?"
Era la maniera in cui gli parlava, così diretta, così coraggiosa, la maniera in cui gli dimostrava di non avere paura, di non poter avere paura di lui.
La maniera in cui gli faceva capire che nemmeno lui doveva avere paura.
Tommaso si era scostato, prendendogli la mano, infilando le dita tra le sue, prima di indietreggiare verso la porta, senza voltarsi, guardandolo, ripetendogli che andava tutto bene, bene, andava tutto bene. Tutto. Bene.
Aveva fatto l'ultimo passo verso la soglia e le loro dita si erano sciolte.
Francesco lo aveva guardato uscire in giardino, sorridere, sedersi vicino al suo ragazzo, bere un sorso di prosecco, fare una battuta.
"Tu lo sai che ti amo, Franci, vero?"
Certo che lo sapeva.
Lo sapeva, lo aveva sempre saputo, lo sentiva, e probabilmente, probabilmente, lo amava anche lui.
Tommaso non avrebbe saputo dire cosa fosse successo, o di cosa avessero parlato, dopo.
Non ne aveva idea.
Il mondo si era capovolto, in quei pochi minuti, e dopo, dopo era un paese straniero, Tommaso non parlava la lingua, non conosceva il cibo, dopo era un posto in cui non era mai stato, che avrebbe sempre voluto visitare, dopo era diverso da come se lo era immaginato, non più brutto, non più bello, solo diverso, dopo aveva una forza di gravità tutta sua, e leggi fisiche che non studiavi sui libri, nel dopo il tempo scorreva come voleva, dilatandosi e restringendosi a piacimento, nel dopo aveva baciato Francesco, e gli aveva detto che lo amava, e andava tutto bene, andava bene, aveva sempre un ragazzo, nel dopo, Cristina era lì anche lei, era lì nel dopo, nonostante Francesco fantasticasse su Tommaso, il dopo era strano, il dopo era nuovo, il dopo sembrava incredibilmente giusto.
Si era disteso a letto aspettandosi una notte insonne, una notte agitata, di sensi di colpa e sogni bagnati, e invece era crollato subito, come un bambino, niente ansie, niente pensieri, niente sogni, non c'era spazio per quelle piccolezze, nel dopo.
La mattina, vedendolo arrivare in cucina così presto, Elisabetta si era stupita.
-Che succede??
Tommaso si era seduto sul bancone, sorridendole.
-In realtà ho dormito talmente bene che... Non ho più sonno. Sono riposatissimo. Era tanto che non mi capitava. Grazie per avermi invitato, Eli. Mi ci voleva - aveva aggiunto.
Lei era andata a dargli un bacio sulla guancia.
-Sono felice di sentirlo.
Avevano fatto colazione in giardino, in silenzio, e nel prima, nel prima Tommaso si sarebbe agitato, in uno stato di perenne attesa avrebbe trattenuto il fiato a ogni rumore, aspettando di veder comparire Francesco, aspettando di vedere la sua espressione.
Ma quello era il dopo, e nel dopo non c'erano preoccupazioni, nel dopo non c'erano stranezze, né imbarazzi.
Nel dopo, Tommaso poteva bere un caffè, e mangiare un croissant, e godersi il sole, e sentirsi esattamente dove doveva essere.
Poteva accettare il bacio del suo ragazzo, e la conversazione banale con Cristina.
Nel dopo, per salutarlo Francesco poteva semplicemente mettergli una mano sulla spalla, e Tommaso poteva accarezzargliela per un secondo, senza paura, senza timore, senza vergogna. Potevano guardarsi oltre al tavolo, e sorridersi.
Nel dopo, ogni singolo pezzo si era incastrato, ed era andato a posto.
Non c'era sofferenza, nel dopo.
C'era solo, finalmente, comprensione.
Accettazione.
C'era qualcosa tra di loro, nel dopo. Qualcosa più grande di loro, qualcosa di enorme, senza un nome.
Ma c'era.
Avevano entrambi rifiutato la gita in barca senza nemmeno guardarsi.
Era quasi come essere all'interno di un film, come seguire un copione scritto da qualcun altro.
Tommaso provava la strana e fortissima sensazione di muoversi verso un punto ben preciso, che ancora non riusciva a vedere, ma che era lì, fisso, fermo, ogni parola, ogni cosa portavano lì, proprio lì, senza possibilità di deviare dal percorso.
Era straniante, e allo stesso tempo rassicurante.
Gli pareva di essere parte di un meccanismo azionato dall'esterno, una figurina priva di libero arbitrio, ma per qualche strano motivo era estremamente riposante.
A mollo nella piscina, non si era stupito quando aveva sentito lo sciabordio che annunciava una seconda persona entrare nell'acqua.
Francesco.
Senza dire nulla, Tommaso gli si era avvicinato, andando ad appoggiarsi al bordo della vasca al suo fianco, il viso sporto verso il sole. Francesco lo aveva accolto in silenzio, e in silenzio era rimasto per alcuni minuti, prima di parlare.
-Vi ho sentiti fare sesso.
Tommaso non lo aveva guardato, gli occhi chiusi dietro i rayban.
-Quando?
-Ieri pomeriggio.
Ieri pomeriggio.
Nel prima.
-Pensavo foste tutti in giardino.
-No, io no. Io ero in camera. Volevo dormire un po', ma...
Francesco si era girato, appoggiando il viso sulle braccia, voltandosi verso Tommaso.
-Mi dispiace...
-Di cosa?
Tommaso si era istintivamente messo nella sua stessa posizione, guardandolo.
-Era un momento intimo, solo vostro, e io...
-Non c'è un momento solo mio, per te.
Tommaso non sapeva da dove fossero uscite quelle parole, non sapeva nemmeno di averle mai pensate, eppure eccole lì, le aveva dette, e gli sembravano così giuste, e così vere, forse non ci aveva mai riflettuto, forse non lo aveva mai capito, forse era lo strano copione del dopo a prevedere quell'esatta battuta, eppure, dopo mesi, quella frase era quanto di più perfetto per descrivere quello che provava per Francesco, per descrivere quello che sentiva quando stava con lui, quella completezza, quell'appartenenza.
Nemmeno Francesco sembrava stupito da quelle parole.
Le aveva accolte come se fossero state ovvie, scontate, come se non ci fosse nulla di strano nella mano di Tommaso sul suo braccio, nel cercarla, nell'intrecciare le dita alle sue.
-È stato così strano... Eri tu, eppure non lo eri. Non so spiegarlo bene, ma è stato come se ti avessi sentito con il corpo, e non con le orecchie.
Tommaso gli aveva accarezzato piano il dorso della mano, e Francesco aveva risposto, non sovrappensiero, no, ma come se fosse normale.
Nel dopo lo era.
-Volevo alzarmi, e andare via dalla camera, ma non ci sono riuscito. Ero come paralizzato - aveva fatto una pausa - Va davvero tutto bene, Tommi?
Glielo aveva chiesto con uno sguardo quasi implorante.
-Ti sembra che vada male?
Tommaso si era tolto gli occhiali da sole, alzandoli sulla fronte, cercando gli occhi di Francesco.
-Mi sembra che dovrebbe andare male, mi aspetterei che vada male.
-E invece no.
-Ti ho ascoltato fare sesso e mi sono eccitato.
Tommaso gli aveva sorriso.
-Sì, c'ero arrivato.
-Come può andare tutto bene? Come può non cambiare nulla?
Tommaso si era stretto nelle spalle.
-Non lo so, ma è così. Me lo sento. Va tutto bene. Io sto bene. Tu stai bene?
Francesco ci aveva messo un po', per rispondere.
-Sì.
Era sembrato stupito, perplesso, ma poi l'aveva ripetuto, e aveva sorriso.
-Sto sempre bene quando sono con te...
Francesco aveva appoggiato la guancia sulla sua mano e Tommaso l'aveva accarezzata piano.
-E io quando sono con te.
Si era rimesso gli occhiali da sole, riscuotendosi, e facendo perno sulle braccia era uscito dall'acqua, sedendosi sul bordo della piscina, allungando una mano verso Francesco.
-Ho fame. Andiamo a mangiare qualcosa.
Lui gli aveva afferrato la mano, cosa del tutto inutile, in effetti, Tommaso non sarebbe mai riuscito a issarlo fuori dall'acqua, e infatti nel giro di un secondo si era ritrovato tirato dentro, tra gli spruzzi, e la risata di Francesco.
Nel dopo, andava tutto talmente bene che potevano fare di nuovo gli stupidi. Nel dopo non c'era nulla del prima.
Nel dopo, si ritrovavano a giocare come due ragazzini, e ad abbracciarsi, nel dopo Francesco poteva stringerlo, e baciargli piano una guancia, e rubargli gli occhiali, poteva accarezzarlo, e impedirgli di parlare mordendogli la punta del naso.
Abbracciati nell'acqua bassa, Tommaso per un istante si era sentito la testa leggera, leggerissima, così leggera da prendere il volo. Si era sentito strano, diverso, felice.
Completamente felice.
Nel prima, quei piccoli momenti lo spaventavano. Lo terrorizzavano. Lo allontanavano dagli altri. Lo allontanavano da Francesco.
Nel dopo, erano loro due.
Era tutto giusto, tutto facile, tutto a posto, andava tutto bene.
Nel dopo Tommaso stava bene, stava benissimo, Tommaso era felice. E innamorato.
Nel dopo, Francesco sapeva sempre cosa sentiva, e cosa stava per dire.
Forse anche nel prima.
-Lo so, Tommi. Lo so. Anche io.

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