。゚•┈┈୨ 3 ୧┈┈•゚。

18 2 0
                                    

|Okay okay frena frena frena, fino ad ora avete letto la solita storia di un'adolescente depressa alla presa con le pene d'amore, ma d'adesso in poi non
sarà più così...|

Finite le superiori eseguii gli esami e li passai a pieni voti, non per essere modesta, ma ero la prima della classe in poche parole la migliore.
Il prossimo step era iscrivermi all'università, ma decisi di prendermi una breve pausa dallo studio, avevo tutta l'estate da godermi e nel tempo libero avrei potuto fare qualche lavoretto giusto per guadagnare qualche spicciolo.
Trovai una piccola occupazione in una gelateria in centro città, e siccome quel periodo Brooklyn era piena di turisti nel locale c'era sempre da lavorare.
Ero in pausa pranzo, mi ero fermata in un fast-food quando il mio telefono cominció a squillare; il numero era sconosciuto.

-Pronto?-

-Lei è Harleen Quinzel?- rispose una voce femminile a me ignota

-Ehm sì sì sono io- risposi presa alla sprovvista

-Si tratta di vostra madre, è stata ricoverata all'Interfaith Hospital, sono una dottoressa, può venire qui per favore? Terzo piano, sala 17-

-Oh certo subito-

Ero molto preoccupata così presi il primo taxi che trovai e mi diressi verso l'ospedale.
La mia mente era immersa nei pensieri "Cosa le sarà mai successo?" "No no no no" "questo fottuto taxi non riesce ad andare più veloce?!" mi stavo agitando.
Arrivata pagai il conducente ed entrai dal portone principale andando verso le scalinate.
Me lo ricordavo bene questo ospedale, c'ero stata a sedici anni quando mi ero accidentalmente rotta un braccio cadendo dalla trave a ginnastica.
Decisi di non prendere l'ascensore, gli spazi piccoli mi facevano sentire a disagio e diciamo che al momento non era proprio il caso.
Corsi sulle scale alla velocità della luce fino al terzo piano alla ricerca della sala numero 17.
Bussai alla porta bianca, una dottoressa, sulla cinquantina d'anni poco più bassa di me mi si mise davanti.

-Quinzel?-

-Si-

-Venga-

La seguì all'interno della stanza, c'era mia madre stesa su un lettino ad occhi chiusi, notavo che le stavano monitorando il battito del cuore da alcune ventose e le avevano messo la flebo al braccio destro.

-Ha fatto un brutto incidente in auto, ho cercato dei documenti, c'era il tuo nome e il tuo numero così ti ho chiamata per spiegarti la situazione-

Mi disse che si era scontrata con un'altra automobile sull'autostrada e aveva perso subito i sensi, il mio cuore iniziava a battere velocemente.

-Quindi, ehm è in poche parole è in coma?- dissi tristemente

-Si-, in poche parole si, mi dispiace molto faremo il possibile-

E uscì dall'ospedale sopraffatta dalla preoccupazione e l'ansia di rimanere sola.
Tornai a casa e iniziai a cucinare con la TV accesa, le news dicevano che c'era stata recentemente un'ondata di criminali a New York, Metropolis e l'isola di Gotham City; non erano molto distanti da Brooklyn perciò consigliavano di stare allerta.

                                 • • •

Passarono due intere settimane, e mia madre sembrava non risvegliarsi.
E quel 27 agosto, mentre avevo appena finito di farmi una doccia, mi arrivò la telefonata dall'ospedale, poteva significare solo due cose: o mia madre si era svegliata oppure...insomma si è capito.

-Quinzel? Sua madre...- i miei occhi iniziarono ad inumidirsi, il suo tono di voce non sembrava felice.

-...non ce l'ha fatta, il battito cardiaco si è fermato. Mi dispiace tanto-

Chiusi subito la telefonata senza dire nulla e mi buttai sul divano in preda alla disperazione, le lacrime iniziarono a bagnarmi completamente il viso.
Era arrivato settembre, ormai mi ero abituata a vivere da sola, con l'eredità di mia madre ero riuscita a trasferirmi in un piccolo appartamento al centro di Brooklyn vicino alla Long Island University, decisi di intraprendere la facoltà di medicina e chirurgia.
Le giornate erano sempre le stesse, la maggiore parte del tempo rimanevo a studiare e poi c'erano gli esami.
Un giorno uscii per fare la spesa e un po'di shopping al centro commerciale, quella volta era particolarmente affollato, ero entrata in una gioielleria giusto per vedere qualcosina che sicuramente non mi sarei mai potuta permettere.
Mi stavo avvicinando per vedere un bellissimo anello con tre diamanti incastonati, quando un'esplosione nel negozio distrusse completamente il muro.
Mi misi subito a terra e mi coprii la testa, intanto i vari allarmi di evacuazione iniziarono a suonare, "ma che diavolo sta succedendo???" strisciai verso il bancone della cassa e mi nascosi dietro, mossa terribilmente sbagliata, perché se c'erano dei rapinatori di sicuro avrebbero prima aperto la cassa e dopo rubato il resto dalle vetrine.
In mezzo al macello e al fumo provocato dall'esplosione entrarono dal muro ormai a pezzi cinque figure, per quel poco che riuscii a vedere sembravano davvero bizzarri indossavano dei costumi raffiguranti animali, sembravano le mascotte di uno zoo; ma la cosa che mi preoccupó maggiormente erano le armi che portavano in mano tra cui mitragliatrici e pistole tamburo.
A non indossare quegli strani indumenti erano due persone, uno era vestito in giacca e cravatta, i suoi erano capelli tirati all'indietro e portava gli occhiali da sole.
Il secondo aveva i capelli verde acceso e portava una giacca viola, la sua pelle era bianca, completamente disumana.
Notai che stavano venendo verso di me, anche loro muniti di pistola (una revolver), così mi nascosi sotto il bancone e usai la sedia per coprirmi, sperai con tutta me stessa che non mi avrebbero vista, e per fortuna la cosa andò così.
Iniziarono a rapinare tutto il negozio, misero in una sacca i gioielli rubati e il gruzzolo di banconote prese dalla cassa per poi uscire dal buco nel muro.
Ero rimasta traumatizzata, non mi mossi di lì finché non arrivarono i vigili del fuoco e la polizia, e a quel punto la domanda mi sorse spontanea "dove diamine sono i supereroi quando servono?" Sapevo che a Gotham City c'era Batman e a Metropolis Superman e la Justice League e allora dico io non potevano venire un attimo a Brooklyn? No? No.
Ma per fortuna ero sopravvissuta, venni interrogata dai poliziotti siccome ero una testimone oculare di tutto quello che era accaduto, poi mi fecero un piccolo controllo in ambulanza e mi lasciarono tornare a casa.
Accesi la TV e il telegiornale stava parlando proprio dell'attacco in gioielleria, in seguito scoprii che ne erano stati affettuati altri in due banche.
Ad intervenire fu Batman, che confermò il nome del criminale a capo di tutto ciò, era Joker.

La storia di HarleenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora