Logiche differenti

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"Cosa ti spinge?"
Questa domanda... Cosa mi spinge? Non sentendomi rispondere, incalzò: "Quando a cinque anni ti chiesero cosa volevi fare da grande, cosa risposi?"
"Mi ha sempre confuso, quella domanda: ho sempre risposto in base all'ultimo film che ho guardato, o l'ultimo libro che ho letto... Qualcuno ha mai saputo rispondere?"
"Io sì. Il contabile."
"Davvero? Il contabile? E poi cosa vorresti dirmi: che amavi il minestrone? Che preferivi la quinoa al prosciutto? Già si poteva capire allora: sei una persona insipida."
"Io? E come descriveresti una persona che è così debole da rispondere sempre in base all'ultimo eroe in cui si è immedesimato?"
"Perché volevi essere un contabile?"
"Lo era mio padre"
"E che differenza c'era tra me e te allora?"
"Avevo un obiettivo, —"
"Ma ora sei qui... Sai? Credo che in realtà il tuo obiettivo fosse identico al mio. Ma io ho avuto più fortuna..."
"Ahahah—"
"Seriamente, entrambi volevamo essere eroi: sognavi solo di sostituire tuo padre dopo averlo perduto."
"Hai mai pensato di scrivere?", mi chiese con un mezzo sorriso.
"Sì..."
"Perché non hai mai scritto di accountant-man, l'eroe che nella vita faceva il contabile? Sembra un'idea così emozionante!"
"Va' a fanculo"
"Poi sarei io a tirarmela perché avevo un obiettivo? Parla come le persone normali: vaffanculo, con la doppia f e tutto attaccato."
"Sei un cactus in culo; è abbastanza da persone normali?" Non mi rispose.
Apparentemente dal nulla, quando quasi dormivo, chiese: "Hai mai cercato di contare le stelle?"
"No. Di solito, come ora, i lampioni impediscono la vista delle stelle..."
"Io sì..."
"Da bravo contabile?"
Soffocò una risata: "Sì, esatto."
"Come mai?"
"Credevo che attorno a ognuna di quelle stelle ci fosse una terra alternativa, e su quella terra un io alternativo. Qualche versione di me aveva ancora un padre, qualche versione ero una ragazza, in altre un ragazzo, non tutti e tutte sognavano di diventare contabili. Volevo capire quante versioni di me ci potessero essere... Vedi? Anche io ho fantasia."
Ci prendemmo per mano.
"Eppure non fa differenza..."
Passò un minuto prima di ricevere una risposta "No, non davvero. Al mondo importa poco, al fato ancora meno. Così siamo qui, a sentirci rigettati da tutto, da tutti. A sentirci dire di non avere un valore, di essere inutili."
"Sai quando è stata l'ultima volta che mi sono sentito davvero utile?"
"No"
"Non era nemmeno quest'anno: prima che morisse mio nonno. Era una seccatura e aveva costantemente bisogno di un aiuto. L'utilità non portava alcuna gioia, in realtà. Era orribile vedere chi mi ha sostenuto per tutta la vita avere bisogno di me per fare due passi. Lo sapevi che è stato lui il primo a tenermi in braccio? Non mio padre, non mia madre: mio nonno.
No, non è l'utilità ciò che voglio. E mi parli di obiettivi? Per cosa?"
"Non lo so più, mi piaceva pensare che gli obiettivi servissero a dare una direzione. Per organizzarsi la vita..."
"Gli obiettivi non servono: vengono serviti."
"Allora come pensi di realizzare ciò che sogni?"
"Ancora non l'hai capito? Eppure l'hai detto anche tu: non ho un sogno e non voglio nulla di preciso. Servi pure i tuoi dei-obiettivi. Io non servo, coltivo altro."
"E cosa?"
"Non cose, non traguardi: tu, i miei amici, familiari, io. Coltivo relazioni, queste mi danno più gioia. Il lavoro non realizza l'uomo: è la menzogna più grande. Sono e relazioni a realizzare l'uomo. Chi pensa di realizzarsi nel lavoro è più povero di chi cerca il cibo nella spazzatura. Non capisce che il lavoro è il mezzo, non il fine, della vita."
"Quindi per te io sognavo qualcosa di sbagliato? Come se un falegname desiderasse un tipo di pialla invece che il mobile finito?"
Non risposi e ci abbracciammo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 22, 2022 ⏰

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