Capitolo V - All I Want

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All I want is nothing more
To hear you knocking at my door
'Cause if I could see your face once more
I could die a happy man, I'm sure
When you said your last goodbye
I died a little bit inside
I lay in tears in bed all night
Alone without you by my side
(All I Want – Kodaline)

Il corridoio vuoto dell'ospedale era diventato improvvisamente gelido: Harry si strinse nella sua felpa, sentendo la pelle d'oca formarsi e dei brividi che gli attraversavano la schiena.

Passava lì l'intera giornata da tre giorni ormai, allontanandosi solo per tornare a casa a fare una doccia o per prendere un caffè nel diner proprio lì difronte. Da quando era lì aveva dormito al massimo due ore per notte, crollando esausto sulle sedie della sala d'attesa ma senza riuscire a rilassarsi quanto bastava per fare un sonno profondo e tranquillo e recuperare le energie.

Megan, invece, sembrava proprio non avere intenzione di svegliarsi: lei, a differenza sua, dormiva ininterrottamente da tre giorni.

Quando Louis l'aveva chiamato per dirgli che sua sorella aveva avuto un arresto cardiaco e la stavano portando d'urgenza in ospedale, era stato come un fulmine a ciel sereno. Era corso via dal suo ufficio, urlando delle scuse frettolose al suo capo, e l'aveva raggiunta in ospedale, dove l'aveva trovata priva di sensi e bianca come se fosse già morta. Era stata la cosa più spaventosa che gli fosse mai capitata: dopo quella vista aveva pianto tutta la notte, incredulo, seduto nella sala d'attesa del reparto di rianimazione, con la testa di Alexis sul suo petto e la sua voce che cercava di calmarlo dicendogli che sarebbe andato tutto bene, ma sembrava voler convincere più sé stessa che lui.

Da quel giorno, Megan non aveva ancora ripreso conoscenza. Aveva mosso le mani o sbattuto le palpebre di tanto in tanto, ma non aveva ancora aperto gli occhi. I medici dicevano che dopo un arresto cardiaco capitava di frequente, ma a lui sembrava che non avessero fatto abbastanza per rianimarla. Gli sembrava che stessero lì ad osservarla senza fare nulla di significativo per cambiare la sua situazione.

Non riusciva a pensare razionalmente, a comprendere che avevano già fatto tutto il possibile e che ora c'era solo da aspettare che si svegliasse: era arrabbiato col mondo, con quel destino crudele che sembrava volersi accanire sempre e solo sulla sua migliore amica.

Ce l'aveva con i medici anche perché non permettevano che nella stanza di Megan ci fosse più di una persona per volta e quindi per la maggior parte del tempo doveva limitarsi a guardarla da un vetro, dato che sua madre e suo fratello non la mollavano un attimo.

Per lui tutto quello non aveva senso.

Scattò in piedi quando sentì la porta della stanza della ragazza aprirsi: vide il viso pallido e smorto di Louis fare capolino dall'interno e fu quasi deluso di non vedere la sua amica finalmente sveglia e attiva.

«È successo qualcosa?» domandò, senza neanche sperarci troppo: gli faceva quella domanda almeno ogni venti minuti da tre giorni ma non era mai cambiato niente. Louis, infatti, scosse la testa in modo fiacco.

«Ascolta, Harry, io credo di stare per impazzire. Ho bisogno di tornare a casa e fare una doccia, fumare una canna, non lo so. Devo uscire da qui» ammise il ragazzo, sentendosi in colpa per voler lasciare sua sorella anche solo un minuto. In tutto quel tempo non l'aveva persa di vista neanche un attimo, né di giorno né di notte, e il suo cervello aveva iniziato a fargli brutti scherzi. Sentiva il bisogno impellente di prendere aria o non si sarebbe neanche accorto se lei si fosse dovuta svegliare.

Louis non voleva che Harry pensasse che lui fosse una brutta persona, che volesse abbandonare sua sorella in ospedale per andare a casa a riposarsi e riprendere le forze. Se solo avesse saputo che lui non aspettava altro.

Darkness || Z. M. (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora