mettendo il piede fuori dalle coperte, sentendo il freddo che mi sta convincendo a farlo tornare al suo posto, ricordo che è di nuovo lunedì, che la ruota gira e che una una settimana è iniziata.
sospiro, costringendomi ad alzarmi di malavoglia per farmi una doccia veloce.
canticchio una canzone fra me e me, nella speranza di far partire questo giorno con la giusta motivazione e con allegria, non psicologicamente pronta al cataclisma che a breve mi cadrà addosso.
quando alle 7.40 esco di casa con la merenda calda in mano e dopo aver salutato mia madre con un sorriso, però, le mie buone intenzioni vanno a farsi benedire.«per quale motivo il bus non passa oggi? volevano avvisare o no?» sto strillando al telefono.
«a dire il vero, l'hanno fatto, solo che non te ne sei accorta ieri» commenta Sofia, disperata e già a scuola, essendosi fatta portare.
«nessuno mi può portare, e io non posso farmi tutta quella strada a piedi, se non voglio arrivare domani» commento pronta a tornare al caldo dentro casa mia.
«allora ti conviene iniziare a camminare, la Berardi è nervosa perchè alla prima abbiamo la verifica di matematica» mi risponde con un sospiro strozzato.
faccio un verso disperato ma poi comincio davvero a camminare, da sola e infreddolita.
«vuoi un passaggio?» chiede la voce che ormai so riconoscere bene e che mi ha appena raggiunta con il rombo della sua moto.
mi volto, iniziando a pensare che quella giornata non sarà così male «più che certamente sì, non ho intenzione di prendermi una sgridata» esclamo.
«mi farai copiare a matematica?» chiede il biondo ridendo.
«dopo questo, assolutamente sì» è l'unica cosa che borbotto prima di stringergli le braccia al corpo.scendo dalla moto urlando un grazie e corro infilandomi dentro la porta della mia classe, la prima cosa che mi investe sono quegli occhi di ghiaccio che poi vanno a guardare il casco che tengo fermo nella mano.
sospiro per un secondo per poi scivolare al banco più vicino a quello di Barella, per passargli il mio foglio.
quando sento che anche quest'ultimo è entrato nella porta, e che anche Davide se ne è accorto, mi irrigidisco, sperando non noti il casco, cosa che sarà non poco difficile.
anche se lo nota però, non lo da a vedere, e così io mi rilasso per poter compiere al meglio la verifica.una volta completata e passata interamente al ragazzo accanto a me, mi alzo per consegnare, cercando appositamente di non passare accanto al banco del ragazzo che tanto mi tormenta.
così faccio per metà giornata, schivando ogni piccola azione che potrebbe portarmi ad avere un dibattito con lui, che oggi appaiono tantissime.
i miei tentativi sembrano inutili quando, a ricreazione, dopo aver preso tre caffè per le mie amiche, mi ritrovo qualcuno dietro che borbotta «posso darti una mano?», girandomi di scatto, noto che è proprio Davide e, davanti a una cameriera scocciata, che non pare avere voglia di tener d'occhio il terzo caffè mentre io faccio su e giù per i corridoi, non posso dir di no.
«certo, grazie» rispondo abbastanza secca.
afferrando uno dei caffè, Davide mi lancia una lunga occhiata, al termine della quale se esce con «quindi? i passaggi li accetti allora, non sono creature mitologiche quella che riescono a strappartene uno» borbotta, facendomi innervosire.
«assolutamente no, se voglio accettare un passaggio lo faccio. che ti piaccia o meno» rispondo, con una voce acuta che non mi piace affatto.
«ah, capito.» si zittisce il ragazzo, capendo che non reggerei a lungo senza urlare.
«non ne vuoi parlare? non hai nemmeno risposto» commenta dopo un po', a metà strada all'incirca.
«se non ho risposto, c'è un motivo» rispondo, questa volta più calma.
«ma si può sapere che hai? sei sempre sulle tue, sei acida e hai un muro di freddezza che non riesco a superare, puoi spiegarmi solo per un secondo come cavolo ti si deve prendere?» domanda quindi Davide, sbottando.
afferro il terzo caffè con un dito, lo guardo dritto negli occhi «non ho nulla, sono fatta così, se tanto ti piaccio, te lo fai andare bene. non c'è nulla da spiegare, e non voglio che nessuno mi prenda» rispondo secca «ora, se posso farlo, do il caffè alle mie amiche.» ed spingo la porta della classe con il piede, aprendola.
mentre vado infondo alla classe sento i suoi occhi bruciare sulla mia schiena, ma faccio finta di nulla.
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sotto lo stesso cielo || nicolò barella
Fanfictionla storia d'amore adolescenziale fra due ragazzi, di quelle che non possono durare, per un motivo o per l'altro, di quelle che conservano una goccia da amore anche dopo anni, sufficiente a farti venire una piccola stretta allo stomaco. con questa f...