2-le Oche E La Papera 💚

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Jasmine

Nei corridoi della yancy academy, mentre camminavamo per andare nella prossima aula, ci ponemmo mille dubbi e mille domande sul perché potessimo essere così importanti per il signor Brunner, in fondo non ci sembrava di essere così eccellenti.

Durante il pranzo, ci sedemmo allo stesso tavolo come ogni giorno, quando purtroppo, vedemmo arrivare le solite oche: quelle che sono presenti in ogni scuola e non meritano nemmeno di essere nominate, perché il solo nome riusciva a rovinare l'atmosfera... Quelle ragazze che vorresti solo murare vive.

Le ignorammo, finché una di loro, evidentemente il capo, gridò con tono goliardico e ironico, ma non quell'ironia buona, ma quella cattiva con il solo scopo di ferire:
«Guardate un po', le secchione che sono state convocate, qual era il motivo, sentiamo?» «Sicuramente è perché le loro madri non avranno più soldi per pagare i fondi!» disse una, con i capelli castani dall'aria curata.
Tutto il gruppetto delle oche rise,almeno si divertivano loro, poi, un altra continuò ad attaccare, dicendo:
«Infatti, le avete viste come vanno in giro?!»

Mi sentii prendere da una rabbia irrefrenabile; era come se dentro di me sentissi solo rabbia, come un fuoco che arde libero in una foresta.
Tutto ciò che succedeva all'esterno era passato in secondo, se non in terzo piano. Tutto sembrava passare molto lentamente, sembrava ci fossimo solo io e la mia rabbia, ero furiosa. Sentivo come una tempesta che ribolliva nelle mie vene, come un tornado pronto a distruggere. Cercai un punto di sfogo; misi la mano sopra la sedia della mensa in ferro e cominciai a calmarmi.
«Potremmo anche non avere chissà quanti soldi, ma almeno abbiamo un cervello.
Non andiamo a scuola solo per trovare un ragazzo che lasceremo dopo cinque minuti prendendolo in giro per la loro stupidità di aver creduto di aver trovato qualcuno.
Non prendiamo in giro qualcuno se è ricco o povero, non facciamo le oche che stanno sempre a sparlare alle spalle, noi le cose le diciamo in faccia.
Quindi, proprio per questo, vi diciamo che qui non siete le benvenute, quindi, andate a beccare semi e pane secco!»

La ragazza fece uno sguardo imbarazzato, perché tutta la scuola aveva sentito.
Forse, avevo gridato un po' troppo. Sussurrò qualcosa, poi girò i tacchi e fece per andarsene, fin quando noto' che buona parte del gruppo, ci stava dando ragione, e alcune ci ringraziavano anche.
Probabilmente erano costrette ad essere lì dai genitori, dato che il nome del "capo" era molto rinomato, probabilmente avevano capito che potevano ribellarsi a lei, se lo volevano.
Sicuramente erano stanche di fare una vita così, senza poter decidere che fare.

La ragazza se ne andò definitivamente stavolta, seguita solo da sette delle ragazze.

Samira

Wow, per fortuna che ero io quella che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno; certo che anche Jasmine non scherza.

Tra tutta la questione riuscimmo a malapena a spiluccare mezzo tramezzino e un succo di frutta, prima che la campanella segnasse la fine del pranzo. La nostra solita sfortuna.

«È giunto il momento della lezione con la miglior insegnante del mondo!» esclamai. La signorina Gorman era sempre pronta a rispondere alle domande e, se qualche studente aveva bisogno di conforto, lei era sempre pronta ad ascoltarlo.
«Può essere anche la professoressa migliore del mondo, ma resta sempre la lezione di matematica» ribattè Jasmine. In un certo senso aveva ragione.

Entrammo nell'aula e ci sedemmo ai nostri posti, una vicina all'altra.
Dopo circa cinque minuti, però, non vedemmo arrivare l' insegnante, bensì la preside, la signora Parker, una signora dai capelli candidi.
Dopo averla salutata, ci annunciò una bruttissima notizia.
«Studenti, la professoressa Gorman è dovuta partire in un altra città per problemi di famiglia.
Ha detto che non tornerà più in questa scuola, ma vi ha lasciato una lettera da leggere; signorina Foster vuole venire a leggerla lei?»
Probabilmente sapeva il legame che c'era tra di noi.

Annuii e mi diressi verso la cattedra dove era poggiata la lettera, aveva una busta celeste, il mio colore preferito.
Aprii la missiva; ma al momento di leggerla, le lettere si girararono, formando altre lettere in una lingua sconosciuta. capii solo una cosa in quelle lettere: il mio nome.
«Signorina Foster?» richiamò la preside.
Le lettere tornarono normali e cominciai a leggere la lettera mentre lacrime amare mi scendevano agli occhi.

Poi, la preside annunciò che la signorina Gorman sarebbe stata sostituita da una certa professoressa Dodds.

Mila

Quella che avevamo capito essere la "professoressa Dodds" era una signora sulla cinquantina, con i capelli corti che parevano un gatto morto e degli occhi cerulei spenti e inpenetrabili
Iniziammo a presentarci a quella professoressa, in fondo non potevamo esigere che la signora sapesse già i nostri nomi... Eppure forse era così; mentre timidamente gli altri condividevano timidamente i loro nomi, le nostre passioni e compagnia bella venendo "ascoltati" dall'anziana signora, durante il nostro turno l'unica cosa che ci guadagnammo erano sguardi di disapprovazione, come se per quella signora fossimo solo una presenza sconveniente.
La lezione di matematica passò lentamente, difatti la professoressa sembrava meno vogliosa di insegnare che noi studenti di ascoltare la lezione.

Tornammo nel nostro dormitorio dopo le lezioni. Eravamo stanchissime.
«Ragazze, devo raccontarvi una cosa successa oggi, so che probabilmente mi prenderete per pazza, ma giuro che ciò che vi sto per raccontare è tutto vero: quando la preside mi stava facendo leggere la lettera, mi sembrava come se le lettere si muovessero; il problema è che formavano lettere in una strana lingua antica, di cui sono riuscita a capire solo una parola: il mio nome» annunciò Samira.
«Wow, certo che ne stanno succedendo di stranezze in questi giorni» disse Jasmine, con un'ironia di chi cercava una strada per nascondere la preoccupazione.
Era chiaro intendesse anche gli incubi che ci assillavano, ma preferivamo non parlarne.
«Penseremo alla questione dopo aver studiato per il test di domani. Andiamo in biblioteca?»
Accettarono e ci incamminammo.

La biblioteca era una sala grande circa quanto dieci aule o più; tutte le librerie erano alte circa due metri ed erano intagliate in legno di rovere; i libri messi in ordine alfabetico, erano il paradiso per chi, come me, amava leggere.
Tutto intorno alle librerie c'erano tavoli in legno con delle panche.
«Vado a prendere qualche libro per approfondire» annunciò Samira
Nel frattempo iniziai a studiare.

Samira

Mi incamminai verso la categoria "lingue antiche" e verso la lettera "L".
Quello che trovai, però, fu ben diverso.
Un tomo si affacciava sulla mia visuale, le pagine talmente tanto impolverate da coprire il titolo.
Un energia mi attirava a quel libro.
Lo presi e ci soffiai sopra.
Il titolo si presentò davanti a me: "lingua e letteratura greca". Non era scritto in modo "normale", ma con strani simboli, eppure, li capivo.

Smisi di imbambolarmi e presi il libro che ci serviva e tornai al tavolo.

Dopo aver passato ben tre ore della nostra vita a studiare nozioni noiose, quando stavamo per tornare ai dormitori, mi ricordai del libro.
Lo passai alle mia amiche, che mi raccontarono che a loro era successa la stessa cosa che era successa a me.


le  figlie dei pezzi grossi_/ il passato (REVISIONE) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora