Rimasi a fissare imbambolata la cicca della sigaretta mentre si spegneva lentamente sul marciapiede gelido, osservai da sotto la tettoia della fermata del 10 la pioggia che cominciava a battere sulle strade, innalzando l'odore aspro di umidità e smog. Mi strinsi nel mio cappotto e strofinai le mani provando a diffondere un po' di calore, battei ripetutamente gli occhi infastiditi dalla brezza fredda di novembre e tirai un sospiro lasciando che si creasse una nuvoletta d'aria.
Le strade alle sette del mattino non sono molto trafficate, anzi è praticamente ancora buio, quando il tram si decise a passare finalmente mi accoccolai su uno dei vecchi sedili, non c'era un' anima.
Sono una persona abitudinaria non lo nascondo, mi balenò per un attimo il pensiero di non scendere dal mezzo per tutto il giorno, e di rimanere lì seduta guardare la gente che va e viene, erano i miei ultimi giorni di libertà prima del ritorno in ospedale, non dovevo sprecarli.
All' epoca, avevo poco meno di diciassette miseri anni, osservai con estrema attenzione le gambe secche e le ginocchia nodose, il riflesso nel finestrino mi restituì uno sguardo spento, occhi cerulei quasi grigi, le borse sotto gli occhi erano profonde e una spruzzata di lentiggini risaltava sulla pelle tanto bianca da sembrare trasparente
Ero un fantasma.
Le ore prima di rientrare nella mia prigione bianca volarono, feci appena in tempo a salutare un paio di amici e e a mettere un maglione in borsa che mi ritrovai davanti alle porte smerigliate della mia stanza, la numero 420, come ogni dannatissima volta.
Sempre vuota, sempre deprimente, sentivo già il petto farsi pesante e le lacrime fare capolino da sotto le palpebre serrate, ingoiai la paura trasportata dalla solitudine, e spalancai di nuovo gli occhi assumendo un espressione decisa. Era appena passata l' ora di pranzo e girovagai come uno spettro per l'ospedale, dando un occhiata in giro, mi soffermai davanti alla sala fumatori, ma poi ragionai che non mi avrebbero nemmeno entrare, perciò continuai il mio gironzolare fino all'esterno. C'era una bella collina anche se un po' grigia e persino il mare non era azzurro, ma assumeva una triste tonalità di verdastro, camminai con le scomode ciabatte di gomma fino all'albero più vicino, non era spoglio come tutti gli altri era alto e solido appena dietro il retro della struttura, le radici formavano una conca piuttosto profonda e mi ci accovacciai con la coperta che avevo appresso
Il paesaggio nebbioso non era dei più soddisfacenti, ma almeno ero lontana dall' odore di cibo scaldato e medicine; Holiday dei Green day, per ironia mi risuonò negli auricolari provocandomi un sobbalzo, dovevo passare come minimo i successivi tre mesi dentro l'ospedale, dovevo trovare il modo di non ficcarmi un flebo di morfina nel braccio. Riflettei sul fatto che prima o poi il tabacco mi sarebbe finito e che mi sarei dovuta trovare qualcuno per farmelo passare sottobanco, riflettei che il mio libro di appena tre righe non aveva né trama, né titolo, riflettei sul farmi i capelli neri invece che lasciare il biondiccio attuale.
Avrei venduto la mia anima al diavolo pur di darmi una distrazione in mezzo a quel casino di merda.
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invisibile
RomanceChiusa nella mia prigione mentale e in quello schifo di ospedale, nessuno al mio fianco nemmeno nei momenti di crollo peggiori, ho incontrato lei. Volevo essere invisibile, scomparire e smettere di esistere, ma la sua presenza mi ha ridato ciò che...