Capitolo 2

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Stavo su un balcone, c'erano tipo due gradi e  tenevo il portatile sulle ginocchia, una tazza di te fumante mi riscaldava le dita, erano le nove di sera ed ero illuminata solo dalla luce dello schermo, c'era qualche stella solitaria in cielo e uno spicchio di luna argentea sbilenco come un ghigno.

Non potevo tenere cellulare con la SIM, lo potevo usare solo per la musica scaricata, non avevo alcun modo per contattare le persone all'esterno, era il mio quarto ricovero in due anni, l'ultima volta ero rimasta solo un mese, ed evidentemente la mia salute mentale traballante e il mio peso erano continuamente oscillanti  e a rischio. 

Non mi sono mai fatta degli amici, a volte però andavo in pediatria a parlare con i bambini, sono buffi e interessanti, Annachiara ha circa otto anni e ha la leucemia, l'ho incontrata durante il mio secondo ricovero mentre tentava la fuga dall'uscita  dietro le macchinette del caffè, beh io mi nascondevo da un' infermiera  che mi rincorreva con del budino. Dunque, adesso dovrebbe  avere dodici anni, chissà come se la passa.

La  prima notte non si dorme mai, è uno stereotipo crudo, ma vero, fissi il soffitto, stai fermo e hai i piedi intorpiditi dal freddo, le mani che sudano e la schiena appiccicaticcia. 

La mattina dopo mi alzai come se non avessi mai poggiato la testa sul cuscino, entrai nel bagno e mi spazzolai i capelli sottili, ne continuavo a perdere a causa della malattia, una volta erano lunghissimi, poi per una mini crisi di nervi ora conservavo un caschetto e una frangetta che mi faceva sembrare una tredicenne con crisi di identità.  Un infermiera tarchiatella mi trascinò a forza nella mensa, l' odore di latte mi fece immediatamente accapponare la pelle, percepivo l' odore di frutta e di pane che mi faceva girare la testa, rimasi a guardare le mie fette biscottate per una decina di minuti, prima di costringermi a masticarle molto lentamente e a mandarle giù, neanche fossero pezzi di mattone.

Alzai la testa e la vidi, una testa di capelli cortissimi neri come la pece e la corporatura slanciata si distinguevano in tutto quel biancore, si girò a guardarmi per qualche attimo, con gli occhi verdi felini e circospetti, si passò la mano nella zazzera di ricci e fece un mezzo sorriso ammiccante scoprendo due file di denti perlacei. Arrossì violentemente, e mi sistemai la ciocca  di capelli dietro l'orecchio e ricambiai lo sguardo,  che ormai però aveva rivolto ad una rossa con le trecce, che le scodinzolava attorno ridacchiando. 

Tornai con la mente alla mia colazione e decisi che per oggi mi ero impegnata anche troppo, mi alzai furtivamente e mi avviai verso l'uscita senza neanche preoccuparmi di riporre il vassoio e sgattaiolai, mi rigirai verso la ragazza, anche lei però doveva essersela svignata dato che il posto a fianco della rossa era vuoto.

Salì sull' ascensore per andare sul tetto, avevo in mano le sigarette, il telefono e un libro a caso preso da un carrello che portano le infermiere per darci qualcosa da fare, mi si affiancò la ragazza di prima, la felpa nera con il cappuccio tirato su le era enorme, era molto più alta di me e aveva una sigaretta tra le labbra screpolate.

"Se qualcun altro ti vede, te le confiscano" le bisbigliai, gli occhi vispi scattarono immediatamente studiandomi, il sopracciglio destro di alzò mostrando un lieve disappunto, non aprì bocca e continuò a farsi gli affari. 

Ora però un brevissimo sorriso si era destato, rimise la sigaretta nel pacchetto appena le porte dell'ascensore si riaprirono e mugugnò un: "Grazie della dritta".

Si avviò a passo svelto verso il lato destro del tetto, mossa poco saggia perché lo sanno tutti che girano sempre gli inservienti lì, ma sta volta preferì non intervenire, anzi magari dopo mi avrebbe chiesto aiuto per qualcos altro pensai speranzosa. Camminai guardandomi i piedi fino al mio rifugio sicuro dietro le ventole del riscaldamento, dove sicuramente ero al riparo da ricce con gli occhi verdi e sguardi indiscreti.



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