Capitolo 2o

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Tom Gauld durò appena 30 minuti,
30 minuti che passai alternando la lettura ad uno sguardo rubato al viso del ragazzo con ľelastico azzurro;
in quei 30 minuti aveva fatto una pagina di parole crociate ed era andato con il padre a prepararsi per fare un giro in kite.
Per tutto il tragitto che aveva percorso per arrivare dalľombrellone alľaquilone da kite, non ero riuscito a togliergli gli occhi di dosso, come una calamita, come se ne avessi bisogno, con la stessa estasi che ti viene quando ti ritrovi davanti ad un'opera d'arte, preoccupato per il dispiacere che mi sarebbe preso quando non avrei potuto più continuare a guardarlo; si girò verso di me, ci guardammo negli occhi, ci analizzammo con attenzione, con imbarazzo, con curiosità, io con mille pensieri in testa, lui con con un sorriso sul volto; chiuse uno dei due Empirei, mi fece un occhiolino.

Non avevo nulla da fare, i miei genitori erano precipitati in un sonno profondo, come al solito non c'era nessuno della mia età con cui socializzare e la divina apparizione era in mezzo al mare attaccato ad un aquilone nero. Decisi di andare ad immergermi nel mare.

Arrivato lì davanti mi presi i miei 5 minuti per approcciare ľacqua fredda, mi immersi fino alla testa come ero solito fare da quando ero piccolo, ho sempre passato la maggior parte dei miei bagni sotto la superficie anche se ľoscurità di quel mare mi aveva sempre dato un senso di ansia, di paura ma, contemporaneamente, riusciva a placare per un istante i miei pensieri; quella volta non funzionò, mi sentii con un mago che dopo aver detto la sua formula magica non vede nessun risultato e rimane immobile ad aspettare che succeda qualcosa; perché non riuscivo a smettere di pensare, di pensare a me, a quel mare oscuro, alla spiaggia bianca, agli ombrelloni giallastri, ai lettini marroncini, al libro di prima, al suo viso, a lui. Uscii dalľacqua.
Una volta tornato alľombrellone presi i soldi dalla borsa di mia madre e mi avviati verso la libreria.

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