Cap.11 - Viaggio

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Sakura aprì gli occhi sbattendo lentamente le palpebre, svegliata dal piacevole tepore del sole primaverile di mezzogiorno che le inondava il viso attraverso il finestrino abbassato della Subaru sportiva su cui stava viaggiando da piú di un'ora; lo sguardo le cadde sullo specchietto retrovisore alla sua destra e per la seconda volta quella mattina l'immagine che vi vide riflessa la fece trasalire.

Era lei, ma non sembrava affatto lei.
Il suo volto era incorniciato da uno scompigliato e lucente caschetto nero alla francese che le arrivava appena sotto l'orecchio, e i suoi occhi verdi avevano acquisito un'accesa sfumatura color nocciola dorato.

Non era certa di riuscire ad abituarsi a quel nuovo look così fuori dalle righe, anzi, a dirla tutta iniziava ad avere la netta impressione di somigliare ad una delle cameriere di qualche maid café nel suo giorno di riposo e non era sicura che la cosa le andasse particolarmente a genio.

"Ehi, buongiorno."
Con la mano sinistra poggiata sul volante e una sigaretta tra le dita, Itachi le stava sorridendo guardandola attraverso le lenti degli occhiali da sole: li aveva sempre trovati un po' eccessivi quando era il suo ex a portarli, ma su di lui - come qualsiasi altra cosa scegliesse di indossare, a quanto pareva - erano perfetti.
"Buongiorno..." Sakura si tirò su sul sedile, visibilmente imbarazzata. "Ho dormito per tutto il tempo, vero? Mi dispiace, é che ero molto stanca e..." "Non c'é alcun bisogno di scusarsi" la interruppe lui continuando a sorridere "e poi é stato molto divertente ascoltarti russare."
A quelle parole Sakura si bloccò, sentendosi avvampare. "Tranquilla, stavo solo scherzando" riprese Itachi ridacchiando alla vista della sua espressione atterrita "non hai fatto nulla di strano, se è quello che ti stai chiedendo." "Grazie, sì, in effetti ora che l'hai detto mi sento un po' meglio." Replicò lei ricambiando il sorriso. "Non dovrebbe mancare molto, giusto?" Chiese poi dopo aver dato un'occhiata allo schermo del cellulare. "No, infatti, dovremmo arrivare piú o meno tra un quarto d'ora. Continua pure a riposare." "Grazie, credo proprio che ti prenderò in parola."
Sakura si stiracchiò e incrociò le caviglie sul cruscotto; con la coda dell'occhio Itachi percorse lentamente la linea tornita delle sue gambe fasciate nei pantaloni di velluto blu scuri e per un attimo, nel vederla lì accanto con quei capelli corvini, gli balenò davanti il ricordo dell'ultimo weekend fuori città che aveva trascorso con Izumi: anche lei aveva l'abitudine di sedersi in quel modo, in macchina.
Inalò a fondo il fumo e spense il mozzicone cercando di scacciare quel pensiero, l'ultimo dei tanti che durante il viaggio avevano cominciato ad invadergli la mente ogni qualvolta si era voltato verso Sakura e i suoi occhi avevano indugiato sulla bellezza del suo viso.

Lei nel frattempo aveva ripreso a sonnecchiare e a guardare di tanto in tanto fuori dal finestrino, ammirando la strada che raggiungeva Konoha snodarsi attraverso il paesaggio montuoso e boschivo.

Se dieci giorni prima qualcuno le avesse detto che quel lunedì mattina si sarebbe trovata a bordo di un'auto da dodici milioni di yen diretta verso uno sperduto villaggio sulle montagne ad ovest di Tokyo al fianco di un gangster, certamente Sakura avrebbe pensato che quel qualcuno si fosse appena fatto un bel giretto nella farmacia dell'ospedale. In quel momento, però, standosene lì distesa con quell'arietta fresca e sottile che le accarezzava il viso, doveva ammettere di non ricordare quando era stata l'ultima volta in cui si era sentita così serena e rilassata: dopotutto, mettendo da parte il vero scopo del viaggio e il resto dello schifo che l'aveva condotta fin lì, erano mesi che non riusciva a prendersi qualche giorno di ferie, e lo avrebbe trascorso lontana dai ritmi frenetici del lavoro e della città in compagnia dell'uomo dei sogni seduto alla sua sinistra.
Lo osservò di sottecchi per alcuni istanti: i jeans slavati e il maglioncino a coste grigio chiaro, i capelli raccolti in alto dietro la testa, la sua voce, i suoi modi e il suo sorriso disarmante, la lieve ombreggiatura della barba che quella mattina non si era rasato...

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