Autore: bluyoru
Pacchetto: Scorpione
Citazione: "Meglio regnare all'Inferno, che servire in Paradiso" (John Milton)
Osservai il piccolo cartoncino anonimo tra le mie dita, che si rifletteva sullo specchio del bagno. Continuavo a sfocare la visuale verso la mia immagine nuda e viceversa, in un gioco senza senso che ben presto mi causò un leggero fastidio agli occhi.
Non avevo impegni per quella sera, così avevo contattato un mio amico speciale che nel pomeriggio mi aveva procurato quel finto pezzo di carta sul quale stavo facendo una leggera pressione con l'indice e il pollice.
Non era la prima volta che ne provavo uno, ma forse sarebbe stata la volta più sicura in cui avrei sfruttato gli effetti che tanto apprezzavo, caratteristiche principali di quella droga. Mi sarei dedicata a me stessa per tutta la sera.
Senza ulteriori indugi, mossi la mano per appoggiare il cartoncino sulla lingua, dopodiché afferrai il silk-épil e chiusi la leggera porta di vetro alle mie spalle. Bagnai le gambe con un rapido flusso d'acqua mentre dalla cassa appoggiata fuori dal box uscivano le prime note della mia playlist da doccia. Ormai quell'aggeggio infernale non mi causava più lo stesso dolore delle prime cerette e, tutto sommato, l'effetto era quello di un bizzarro massaggio fatto con le unghie lunghe; era quasi piacevole.
Forse a causa di ciò, non impiegai molto per ultimare il lavoro di boscaiola che ogni due settimane richiedeva una piccola porzione del mio tempo e dopo pochi minuti il silk-épil giaceva al centro del lavandino buttato alla bell'è meglio, senza grandi riguardi.
Se avessi avuto abbastanza soldi da parte, avrei volentieri distrutto ogni pelo con il laser in modo da essere sempre in ordine. Non mi erano mai piaciuti i peli, perfino quando non ero costretta a indossare i pantaloncini e potevo fare a meno di strapparli.
Fantasticherie sul desiderio di essere ricca mi accompagnarono per gran parte del tempo sotto il getto tiepido della doccia, fino a quando i primi effetti dell'LSD cominciarono a presentarsi e io iniziai a sentire rumori sinistri provenire dal mio appartamento, nelle stanze che non potevo controllare essendo chiusa in bagno.
«Toc, toc. Chi è?» mormorai tra me mentre le ultime gocce d'acqua mi bagnavano le spalle.
Ridacchiai prendendo l'accappatoio e mi concessi persino il tempo di asciugare le grondanti pareti della doccia prima di uscire dal box, in sottofondo ancora gli stessi rumori sovrastati dalla musica ad alto volume.
Non appena misi piede sul tappetino, con ancora alla mano l'asciuga-vetri, partirono le note di "Jailhouse Rock" e mi lasciai trascinare dal ritmo mentre aprivo la porta del bagno, curiosa di scoprire la natura dei rumori che sentivo ormai da diversi minuti.
Mi sentii come una spia nell'atto di scovare, finalmente, l'obiettivo puntato da mesi. Solo che io indossavo un accappatoio rosa con gli unicorni e come pistola impugnavo un asciuga-vetri con il gommino penzolante. Forse non ero credibile come letale spia assassina.
Studiai la situazione del corridoio, che era vuoto, ma non silenzioso.
Quindi strinsi con più forza il sottile manico senza riuscire a ignorare la musica che mi induceva a muovere i fianchi in un ballo che, me lo sentivo, da un occhio esterno sarebbe sembrato ridicolo.
La camera da letto, che vedevo davanti a me, era altrettanto sgombra, ma non si poteva dire lo stesso del salotto, dal quale venivano i rumori più molesti che nemmeno Elvis Presley riusciva a coprire.
«Everybody, let's rock» mormorai con un sorriso avanzando piano.
Quello di casa mia non era un corridoio lungo, eppure mi sembrò interminabile, e quando giunsi nella sala che fungeva anche da ingresso ci arrivai carica di adrenalina accumulata durante quel percorso pieno di insidie piuttosto colorate. I quadri appesi sulle pareti avevano preso vita.
Ridacchiai tra me a quel pensiero e fu proprio la mia risata a far accorgere della mia presenza a due uomini (no, strani incroci tra un troll e uno gnomo) intenti a rovistare tra le mie cose.
«Merda, è già qui» esclamò uno brandendo quello che mi sembrò in tutto e per tutto un dildo piegato come una pistola.
«Pensaci tu, legala» ordinò l'altro con una maschera bondage molto sexy. «Dovresti riuscirci, è solo una donna».
Il sorriso indotto dai loro strani aspetti mi si spense sulle labbra. "Solo una donna"?
«Io mi torturo le gambe ogni due settimane, una volta al mese perdo sangue, mi impegno il doppio di voi per ottenere lo stesso stipendio, se non di meno, e sarei "solo una donna"? Io e le mie socie siamo "Donne" con la "D" maiuscola» ribattei infuriata, non del tutto conscia di quello che stava succedendo.
Figuriamoci se delle allucinazioni potevano permettersi di sminuirmi come se nulla fosse.
Sentendomi carica di una nuova energia, decisi di vendicarmi di quelle illusioni dettate dall'LSD per aver osato sottovalutare il mio sesso e impugnai con entrambe le mani l'asciuga-vetri prima di lanciarmi contro lo gnomoll dalla pistola-dildo e colpirlo alla tempia dalla parte in cui il gommino pendeva lasciando scoperto un angolo piuttosto appuntito. Ne fuoriuscì uno schizzo di sangue che ascese sotto forma di bolle colorate mentre lo gnomoll cadeva a terra con un tonfo.
Gridai estasiata mentre le note di "Jailhouse Rock" ancora mi dettavano il ritmo e sovraccaricavano i miei sensi. Cantavo e uccidevo le allucinazioni, niente di più divertente.
«Non male per essere solo una donna, eh?» esclamai inebriata, avvicinandomi all'intruso rimasto.
L'altro gnomoll, forse non aspettandosi il mio entusiasmo, restò accucciato nell'atto di frugare nell'ennesimo cassetto del mobile sotto il televisore e mi fu semplice ucciderlo con lo stesso colpo dedicato al primo. Mi godetti le bolle colorate ascendere fino a scomparire attraverso il soffitto, dopodiché mi diressi verso il divano per buttarmici sopra.
Chiusi gli occhi e restai in quella posizione fino a quando il rimasuglio di bolle colorate, che vedevo ancora attraverso le palpebre, scomparve lasciando spazio a un nero rossastro.
Quando la mia vista si abituò all'atmosfera soffusa del salotto, nel quale era accesa solo una piccola lampada, potei notare qualcosa di strano.
Gli gnomoll non erano più quel bizzarro incrocio di troll e gnomo che avevo visto mentre erano ancora in vita, bensì dei semplici esseri umani in tenuta scura; dei comuni ladri.
«Mah, erano più carini quando erano gnomoll» commentai imbronciata.
Le bolle colorate non c'erano più, in compenso diverso sangue macchiava il pavimento, il muro e alcuni mobili. Uno scenario piuttosto macabro, ma potevo aspettarmi di tutto dal mio amico cartoncino.
"Jailhouse Rock" era finita e con essa anche la playlist doccia; non mi ero accorta di aver sentito tutte le canzoni caricate, ma non importava. Mi sentivo rilassata.
«Maledetta, che male!» esclamò una voce che non riconobbi.
Voltai lo sguardo sui cadaveri e notai che da entrambi spuntavano due figure di fantasmi dall'aspetto di zombie. Carini.
«Ve lo siete meritato» ribattei incrociando le braccia sotto il seno. «Mi avete sottovalutata sotto il mio tetto».
«Non era un buon motivo per ucciderci!»
«Perché no? Stavate pure frugando tra le mie cose. Cosa cercavate?» domandai assottigliando lo sguardo.
«Qualcosa di valore per sfamare i nostri figli e le nostre mogli» rispose quello che prima indossava la maschera.
«Beh, dovevate trovarvi un lavoro. Sono sicura che nonostante i vostri aspetti da gnomoll ne avreste trovato uno, nel mondo delle allucinazioni» dissi, indifferente.
«Sei crudele e prepotente! Saresti un'ottima regina dell'inferno per averci ucciso a sangue freddo» sputò il primo, infuriato.
Mi parve di notare del fumo uscirgli dalle orecchie e dalle narici.
«Una volta ho letto: "Meglio regnare all'inferno, che servire in paradiso"» citai con l'indice alzato. «Direi che sono d'accordo» conclusi con un sorriso allegro.
Li osservai fino a quando i fantasmi-zombie si dissolsero e di loro non rimasero altro che i cadaveri. Mi chiesi quando sarebbero spariti anche loro.
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Storie sotto le stelle
General FictionIl nuovo contest estivo del Club dell'Inchiostro. Testardi come un Toro? Ambiziosi come un Capricorno? Fascinosi come uno Scorpione? I segni zodiacali, a volte, raccontano tante cose di noi: spesso ci ritroviamo nelle caratteristiche tipiche del nos...