Capitolo 3 Passeggiata al chiaro di luna

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«L'unico lato positivo della faccenda è che c'è più arrosto di maiale per noi» Thor tirò il vassoio a sé, cercando di non sbottare a ridere in faccia a Clint. Voleva terminare la cena e andare al saloon per il bicchierino della staffa con gli altri, senza troppe pretese. Dette un colpetto sul ginocchio di Loki, sotto al tavolo, sperando che si trattenesse anche lui dalla risata che gli aveva già visto sulla bocca.

Le due donne, con le gonne svolazzanti e i tacchi degli stivaletti che risuonavano a passo di marcia militare, avevano appena lasciato il locale sotto lo sguardo attonito degli altri avventori, che avevano udito chiaramente gli insulti indirizzati al mercenario da parte della forestiera dalla chioma fulva.

«Nessuno mi ha mai paragonato a un maiale. La rossa è una gran maleducata» e, soprattutto, il Falco aveva notato che né Natasha né Rafflesia avevano il benché minimo timore di lui, a differenza del resto del mondo con cui interagiva, che gli portava rispetto e deferenza, per le incredibili capacità con la pistola. Alla fine Romanoff gli aveva risposto, offendendolo, sebbene lei e l'amica volessero qualcosa dalla sua squadra di avventurieri.

«Già, così pare. Ne prendi ancora? Posso finire i contorni?» Laufeyson indicò le ciotole di patate e piselli.

«Sono a posto, serviti pure» era passato l'appetito anche a lui, oltre che alla signorina Tyler. E se la sarebbe data a gambe levate piuttosto che sorbirsi le prediche dei preti laici al suo tavolo.

Indovinò che non sarebbero mancate quando Stark pigliò dalla tasca della giacca il portasigari francese in pelle. Spiccava il cartiglio centrale con le sue iniziali incise e quattro estremità in ottone finemente cesellato. Dall'apertura a soffietto ne prese uno e l'accese con un cerino, estratto da una scatolina dall'illustrazione a colori.

«Clint, qual è il problema vero al di là del denaro? Non il lavoro offerto, perché non temiamo un confronto con Zemo e la sua gentaglia. Abbiamo affrontato di peggio, o no? E anche se il barone fosse tanto malvagio e circondato da un'orda di gentaglia, sappiamo il fatto nostro» Tony lo punse sul vivo, sul fattore del coraggio. Pistolero impavido più di Clint era impossibile, non ne conosceva e non ne esistevano.

Intanto che Loki e Thor terminavano gli avanzi, lui ebbe un capogiro, una vertigine molto violenta all'odore di rosa e di fumo di sigaro. Gli parve di inabissarsi nell'oceano buio e profondo e di non poter risalire a galla «Una sensazione spiacevole» biascicò. I due cugini che ripulivano le scodelle con fette di pane impastato con lievito madre lo disgustarono al punto che credette di rimettere l'esigua porzione di carne mangiata.

Inghiottendo l'ultimo boccone, Laufeyson aggrottò le sopracciglia, scettico «Sei un sensitivo? Ti ha sempre guidato la razionalità, ora parli come uno sciamano di una tribù indiana».

«E' chiaro» Thor si pulì la bocca col tovagliolo, segnalando con gli occhi cerulei alla cameriera di portare il dessert, una pie di frutta coltivata nelle piantagioni vicine, alle fragole e rabarbaro: una vera coccola per il palato a cui non rinunciava mai e che si poteva permettere quotidianamente, visto l'allenamento costante cui sottoponeva il fisico.

«Chiaro cosa?» domandò il cugino, ironicamente, e si esibì con la voce in falsetto a richiamo del tono femminile di Rafflesia «Vuoi un bicchiere d'acqua, Clint, piccolino?». Capì di aver esagerato alla reazione del suo capo, particolarmente offeso nonostante la consuetudine di facezie e scherzi fra loro, che aiutava anche ad allentare la tensione di un lavoro logorante.

«Sei più idiota di Tony. Ne ho abbastanza delle vostre stupidaggini, soprattutto delle tue, Laufeyson» Clint riprese il suo cappello, idrofobo e con la cena sullo stomaco. L'anatema di Natasha si stava già realizzando, l'acidità del sugo dell'arrosto gli risalì in gola.

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