CLXXXIV - Ungaretti

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Cotici, il 16 Agosto 1916.

Mi tengo a quest'albero mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna.

Stamani mi sono disteso
in un'urna d'acqua
e come una reliquia
ho riposato.

L'Isonzo scorrendo
mi levigava
come un sasso.
Ho tirato su
le mie quattro ossa
e me ne sono andato
come un'acrobata
sull'acqua.

Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un bambino
mi sono chinato a ricevere
il sole.

Questo è l'Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell'universo.

Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia.

Ma in quelle occulte
mani
che m'intridono
mi regalano
la rara
felicità.

Ho ripassato
le epoche
della mia vita.

Questi sono
i miei fiumi.

Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil'anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre.

Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere d'inconsapevolezza
nelle distese pianure.

Questa è la Senna
e in quel suo torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto.

Questi sono i miei fiumi
contati nell'Isonzo.

Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch'è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre.

Giuseppe Ungaretti, I fiumi.

Memorie di una lettrice distrattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora