Mi hai raggiunto

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~Scusate l'attesa, con l'inizio della scuola ho avuto un po' da fare~

Hyunjin

Lasciai Chan e Minho nel tardo pomeriggio e prendendo la macchina guidai fino all'indirizzo che conoscevo fin troppo bene, dopotutto in quella casa ci avevo passato sedici anni della mia vita e anche quando mi sono trasferito io e lui continuavamo a lasciare lì le nostre lettere. Ripensandoci adesso credo che i nuovi proprietari dell'abitazione sapessero che noi ci intrufolavamo nel loro giardino, ma non ci avevano mai detto niente anzi ogni tanto ci lasciavano anche il cancello posteriore aperto.

Davanti a quella casetta bianca esitai per svariati minuti a scendere dall'auto, guardandomi fisso le mani che reggevano la lettera scritta qualche giorno prima. Appena sveglio ero carico e pronto psicologicamente a tutto questo, ma in quel momento stavo sudando freddo e la mia mente era completamente vuota. No, non vuota, ma congelata su ricordi passati che col tempo probabilmente mi sarei dimenticato dopo aver chiuso quel capitolo della mia vita.

Fu una voce lontana a riportarmi alla realtà, una voce del tutto fuori contesto che con un “Buongiorno signora” mi ricorda di non essere da solo. Mi faccio forza e apro la portiera scendendo dal veicolo, mi sistemai la camicia e dopo un gran respiro mi avviai verso la porta principale. Con mano leggermente tremante allungai un dito per suonare il campanello e sentì qualcuno all'interno rispondermi:  –Arrivo subito!
Un'anziana signora mi aprì con un'espressione leggermente stupita, sfoderai il sorriso più tranquillo che potessi mostrare e decisi per prima cosa di presentarmi.
–Buonasera signora, mi chiamo Hyunjin, non so se si ricorda di me.
–Ma certo che mi ricordo di te! Come potrei dimenticare te e quei bellissimi fiori che hai piantato nel giardino? Sono solo stupita che sia venuto qua anche tu proprio oggi.
Quelle parole mi confusero, non solo perché quella donna effettivamente si ricordava di me quando l'avrò vista due volte contate in tutta la mia vita, ma perché non capito a chi si riferisse con quell' anche.

–Se non sono di disturbo vorrei andare un attimo sul retro, non posso spiegarle bene il motivo...
–Stai tranquillo, caro, non devi dirmi proprio niente. Vieni ti accompagno.
Mi fa cenno di seguirla all'interno e guardandomi intorno entrai con passo discreto. L'arredamento era ovviamente cambiato e aveva un aspetto più maturo rispetto a quello che avevano scelto i miei genitori, le pareti nel corridoio erano piene di foto di quelli che probabilmente erano i suoi familiari. In fondo a quella che sembrava la cucina, una porta bianca con qualche vetro illuminava tutto l'interno e dietro a delle corte tendine potevo scorgere una figura maschile nel giardino.

–Certo che potevate venire insieme invece di farmi fare avanti indietro, ma va bene lo stesso perché è molto che non vi vedo insieme.

Mi immobilizzai sul posto mentre lei lentamente apriva la porta bianca e dalla luce del tramonto la figura che prima vedevo sfocata diventava nitida davanti ai miei occhi spalancati.
Illuminato dall'ultimo raggio di sole visibile, Felix si girò con un sorriso dolce che riusciva a dare alle sue lentiggini luce propria. I capelli biondi, più lunghi di come li teneva al liceo, a incorniciargli il viso delicato, ma certamente con lineamenti più marcati. Una giacca rossa di jeans, t-shirt nera e pantaloni bianchi, lo ricordo così bene che è come se fosse di nuovo qua di fianco a me.

Incantato a rivedere l'ultima persona che credevo potesse di nuovo far parte della mia vita non mi accorsi neanche che la signora dietro di me mi diede una leggera spinta in avanti, tanto da quasi cadere sulla veranda esterna. Appena fui sicuro di non sbattere la faccia a terra, rialzai lo sguardo verso di lui, ma il suo sorriso era sparito.

Felix

Sentii la porta aprirsi di nuovo e pensando che fosse la proprietaria di casa mi girai raggiante verso la veranda.

Seguì un attimo di silenzio in cui io non capivo chi effettivamente ci fosse sulla soglia: vedevo una sagoma decisamente più alta di quella della signora che mi aveva accolto pochi minuti prima, ma non riuscivo bene a distinguere i tratti del viso in quanto fosse abbastanza indietro rispetto alla luce che entrava nella stanza. Poi tutto si fece più nitido, quando la persona in questione sembrò quasi cadere sulla veranda accennando un urletto abbastanza trattenuto.

Quando incrociai il suo sguardo tutto sembrò congelarsi per una frazione di secondo e la mia adolescenza mi passò davanti agli occhi ad una velocità insostenibile. Il mio sorriso sparì lasciando il posto ad un'espressione sorpresa, quasi turbata.
I suoi capelli erano scuri e gli arrivavano fin sotto le orecchie e i suoi occhi avevano una scintilla luminosa al loro interno. Le sue spalle si erano fatte più ampie e la sua figura risultava ancora più slanciata grazie alla camicia bianca morbida infilata dentro a dei pantaloni verde oliva. Era decisamente cresciuto.

Fece un passo in avanti lentamente, come se avesse paura di rompere l'erba sotto i suoi piedi. Lasciai andare un respiro che non sapevo di star trattenendo per prendere tutta la spinta che mi serviva per una semplice frase.
–Ciao.
–Hey...

Quel silenzio che seguì sembrò essere ricco di frasi non dette e pensieri nascosti che pian piano saltavano fuori e apparivano violenti dentro le nostre menti. La domanda 'che ci fai qui' passò subito in secondo piano rispetto alla strana emozione che si faceva spazio nel mio petto mentre lui, con cautela, si avvicinava sempre più, tenendo gli occhi spalancati in quella che pareva un'espressione di meraviglia. Tutto ciò che avevo scritto in quella lettera che tenevo stretta al petto sembrò perdere improvvisamente il proprio significato e la tristezza e delusione che avevo provato cinque anni prima mi sembrarono sciocchezze adolescenziali in confronto al calore che sentivo nelle mie vene in quel preciso momento.

Lui stava tornando verso di me ed io ero fermo ad aspettarlo sapendo che da un momento all'altro mi avrebbe raggiunto.

–Scusa– mi disse subito con voce tremante, una voce più bassa di quella che ricordavo probabilmente anche dovuta alle emozioni che sapevo stesse provando anche lui.

Scossi violentemente la testa in senso di disapprovazione mentre qualche lacrima di malinconia solcata le mie guance. Aprii le braccia e le incrociai dietro alla sua schiena, approfittando di quell'attimo magico che non sapevo mi mancasse così tanto.

–Ho una lettera per te.– dissi dandogliela con le dita che a tratti tremavano.
–Abbiamo avuto la stessa idea a quanto pare.
Dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni tirò fuori a sua volta una busta bianca con sopra una F in corsivo. I nostri sorrisi si fusaro insieme, mentre prendevamo le rispettive lettere e non appena aprii il foglio e lessi di sfuggita le ultime parole, mi resi conto che sarebbe tornato tutto come prima. O che, anzi, sarebbe stato tutto meglio di come fosse mai stato.

Fine

Rincorrerti per l'ultima voltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora