Capitolo 2.

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La gabbia

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La gabbia

TW: violenza domestica

Ero appena stata allontanata. No, non solo allontanata... quell'eldiano sconosciuto mi aveva squadrata come se la mia sola presenza bastasse a ripugnarlo!
Da una parte capivo, le mani di noi marleyiani sono zuppe di sangue innocente... ma, dall'altra, ciò m'irritava in profondo: lui non sapeva nulla di me, se non del mio essere marleyiana.

Con una smorfia infastidita, guardai il cielo, a breve il sole sarebbe stato all'orizzonte, mi conveniva tornare a casa per evitare inutili drammi.

Varcai le mura di Liberio, salutando con un cenno le guardie appostate. Ormai sapevano chi ero, non mi fermavano nemmeno più per i soliti controlli: si limitavano a squadrarmi di sottecchi tenendo pigramente le mani negli ampi calzoni delle divise.

Pure gli altri marleyiani mi ripudiavano, questa era la punizione per la mia unica colpa, ossia per non volere divari fra persone di un'unica razza, quella umana.

Appena uscii dal quartiere d'internamento mi diressi dal primo tabaccaio, che per fortuna si trovava a un tiro di schioppo da casa mia.
I miei genitori hanno sempre detestato il fatto che la nostra abitazione fosse così vicina alle mura dentro le quali erano relegati gli eldiani.
Dalle finestre di casa si vedevano nitidamente le alte ciminiere delle fabbriche. A me quella vista rassicurava; loro, invece, storcevano il naso ripetendo "si sente il tanfo di Eldia"... io l'avevo capito che quel fantomatico tanfo era dovuto all'inquinamento, ma mi limitavo a tacere, non m'avrebbero ascoltata in ogni caso.

Casa, per me, non era sinonimo di sicurezza, non potevo esprimere a voce alta la mia opinione e ogni volta che aprivo bocca per dire qualcosa tremavo dalla fifa, nel terrore d'una reazione negativa di mio padre.

- Buonasera. - Esordii, chiudendomi la porta alle spalle.

- Dove sei stata?

Non ho controllato la voce, ero in sovrappensiero. Realizzai, percependo il pungente tono di rimprovero adottato dall'uomo. Non devo essere felice quando torno in casa, se sono felice emergono sospetti.

Ebbi l'accortezza d'indossare una maschera di cauta freddezza prima di rispondere.
- A fare tirocinio nell'ospedale militare, mi serve per il diploma. - Era una mezza verità. Dopo tutti gli anni trascorsi sgattaiolando di nascosto a Liberio, avevo appreso che era meglio mescolare finzione e verità, così era più difficile scovare le bugie.

- Hai addosso la puzza di quella topaia! Non ti pago la scuola di infermieristica per andare a contaminarti.

Ripensai all'eldiano dalla gamba mozzata, Eren Kruger... a come sedeva protendendosi in avanti, al dolore nel suo sguardo e, infine, al disprezzo con cui m'aveva squadrata.
Se lui non se ne fosse andato, schifato dalle mie origini, probabilmente a quell'ora sarei stata ancora da lui: starei udendo la sua profonda voce e cercando le sue iridi verdi in mezzo alla lunga coltre di capelli castani.
Ma io sono un mostro, discendente da altri mostri, e la gioia che m'è concessa provare trascorrendo il mio tempo con gli eldiani è fugace e assai dispendiosa.

Ali di Piombo |𝒜𝓉𝓉𝒶𝒸𝓀 𝑜𝓃 𝒯𝒾𝓉𝒶𝓃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora