III.

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La sveglia suonò puntuale alle 7:00.
Thomas allungò una mano e la spense svogliatamente, sospirando pesantemente. Aveva dormito malissimo, svegliandosi di soprassalto ad ogni minimo rumore. E tutto perché aveva deciso di atteggiarsi scrivendo quell'ultimo SMS provocatorio.
"Che diavolo mi è saltato in testa," pensò, stropicciandosi gli occhi, "ora penserà che mi piace ricevere complimenti di quel genere."
Ma, effettivamente, era la verità.
Il fatto che Newt si sentisse in qualche modo attratto da lui non lo metteva a disagio, anzi gli faceva piacere... ed era una cosa a cui si ritrovava a pensare spesso negli ultimi giorni.
Si costrinse ad alzarsi dal letto e a prepararsi per la scuola.
Quando scese di sotto, rimase sorpreso di ritrovarsi Minho seduto al tavolo della cucina, che si guardava intorno con gli occhi sbarrati.
"Cavolo amico, hai una casa grandiosa... Ma i tuoi che lavoro fanno?" esclamò incredulo.
"Minho, che ci fai qui?" domandò Thomas, osservandolo stranito. Si avvicinò al piano cottura e prese un coltello per imburrare un paio di toast.
"Siccome abitiamo relativamente vicini, ho pensato di darti un passaggio. Tranquillo, non sono entrato sfondando qualche finestra... Mi ha fatto entrare tua madre che, a proposito, mi ha detto di dirti che stava andando a lavoro."
"Ah, sì certo. Comunque i miei sono dottori," spiegò l'altro, addentando distrattamente il toast, "sono praticamente sempre in giro per lavoro, per questo ci siamo trasferiti qui... Per la verità è già la terza volta che cambio città."
"Beh, questa volta vedi di mettere radici qui definitivamente. La squadra di atletica ha bisogno di te!" lo prese in giro l'amico, alzandosi e sistemandosi la giacca, "sarà meglio andare, o faremo tardi... I miei non sono ricchi sfondati e io non posso permettermi una ferrari!" scherzò, precedendo Thomas.
La jeep di Minho era particolarmente "vissuta": ovunque si potevano notare graffi ed ammaccature e la vernice in alcuni punti era saltata.
"Era di mio fratello: non sarà un granché ma almeno l'ho avuta gratis" si giustificò lui, mentre prendevano posto.
"Ehi, almeno tu una macchina ce l'hai... Io non ho neanche la patente per ora."
Minho sorrise e mise in moto la jeep, iniziando ad avviarla lungo la strada che portava alla scuola.
"Allora, ieri ti ho visto parlare con una tipetta niente male... Sei qui da meno di due settimane e hai già trovato un amico superlativo e una fidanzata supercarina?"
Thomas si lasciò andare ad una risata, arrossendo appena, "ma che dici, ho parlato mezza volta in tutto con Teresa...Sul fatto dell'amico superlativo, non posso che darti ragione!"
Minho si sistemò meglio sul sedile, inspirando per gonfiare orgogliosamente il petto.
Thomas aveva ormai capito che il suo nuovo amico era particolarmente egocentrico e qualsiasi commento positivo non faceva che alimentare il suo mostruoso ego.
"Sì, beh, comunque devi ammettere che è carina. Mentre ti allenavi non faceva altro che fissarti... Tra i suoi sguardi e quelli di Newt devi esserti sentito parecchio osservato."
Thomas a questo punto arrossì sinceramente, voltando la testa verso il finestrino per cercare di non darlo a vedere.
"Che c'entra Newt, adesso?" borbottò a bassa voce.
"Oh, quindi è così? Ti preoccupano più i suoi sguardi che quelli di una morettina tutta curve?"
Minho lo stava prendendo in giro e la cosa non gli piaceva per niente.
"Non dire scemenze. Sono sicuro che hai visto male... ti sarai sbagliato," butto lì, sulla difensiva, incrociando le braccia davanti al petto.
"Va bene che a volte faccio un po' il buffone, ma non sono cieco..." controbatté Minho, guardando lo specchietto retrovisore per parcheggiare davanti ai cancelli dell'istituto.
"Conosco Newt da più tempo di te, so perfettamente cosa pensa quando guarda qualcuno in un certo modo... E fidati: ieri ti guardava esattamente in quel modo," disse allusivo, mentre spegneva il motore.
"Secondo me hai preso un abbaglio. Forse il sole ti ha cotto il cervello."
Risero entrambi, poi Minho si fece stranamente serio: "Pive, Newt è un bravo ragazzo, ma è un po'... sai."
"...Cosa dovrei sapere?" Thomas aggrottò le sopracciglia, confuso.
"Diciamo solo che ieri, con un campo pieno di cheerleaders coi culi all'aria a disposizione, non è riuscito a toglierti gli occhi di dosso nemmeno un secondo."
Il viso di Thomas si infuocò nel giro di mezzo secondo e, purtroppo, questa volta non poté far nulla per nasconderlo.
"A me questa cosa non crea problemi, insomma," l'asiatico si schiarì la voce, per la prima volta a disagio, "il fatto che a lui non piaccia mangiare i tuberi... se capisci cosa intendo. E' un mio caro amico e lo accetto così com'è."
A questo punto Thomas non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, pregando che Minho non si accorgesse di quanto si sentiva in imbarazzo in quel momento.
"Mangiare i tuberi...?! Seriamente non hai trovato un paragone più carino?"
La portiera di Minho si spalancò improvvisamente e i due ragazzi in macchina sobbalzarono quando si ritrovarono di fronte proprio il protagonista dei loro discorsi.
"Che avete da ridere voi due?" proruppe Newt, guardandoli curioso, "sembrate due che stanno tramando qualcosa."
"Nient'affatto, Newtino. Io e Thomas facevamo discorsi da uomini vissuti sui tuberi."
Newt a quel punto li fissò sempre più confuso, mentre gli altri due si lasciavano andare a una risata convulsa, mentre scendevano dalla jeep.
"Invece di fare gli scemi datevi una mossa, o faremo tardi a lezione," li ammonì.
Thomas poteva percepire chiaramente che Newt si sentiva infastidito per essere stato escluso dal discorso. Nonostante la sera prima avessero entrambi fatto un po' gli spavaldi tramite SMS, ora che si vedevano di persona sembrava quasi che non fosse successo nulla.
"Come sta la tua faccia, Tommy?"
Quasi nulla.
Newt gli rivolse uno sguardo di sottecchi, abbozzando un sorriso che a Thomas parve particolarmente malizioso, tanto da farlo arrossire nuovamente.
"Alla grande... ma immagino che tu lo sapessi già."
Se Newt voleva provocarlo allora lui non si sarebbe tirato indietro.
Dopotutto, gli stava solo rendendo pan per focaccia.
"Sì, me n'ero accorto..." scandì il biondo, lanciandogli un'occhiata di sfuggita.
"Ehi voi due, smettetela di punzecchiarvi. Vi ricordo che ci sono anche io: fare il terzo incomodo non mi è mai andato a genio," sbuffò Minho, passando un braccio attorno alle spalle di Newt e l'altro attorno a Thomas.
"Minho smettila di fare il buffone," lo riprese Newt sorridendo, "noi non..."
"Newt, dovrei parlarti."
Il gruppetto si voltò verso la voce: accanto a loro stava camminando Alby, i muscoli tesi sotto la maglietta a maniche corte, la faccia contratta in direzione di Newt. Il suo sguardo, però, era fisso su Thomas.
"Alby! Ehm, ok ma tra poco inizieranno le lezioni..." rispose indicando l'ingresso della scuola a mo di scusa.
"E' una cosa importante. Dai, seguimi."
"E va bene, se proprio non puoi aspettare... Ragazzi, ci vediamo dopo" mugugnò Newt, allontanandosi da loro e seguendo il ragazzo di colore.
"Brutta storia..." borbottò Minho, e Thomas si girò a guardarlo aggrottando la fronte, confuso.

Newt entrò di corsa in aula quando la lezione era già iniziata da circa dieci minuti. Sembrava particolarmente accaldato e non appena prese posto, si arrotolò le maniche della camicia in modo sbrigativo fino quasi alle spalle.
Thomas lo osservò cercando di non farsi notare. Non aveva mai dato peso all'apparenza fisica e non si era mai soffermato particolarmente ad osservare il corpo di Newt, ma ora che lo guardava meglio stava notando piccoli particolari che gli erano sfuggiti: il ragazzo aveva un fisico asciutto e slanciato, ma allo stesso tempo le braccia erano muscolose al punto giusto e ben proporzionate; la pelle chiara metteva in risalto i suoi occhi scuri e i capelli biondicci sembravano quanto di più soffice esistesse al mondo.
Lo stava fissando così insistentemente che non si accorse subito del fatto che Newt contraccambiava lo sguardo. Il suo modo di guardarlo però era diverso: non si limitava ad osservarlo innocentemente, sembrava più che altro stesse ammiccando nella sua direzione, con un sorriso sbilenco stampato in faccia.
Thomas abbassò di colpo gli occhi sui suoi appunti, fingendosi tutto ad un tratto interessatissimo alla lezione.
Probabilmente chiunque, se lo avesse guardato in quel momento, avrebbe potuto capire che era dannatamente eccitato.

Per tutta la mattina, Thomas non riuscì a concentrarsi sulle lezioni. I prof davano aria alla bocca ma lui non afferrava neanche una parola di quello che dicevano. Così decise di saltare l'ultima ora e di andarsi a rintanare in infermeria, convinto che tutta quell'agitazione non poteva essere solo causata dal suo compagno di banco.
Era riuscito a svincolare le domande preoccupate di Minho e si era infilato dentro l'infermeria che, a quanto sembrava, era completamente deserta: persino del supervisore non c'era traccia.
Il ragazzo quindi prese posto in uno dei letti e tirò attorno di sé la tenda che fungeva da separè.
"Finalmente un po' di tranquillità" pensò sdraiandosi.
Ma che diavolo gli era preso?
Non si era mai preoccupato della sua sessualità e ora, di punto in bianco, Newt - e il suo corpo, facevano capolino nella sua mente circa duecento volte al minuto.
Sospirò pesantemente e si portò le mani al petto, inspirando profondamente.
Doveva darsi una calmata.
Oltretutto non sapeva nemmeno se Newt era seriamente interessato a lui.
Nonostante tutte le parole di Minho e l'sms della sera precedente, Thomas aveva capito che tra il biondo e Alby c'era qualcosa e non avrebbe voluto farsi illusioni per niente. Quella mattina, quando lo aveva preso in disparte, di cosa avevano parlato? Newt era arrivato a lezione in ritardo e sembrava aver appena corso una maratona...
Mentre rimuginava su queste cose senza riuscire a venirne a capo, la porta dell'infermiera si aprì di scatto e un'ombra comparve sulla soglia. Nonostante il separé non gli permettesse di vedere nitidamente la figura, Thomas riuscì a distinguere Newt.
"Tommy?" domandò con voce roca, richiudendosi la porta alle spalle, "tutto bene? Minho mi ha detto che eri qui..."
Thomas si alzò a sedere di scatto e spostò la tenda, per guardarlo meglio, "sì, mi gira solo un po' la testa ma sto bene."
"Bugia. Volevo prendere un po' le distanze da te e da quello che inizi a rappresentare per me," pensò colpevolmente.
"Sicuro?" il biondo si avvicinò e prese posto accanto a lui, sedendosi sul letto.
"E' da sta mattina che ti comporti in modo strano... Beh, da ieri sera, veramente."
Lo stava facendo di nuovo!
"Veramente, non sono io quello che provoca," controbatté, incrociando le braccia come un bambino che fa i capricci.
"Provocare è nella mia natura... Sinceramente non pensavo fosse anche nella tua, quando ti ho scritto quel messaggio."
Gli sorrise malizioso, appoggiandogli una mano sul ginocchio, con Thomas che lo osservava sotto pressione.
"Diciamo che mi è venuto naturale..." si giustificò deglutendo, sempre senza perdere di vista la mano di Newt, che però sembrava rimanere immobile.
"Anche questa mattina ti è venuto naturale mangiarmi con gli occhi?" lo punzecchiò, ridacchiando sommessamente.
In un moto di imbarazzo, Thomas si sottrasse al tocco di Newt e si girò a pancia in giu, dandogli le spalle, "Non so di cosa tu stia parlando. Se non ti dispiace, ora vorrei riposare."
"Come vuoi Tommy," gli concesse lui, alzandosi, "beh, ci vediamo allora..."
Quando Newt uscì, Thomas si lasciò finalmente scappare un sospiro di sollievo e si accorse di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo.
Tra poco si sarebbe alzato e sarebbe tornato semplicemente a casa, cercando di dimenticare l'accaduto.
Ma aveva come l'impressione che non si sarebbe dimenticato facilmente dell'erezione che aveva cercato di nascondere a Newt sdraiandosi a pancia in giù.

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