Roma

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- Quel ventuno di agosto,  dovevamo andare tutti a cena da mia zia che abitava dalle parti di Piazza dei Sanniti; volevamo festeggiare il compleanno di mia sorella, seppure con un giorno di anticipo, con mio cugino Giacomo e zia Francesca. Elisa era uscita dall'albergo verso le diciassette per acquistare qualche regalino per le amiche. All'epoca non esistevano i cellulari. Eravamo d'accordo di vederci tutti alle diciannove e trenta dalle parti di San Lorenzo ma Elisa, a quell'appuntamento, non arrivò mai.

- Mi faccia capire, io sarei l'ultima persona che l'ha vista in vita?

- Probabilmente sì, per questo motivo le ho chiesto di raccontarmi tutto quello che ricorda di quella sera. Ma... un momento!

Marina avvertì un brivido nell'udire quella frase. Freddo nelle ossa, una sensazione di gelo. Subito non si era resa conto di quanto Alessandro avesse affermato. I suoi occhi divennero due fessure taglienti.

- Come sarebbe l'ultima persona che l'ha vista in vita! Che cosa ha fatto a mia sorella?

Alessandro tornò a sedersi. La testa fra le mani, il volto pallido. Si immerse in un silenzio cupo, un alone di disperazione lo avvolse. Tra loro scese una tensione intrisa di mille domande. Marina non sapeva esattamente cosa chiedere, tanto si sentiva sbigottita, attonita da quella confessione buttata lì, quasi per caso. Di Elisa, da quel lontano giorno, la famiglia non seppe più nulla.

 Alessandro, forse tradito dal tempo trascorso, aveva, di fatto, ammesso di essere stato l'ultimo ad avere visto Elisa VIVA. A quell'episodio drammatico i familiari non si erano più ripresi. Il padre di Marina morì dopo due anni dalla scomparsa di Elisa, probabilmente di crepacuore; sua madre lo raggiunse l'anno successivo, anche lei divorata da un altro immenso dolore. Marina stessa, a seguito dei tragici avvenimenti, aveva avuto una terribile depressione da cui ne era uscita grazie a corpose e costose sedute dallo psichiatra.

- Adesso deve parlare, deve dirmi tutto! Ora capisco il suo bisogno di venire fin quassù!

L'uomo, sempre più attanagliato dai sensi di colpa, stava seduto rigido, il viso cereo lasciava trasparire tutta la sua angoscia. L'atmosfera serena di poco prima era svanita, in quella stanza nemmeno il caminetto riusciva a sciogliere il gelo che era sceso tra loro. Marina si sentiva sempre più agitata, gli occhi erano lucidi per rabbia, dolore ma anche delusione. Alessandro non le appariva più come l'uomo affascinante e galante del giorno del suo arrivo. Dopo la confessione lo riteneva un uomo vile. Tutto quello che aveva sempre voluto sapere era lì, di fronte a lei. Gli incubi che avevano minato la sua lucidità mentale si erano materializzati attraverso il dottor Alessandro Alessandrini.

Non resse più lo sguardo di Marina, non poteva più fare finta di nulla, trovò solo il coraggio di dire: " Mi scuso per tutto questo tempo".

A sentire pronunciare quelle parole la donna diventò una furia, scaraventò il piattino con la sua fetta di torta per terra, gettandolo verso di lui. Quella forma di ammirazione, o meglio, infatuazione, provata addirittura solo leggendo la email, si era trasformata in disgusto e rabbia.

- Allora, come sono andate le cose! - Urlò la donna.


Alessandro si schiarì la voce, lo attendeva una lunga notte dedicata a una dichiarazione liberatoria.


- Quando Elisa si allontanò continuai a osservarla; il suo camminare era grazioso, la gonna dell'abito svolazzava attorno alle sue gambe abbronzate. Pochi attimi prima di staccare lo sguardo da lei, che mi stava dando le spalle, mi accorsi che due ragazzi le si erano avvicinati. Uno lo conoscevo bene, eravamo compagni alle medie e già allora si comportava come un piccolo delinquente, l'altro, mi era capitato di medicarlo al Pronto Soccorso qualche settimana prima. Era arrivato accompagnato da due carabinieri dopo essere stato arrestato per rissa in un locale malfamato di Trastevere. Aveva una profonda ferita da taglio sul collo che per poco non aveva reciso la carotide. Il giorno dopo lessi sul giornale che il ragazzo era un tipo pericoloso, già condannato diverse volte per istigazione alla prostituzione, spaccio di droga, sequestro di persona e violenza sessuale.

Alessandro iniziò a camminare nervosamente su e giù per la stanza. Non sapeva se raccontare fino in fondo, non sapeva come avrebbe reagito Marina. In fondo aveva taciuto tutto quel tempo, poteva continuare a farlo ancora.

- E poi? Lei non ha fatto nulla? Non è corso da mia sorella per avvisarla del pericolo, per cercare di salvarla? Che cosa ha visto? Dove sono andati?

- Io... io, no. Non ho fatto nulla. La paura di essere coinvolto, il timore per la mia carriera non mi fecero muovere un passo. Ero giovane, da poco avevo iniziato un periodo di prova presso il Policlinico Gemelli. Rimasi immobile mentre assistevo al... al...  rapimento di sua sorella.

- Cooosa? Elisa è stata rapita?

- Sì, quei due loschi individui l'hanno caricata con la forza in auto. Ricordo anche il modello, la marca, memorizzai il numero di targa che scrissi su una banconota.

- Ma perché non è andato alla polizia, aveva anche il numero di targa! Come ha potuto lasciare che la portassero via!

- Mi sono comportato da vigliacco. Lo ammetto.

- Mio Dio, non ci posso credere! Come ha potuto non fare nulla di fronte al rapimento di una ragazza! Come ha potuto, lei è un...un...

Era fuori di sé. Con un urlo disperato gridò: "E con quale coraggio si è presentato a casa mia! Con quale coraggio, me lo dica!"

- Perché sono trent'anni che ho questo peso sul cuore, non voglio morire con questo rimorso, sono venuto qui, per chiedere scusa e...

Alessandro estrasse dal portafogli una banconota da cinquemila lire.

- E per darle questa.


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