L'uscita

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Guardavo fuori dalla finestra. Davanti a me cadevano i fiori dell'arancio che avevamo in giardino. Erano così belli, sembravano delle fatine vorticanti e... "Lucy! Lucy! Ti vuoi svegliare?"
La faccia rattrappita della mia insegnante di scienze della terra mi fissava severa. Era davvero una noia ascoltare quelle lezioni, inoltre non potevo nemmeno lamentarmi del fatto che sgridasse solo me perché, beh, insegnava SOLO a me. "Oh, Lucy, devi concentrarti! Non riusciremo mai a finire il programma in tempo se continui a distrarti! Non abbiamo molto tempo!"
Era proprio questo che mi distraeva. E che mi rendeva così felice. Presto non avrei più avuto bisogno di quelle ore passate a studiare scienze e tutte le altre materie che studiavo da anni ormai. La professoressa uscì seccata alla fine di quell'ora e io mi alzai. Le sessioni di studio avvenivano in biblioteca, che era luminosissima e piena di libri.

Passai un dito sui libi che erano appoggiati ordinatamente sugli scaffali. Avevo deciso che avrei portato con me cinque libri di narrativa e la saga di Harry Potter, da cui non potevo separarmi. Presi i libri e li portai nella mia camera. Li misi insieme alle altre mille cose dentro la grande valigia rossa. L'eccitazione mi percorse come una scossa elettrica. Presto sarei uscita!

Fin da quando ero nata i miei genitori mi avevano cresciuta nella nostra grande villa, senza mai lasciarmi uscire, per paura di quello che mi sarebbe potuto succedere. Ma questa sera, quando sarei diventata maggiorenne a tutti gli effetti, avrei varcato il grande portone che segnava il confine della villa e avrei iniziato la mia avventura alla scoperta del mondo. Ero prontissima: avevo letto un sacco di libri su come comportarsi in città, quindi non avrei avuto problemi. Inoltre avevo già programmato gran parte del viaggio. Dopo essere uscita, avrei camminato fino alla fermata dell'autobus, poi avrei preso il primo che passava e mi sarei lasciata trasportare fino a una città. Li avrei pagato una stanza di un albergo, avrei dormito e il giorno dopo sarei andata in giro per visitare la prima città che vedevo dal vivo. In fondo sapevo già tutto sulle città. Avevo letto un sacco di libri sulle città principali dell'America. New York, Washington, Los Angeles! Magari le avrei pure visitate! "Lucy, posso entrare?"
Nella mia stanza apparve mia madre. Mi guardava con una faccia da cagnolino bastonato da quando avevo detto a lei e a papà che avrei lasciato la tenuta. All'inizio si era opposta, ma vedendo la mia determinazione mi aveva augurato buona fortuna e si era data da fare per aiutarmi, senza però nascondere la sua preoccupazione. Penso che in fondo se l'aspettasse, mia mamma in fondo mi aveva prestato tutti quei libri sulle città del mondo e mi aveva spiegato il tragitto da fare. Sentivo che mi sarebbe mancata, come del resto mio padre. Ma non potevo più restare chiusa lì dentro. "Tieni, ti abbiamo comprato un cellulare e una carta di credito, inoltre questo è un portafogli, ci sono dentro banconote di piccolo taglio..."
"Grazie mamma, erano le ultime cose che mancavano alla lista!"
"Oh, Lucy! Sei sicura di volerlo fare?"
Ormai mi faceva ogni giorno quella domanda, nella speranza che cambiassi idea
"Mamma...devo farlo, capisci? Voglio vedere il mondo!"
"Ma tesoro, il mondo non è sicuro per te! Io e tuo padre ti abbiamo sempre protetta, ma là fuori...potrebbe succederti di tutto!"
Cosa sarebbe mai potuto succedere? Il mondo era un posto sicuro, c'erano le forze dell'ordine, chi mai avrebbe avuto un motivo per farmi del male?
"Tranquilla, starò bene!" e le feci un gran sorriso. Lei mi accarezzò i capelli e disse: "Va bene...ma se dovessi avere un qualsiasi problema o volessi tornare a casa chiamami, va bene?"
Non sarebbe successo, ma risposi che l'avrei fatto. Misi anche cellulare e carta di credito nella valigia, mentre inserii il portamonete nella borsa che mi sarei portata insieme al resto. Fatto questo non potei resistere al guardarmi allo specchio. Per l'uscita avevo optato per uno degli abiti più sportivi che avevo: un morbido vestito bianco che arrivava al ginocchio, con le spalline sottili e una cinturina in pelle all'altezza della vita. Non avevo messo alcuna collana, anche perché portarle mi dava fastidio. Rispetto a come descritto nei libri di anatomia in "Crescita Umana: Come crescono i ragazzi dai 10 ai 30 anni" ero appena sotto la media statura, e più minuta della maggior parte delle ragazze. Avevo lasciato i capelli sciolti. Arrivavano fino alla vita, terminando in dei piccoli boccoli ancora più biondi dei miei capelli, che già erano di color platino. Mi facevano il viso più affilato, ma mi piaceva così. Il tutto mi pareva che si sposasse con la pelle di porcellana (mia mamma diceva che era così, ma secondo me ero solo pallida) e gli occhi azzurri. Mi piaceva il mio corpo, il maestro di yoga mi aveva spiegato che l'importante era amare sé stessi, ed avevo seguito i suoi insegnamenti.
Guardai l'orologio. Erano già le cinque e mezza! Mi spazzolai i capelli, mi lisciai il vestito, ricontrollai per l'ennesima volta la valigia e scesi le scale. All'entrata principale mi aspettavano tutti gli inservienti della villa e i miei genitori. Passai davanti ad ognuno di loro. Alcune domestiche erano in lacrime, altri maggiordomi cercavano di tenere un certo contegno. Erano così dolci, volevo bene a tutti loro. Li salutai uno per uno, fino a giungere ai miei genitori. Vederli mi strinse il cuore. Piangevano entrambi. Non avevo mai, in tutta la mia vita, visto i miei genitori piangere. Erano sempre così composti. Non riuscivano nemmeno a parlare. Per un attimo pensai di mandare a monte tutto, di rimanere con loro, di sedermi nel nostro salotto ed essere felici insieme per sempre. Ma non era quello che volevo. Sentivo che c'era qualcosa, qualcuno là fuori che aspettava solo me. Dovevo andare.
Ci abbracciammo stretti, fra le lacrime. Poi con un filo di voce mi augurarono buona fortuna ed uscii dalla porta. Mentre camminavo nel vialetto centrale mi guardai intorno. Mi chiesi se e quanto questo posto mi sarebbe mancato. Cercai di osservare tutto attentamente, come per farlo rimanere impresso per sempre nella mia mente. L'odore degli aranci mi entrò nelle narici e mi stregò. Sentivo il peso della valigia. Non ero molto abituata a fare sforzi. I miei pensieri si accavallavano l'un l'altro, affollandomi la mente.
Ma quando giunsi davanti al grande portone in ferro, che sanciva l'uscita dalla villa e l'entrata nel mondo, non pensai più a nulla.
In lontananza una campana suonò le sei.Ero ufficialmente maggiorenne.
Spinsi il portone e mi incamminai verso la strada. Senza sapere perché, lanciai un grido di gioia. Ero fuori. Ero libera. La mia avventura cominciava.

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