La band

202 13 3
                                    

Mi svegliai ancora totalmente assonnata. Non avevo affatto dormito bene, su quei cuscini fin troppo morbidi e quelle lenzuola ruvide. Inoltre, ero rimasta tutta la notte a rimuginare su quello che mi aveva detto Josh. Non era affatto vero che nessun libro insegna a vivere.

Mi alzai, pronta a ricominciare il discorso con lui. Troppo tardi, purtroppo, mi accorsi di essere uscita dalla stanza coperta solo da una vestaglietta, così mi ritrovai di fronte Josh...in mutande. "EEEEEEEK!" Urlai correndo nella mia stanza, sbattendo la porta e accasciandomi sul muro più vicino. Ero davvero scioccata. Oltre al primo pensiero di totale imbarazzo, però, mi venne in mente anche un'altra cosa...Josh aveva davvero un corpo stupendo, a torso nudo stava benissimo e...NO! Ma a cosa stavo pensando?

La voce di Josh mi strappò ai miei pensieri: "Hey, non essere così timida! Non hai mai visto un ragazzo in mutande?"
"Lo sai benissimo che la risposta è no!" Urlai. Lui rise, di una risata cristallina e pura, una di quelle risate contagiose, che ti riempiono il cuore. "Se ti dà tanto fastidio mi impegnerò a ricordarmi di vestirmi ogni mattina! Ora mettiti qualcosa addosso anche tu e vieni a fare colazione. A proposito, ti va bene un caffè?" Se era possibile, arrossii ancora di più. Rimasi in silenzio per qualche istante, cercando di ritrovare la calma e risposi: "Hai un cappuccino?"
"Certamente! Sbrigati adesso, fra cinque minuti sarà pronto!"

Mi misi un vestito rosa con una gonna lunga, completamente ricoperto da pizzi. Poi uscii in cucina (o salotto, o entrata, o sala da pranzo, che appartamento piccino!) e trovai Josh con addosso una maglia azzurra e dei jeans(evidentemente anche lui si era cambiato) intento a servire due tazze di liquido fumante e un piatto colmo di biscotti.

Iniziai a bere il mio cappuccino e sentii una sensazione strana...alzai gli occhi e vidi Josh che mi stava fissando. "Due cose" Disse: "Primo, oggi ti presento una mia amica e andrete insieme a comprare dei vestiti che non ti facciano sembrare una dodicenne fuori luogo. Secondo, sai che sei davvero carina quando arrossisci? Ecco, proprio come adesso!" E rise di nuovo. Nonostante fossi davvero in imbarazzo per quello che aveva detto, al tempo stesso quel complimento mi fece sentire così felice...non mi spiegavo cosa stesse succedendo.

"Allora! Ti ho promesso che ti avrei fatto provare ogni cosa della vita, però ho anche io bisogno di mantenermi! Quindi oggi ti porterò a vedere il mio posto di lavoro...se vuoi chiamarlo così!"
"Come? Non ci saranno problemi con il tuo capo?" Mi avevano sempre insegnato che in un posto di lavoro, come nella vita, c'erano regole che andavano rispettate, ma Josh mi rispose sogghignando: "Non ho un capo! Io suono in una band!"
"E che tipo di musica suonate? Classica? Folk? Jazz?" Lui sospirò: "Siamo un gruppo pop-rock. Mi aspettavo che non ti avessero mai spiegato che cos'è. Ma oggi sentirai della vera musica, baby!" Detto questo fece l'occhiolino e alzò due dita della mano destra, indice e mignolo. "Conosco ogni strumento e genere musicali!" Incalzai: "Conosco anche il pop e il rock! Ma mi hanno detto che è una musica suonata da dei ragazzini che non sanno suonare!" Josh mi ha raccomandato di non trascrivere le due parole che disse dopo, perché sono molto brutte e potrebbero urtare la sensibilità di alcuni lettori. Dice comunque che è più o meno quello che si urla quando si sbatte il mignolo sul comodino in piena notte. Regolatevi voi sul significato di queste parole, io non ho ancora capito!

Dopo la colazione, uscimmo dall'appartamento e iniziammo a muoverci per le strade di Victorville. Il sole splendeva in cielo ed era davvero abbagliante. Cercai di tenere a mente il percorso che stavamo facendo, ma venni distratta dall'osservazione della città e del mondo che mi circondava. Dopo così tanto tempo passato a non uscire, ogni cosa era entusiasmante.

A un certo punto ci fermammo davanti a una specie di garage, solo che la saracinesca era completamente ricoperta da disegni dai colori accesi, raffiguranti una chitarra elettrica, un basso, una batteria e un microfono, con al centro la scritta "The Skylines". "Che te ne pare?" Disse fiero il mio amico: "I graffiti li abbiamo fatti noi!" Non risposi, troppo estasiata da quei graffiti, come li aveva chiamati lui. Chissà perché non li avevo studiati in storia dell'arte! Josh aprì la saracinesca che rivelò un piccolo locale dove alloggiavano i quattro strumenti del graffito, due dei quali (batteria e basso) erano occupati da altrettanti ragazzi.

"Ragazzi, questa è Lucy! Lucy, loro sono i ragazzi!" Il primo giovane, che aveva uno sguardo sbarazzino e dei capelli nero corvino in completo contrasto con gli occhi color ghiaccio, tanto chiari da sembrare bianchi, mise giù il basso che portava fino a poco prima e si avvicinò dicendo: "Abbiamo dei nomi e siamo due entità separate, sai Josh?" E facendo un inchino davanti a me, prendendomi una mano e baciandola, parlò in modo pomposo: "Sir Lucas della contea di Victorville, lieto di fare la sua conoscenza, madamigella" Mi misi a ridere, mentre Josh quasi sembrava incenerire con lo sguardo Lucas. Volevo chiedergli che problema ci fosse, ma venni interrotta dall' altro ragazzo. Aveva un'espressione piuttosto seria, con dei capelli marroni a spazzola e degli occhi nocciola. "Mi chiamo Phil, piacere".
"Lucy starà da me per un po' di tempo!" Disse Josh, spiegando come ci eravamo incontrati e tutta la situazione.
"Uffa, sempre tu incontri le ragazze carine!" Dichiarò Lucas facendomi l'occhiolino.

Feci un giro per la stanza, mentre i ragazzi accordavano gli strumenti. "Quindi siete solo voi tre nella band?" chiesi, notando che nessuno occupava la postazione del microfono. "No, abbiamo anche una cantante" Esordì Josh: "Ma come sempre..."
"NON SONO IN RITARDO!"

Una ragazza dai capelli biondi ramati e una miriade di lentiggini era appena entrata di corsa nella stanza. "Non...sono...in...ritardo..." Ripeté ansimando. Aveva una salopette in jeans logora, una maglietta a mezze maniche arancione e delle scarpe da ginnastica. Era un personaggio piuttosto strano.

Alzò lo sguardo su di me, rivelando due occhi dalla tonalità dorata: "Josh, da quando in qua hai comprato una Barbie a grandezza naturale? Guarda che magrina! Mangi abbastanza o sei una di quelle modelle che si riempiono la pancia con una foglia di insalata?" La guardai, stralunata e sorpresa da tutta quell'espansività.
"Il fabbisogno calorico giornaliero per una persona della mia età è di minimo 2500 calorie al giorno" Precisai, ricordando le letture sui libri di nutrizione: "Mentre un'insalata ne ha meno di 200, è impossibile che una sola foglia sfami qualcuno!" Tutti mi guardarono allibiti, poi la ragazza riprese: "Hai persino un'enciclopedia incorporata! Amico, ma dove hai trovato questa qui?"

Josh sospirò sorridendo. I suoi occhi erano color verde bottiglia ora. "Spero tu ti sia resa conto che non ti sei nemmeno presentata..."
"Oh, giusto! Sono Samantha, per gli amici Sam!" Mi rivolse uno sguardo incoraggiante, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. "Quindi io come posso chiamarti?" Chiesi intimorita. Volevo davvero essere amica di quella ragazza, sembrava sprizzare energia da ogni poro. "Vedremo" Disse seria. Poi mi fissò per qualche secondo e si mise a ridere: "Daaaii, scherzavo! Ovvio che mi puoi chiamare Sam!"

Per la seconda volta in un'ora Josh rispiegò come ci eravamo conosciuti e perché sarei rimasta a vivere da lui. Samantha disse che le sembrava tutto molto divertente, anche se sentii qualcosa di infastidito nella sua voce. In ogni caso accettò di buon grado di portarmi a comprare dei vestiti nuovi, così ci avviammo fuori. Da quel momento, come per un tacito accordo, diventammo amiche per il resto della nostra vita.

Nessun libro insegna a vivereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora