Orgoglio.

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Oliver,
quante volte ho ricevuto le tue lettere, bagnato pagine intere di lacrime perché tu non mi lasciavi andare. Eppure, ironia della sorte, a rovinare tutto non sono stato io con la mia fanciullezza, ma tu con la convinzione che sarebbe stato tutto passeggero. Forse eri abituato a quella realtà, dove tutto era facile da ottenere ed io sembravo una sfida. No, mi illudo di questo, so di essere stato una preda facile come molte altre, come la tua stessa moglie mi viene da pensare. Ad essere difficile eri tu, lo sei sempre stato. Sai, illusioni a parte io credo che tu mi abbia amato. Forse sono state le troppe volte in cui mi hai scritto quei "ti amo", quelle tenere parole che avrei preferito sentir uscire direttamente dalla tua bocca, non vedere stampate su carta. Forse non mi hai mai amato davvero ma te lo sei ripetuto così tante volte da convincertene, perché per quanto sei complicato so di non poter escludere nulla. Ma io ti ho amato, e a distanza di tanti anni ancora ti amo. Credo che sia finita, per me, dal momento in cui t'ho visto scendere da quella macchina, con la tua camicia azzurra e quel modo di fare maleducato, almeno ai miei occhi. Perché l'amore mi ha consumato, ridotto all'osso, e nella mia mente non c'è mai stato spazio per altro, oltre che per te. C'è poco da fare, mi sono condannato da solo e tu hai tratto vantaggio da questo, chissà se è stato divertente. Eri così enigmatico, non dubito del fatto che se fossi rimasto qui, con me, o comunque in Italia ti saresti rivelato impossibile da comprendere in tutto e per tutto. O forse sei stato sempre così tanto facile da comprendere da lasciare confusi tutti, me per primo.
Avrei potuto vederti come un libro aperto ma dal contenuto pressoché impossibile da decifrare, perché gli unici segnali che mi mandavi dovevo recepirli per forza da piccoli gesti apparentemente insignificanti - diciamocela tutta, chi mai avrebbe avuto il coraggio di pensare che in base al colore dei tuoi costumi da bagno cambiasse il tuo stesso umore?
Chissà se pensavi al fatto che prima o poi ti avrei risposto a quella lettera, magari evitando il contenuto delle precedenti. Sei stato più chiaro, quella volta, è un complimento che mi sento in obbligo di farti: ma abbiamo sbagliato troppe volte, non potevamo concederci il lusso di una vita insieme, non con tua moglie e i tuoi bambini.
Questa sarà la prima e ultima lettera che ti scriverò, è passato troppo tempo dalla nostra gioventù, da quegli anni che sarebbero dovuti essere d'oro, ma che tu mi hai rovinato. Anni diventati spiacevoli, un continuo annegare nell'amore che provavo - che provo - nei tuoi confronti, sabbie mobili o catrame dal quale non sono mai riuscito a sfuggire. La parte più spiacevole della nostra storia non è stato il primo addio, ma occuparsi della lettura di quella lettera, spedita troppo tardi. Perché non l'hai mandata prima? Perché hai lasciato che lei fosse costretta a farlo? Il letto di morte non è una giustifica adatta, perché hai avuto anni, e anni e anni ancora per poterlo fare, continuando a rimandare. Nemmeno sarebbe dovuta arrivarmi, per quanto era ingiallita la carta probabilmente ci hai rinunciato appena dopo averla scritta, senza buttarla solo perché parte dei pochi ricordi che avresti avuto di me. La mia mente, il mio spirito, t'ha sempre fatto da ombra, la cosa non cambierà mai, ma cos'è immateriali come queste quanto valgono? Non potevi saperlo, forse nella tua testa si sarebbe spaziata l'idea di essere stato dimenticato, ma mio padre ha evitato che questo accadesse. Ti ha raccontato cose che non ti avrei detto, forse ha alimentato il tuo stesso ego.
Perché è vero: ho provato a dimenticarti, ho fallito. Forse se mi fossi trovato nei tuoi panni avrei potuto sfuggire a tale sofferenza, e a quel punto a soffrire saresti stato tu, o qualcun altro. Eppure, se devo credere ad ogni singola parola da te scritta, hai sofferto della mia mancanza almeno un terzo di quanto ho sofferto io, e mi va bene. So accontentarmi, riconosco che non è poco, non per te.
Come mi permetto di apostrofarti quando dovrei solo compiangerti? Sono troppo vecchio per le prediche, ma non per piangerti, perché non ho mai smesso di farlo e mai lo farò. Vorrei poter venire da te, in America, nella terra che avrebbe dovuto dare felicità non solo agli altri, ma anche a noi, la stessa terra che ci ha separati completamente. Ma non posso, ed anche se ne avessi la possibilità con che coraggio dovrei presentarmi davanti la donna che ti ha amato, che ha avuto la premura di inviarmi questa tua lettera, e forse anche le precedenti? Credo che lei fosse più consapevole della nostra sofferenza reciproca di quanto non lo fossimo noi, anzi: ne sono certo.
Ti amo, non ho mai smesso di farlo, come mai smetterò di odiarti per la tua mancanza di coraggio. Hai negato ad entrambi una vita felice, mi hai riempito di menzogne, e forse ti avrei perdonato se tu avessi avuto almeno il coraggio di mandarmi quella lettera, prima di morire.
Fino alla fine sei stato quello che ho conosciuto in Italia, nella villa di famiglia che avevamo, fino alla fine sei stato misterioso, incomprensibile, forse anche egoista, orgoglioso.
Ma sarò sempre Elio,
il tuo Elio.

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