Capitolo 1: La furia della mantide

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Sotto Kabukicho in assoluta segretezza vi c'è un'arena. Ma non una semplice arena. Ma l'arena che tutti coloro che amano la lotta, le arti marziali e la violenza vogliono vedere almeno una volta nella vita, perfino combattere in questo loro paradiso. Non c'è alcun montepremi o ricompensa se decidi di combattere; entri nell'arena, dici di voler combattere, aspetti il tuo turno, vai lì e buona fortuna. Qui non ci sono ne regole negli scontri ne limiti di tempo. Si possono dare calci nelle palle, cavare gli occhi con le dita, rompere tutte le ossa dell'avversario e persino staccare le dita a morsi, l'unica regola è che non è concessa nessun tipo di arma, neanche la più piccola. L'arena non si prende le responsabilità sui feriti o sui morti. L'unica ricompensa è l'onore di essere considerato il miglior combattente dell'arena.

Ad onore del vero, sebbene ci vanno spesso gente di malaffare (come mafiosi, criminali piccoli o grandi etc.), si può trovare anche una percentuale di gente normalissima (anche non molto interessata alla violenza) che ha sentito di questo posto ed ha capito come entrarci e vuole semplicemente vedere questa famigerata arena. Anche se sono i primi a sentirsi male quando vedono un tizio che stacca a cazzotti la mandibola di un altro tizio. Avvolte vorrebbero dire alla polizia di questo posto, ma per fortuna/sfortuna a gestirlo è un clan mafioso (il clan Shibusawa) che non vuole far sapere di questo posto. Il clan guadagna i soldi tramite le scommesse che si fanno in questo posto e una tassa per vedere gli scontri, per questo ha l'interesse a mantenere quest'arena.

Come al solito nell'arena c'era un sacco di gente che esultava ed aspettava uno scontro. I combattenti erano scelti casualmente da una persona che entrava in una stanza che doveva essere uno spogliatoio (in realtà era una stanza poco pulita con pochi posti su cui sedersi e senza doccia. Ma per fortuna niente scarafaggi... Per ora), prendeva due combattenti a caso e gli diceva di prepararsi per lo scontro. I combattenti potevano pure dire il loro 'nome d'arte, così che colui che va a scegliere chi dovrà combattere può dirlo ai commentatori per poterli chiamare così. I commentatori oltre che fare il lavoro di commentatori avevano il potere di far iniziare uno scontro o finirlo quando lo ritenevano opportuno. I combattenti potevano pure offrirsi per combattere o sfidare qualcuno se volevano, poi dipende da chi sceglie i combattenti se accontentarli o meno.

Nel frattempo Tamao, Kazuho e Koichi finalmente avevano raggiunto l'arena dove si combatte. I tre per arrivare prima avevano preso la via delle fogne attraverso il primo tombino in una zona con poca gente che videro appena entrati nel quartiere. Era una soluzione abbastanza estrema, ma dovevano arrivare il prima possibile lì. "Appena in tempo" sospirò tranquillizzato Koichi mentre stava poggiato con un braccio ad una parete li vicino. "Noi dobbiamo andare" disse Kazuho dando una pacca sulla spalla a Koichi, "Anche io, devo andare allo spogliatoio" disse Koichi staccando il braccio dal muro. "A dopo allora" disse Tamao salutandolo con la mano. Il giovane ricambiò il saluto e si diresse da un'altra parte.

Intanto lo spogliatoio era pieno di gente. Erano tutti combattenti che aspettavano il loro turno per combattere. Erano molti, con corporature diverse, altezze diverse e fisici più o meno atletici. Erano per lo più uomini o giovani, ma incredibilmente c'era una sola ragazza lì dentro (Phoebe), che stava guardando il telefono poggiata su un muro. Su una panchina invece c'era Soga che si rigirava i pollici mentre tambureggiava il pavimento sudicio col piede. Sanji era appena arrivato e iniziò a camminare per lo spogliatoio nell'attesa. Il tizio con la cicatrice in faccia invece era seduto in un angolo in disparte e fumava in tranquillità. Alcuni erano ancora vestiti normalmente (come il tizio con la cicatrice e Sanji), altri invece erano vestiti per l'occasione (Soga indossava una canottiera verde militare e dei pantaloni corti da ginnastica di color grigio, Phoebe invece indossava un top nero che non copriva la pancia e dei pantaloni corti e attillati e alle mani e ai piedi teneva quelle specie di guanti/calzini che non coprono le dita).

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