L'origine del male

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Sollevò le mani verso il cielo, come a volerle tenere quanto più possibile lontane da sé, un corpo estraneo che non riconosceva più. I raggi del sole che filtravano attraverso le dita offendevano i suoi occhi ormai del tutto disabituati alla luce. Venire fuori dall'oscurità dentro cui era scivolato aveva richiesto più di quanto pensasse e lo aveva lasciato quasi del tutto privo di forze, così assottigliato da sentirsi trasparente, inerme, completamente in bilico tra le sue essense e in balia di esse.

Osservò la desolazione che si estendeva tutt'intorno a lui, un vasto campo di corpi falcidiati, spezzati, ormai irriconoscibili. Era stato lui, lui soltanto il responsabile di quella carneficina: lo provavano le sue mani, ancora lordate dal sangue di quegli uomini. Tuttavia, i suoi ricordi erano annebbiati e i suoi sensi erano ottenebrati da quella bramosia di sangue e morte che ancora gli gonfiava il petto e gli riempiva la bocca di saliva.

Molte centinaia, forse migliaia erano caduti quella notte, nel tentativo di porre fine a quello che in molti consideravano un vero e proprio abominio, un oltraggio alla vita stessa, pura stregoneria, ma questo lui non lo avrebbe mai potuto permettere. Alcuni tra gli assalitori di quella notte erano riusciti a fuggire, a quelli avrebbe pensato in un secondo momento. Quell'oltraggio doveva essere vendicato, non avrebbe lasciato impunita tanta arroganza.
Frammenti di ricordi balenavano tra i suoi pensieri, ancora avvolti da una bruma pesante.

«Fatevi avanti!» aveva gridato, sprezzante. «Fatevi avanti, ho detto, miserabili! Chi credete di essere, voi, che venite qui a sfidare me? il signore incontrastato di questa terra!», le ultime parole erano state accompagnate da un ringhio di fondo.

Non aveva ricevuto alcuna risposta se non un urlo unisono che scosse la terra, seguito dal clangore delle armature, che splendevano bronzee sotto il pallido plenilunio.

Reon non aveva avuto un attimo di esitazione e, come aveva fatto mille altre volte prima di quel momento, si concentrò sulle sue molteplici nature evocando a sé la pelle dell'orso. In un batter di ciglia, si tramutò nella bestia. Enorme. Fauci fameliche, zanne acuminate, artigli come lame, muscoli potenti e pelle coriacea sotto un folto pelo grigio-bianco, era quella la forma che aveva deciso di assumere per spazare via quella insulsa marmaglia che aveva avuto la sfrontatezza di minacciare la sua casa, di osteggiare il suo amore.

No, non avrebbero torto un solo capello alla sua sposa, quella creatura così pura, leggiadra, che ora stava attendendo nel folto del bosco per potersi unire a lui, dare vita alla loro sacra unione e coronare, così, il loro sogno d'amore coltivato per più di mezzo secolo. Nulla che degli zotici meschini zappa-terra, arraffa-tutto avrebbero mai potuto comprendere.

I ricordi si stavano facendo più nitidi, a mano a mano che l'essenza dell'orso lasciava spazio a quella umana e il respiro diventava più regolare.

Il primo rugito aveva creato un varco aprendo in due le fila nemiche, come l'onda d'urto di un tuono che si abbatte su un letto di foglie autunnali, e proprio come foglie i primi guerrieri furono spazzati via dal vigore delle sue zampate, un maglio d'acciaio che si scagliava sulla mischia rompendo lo schieramento e seminando paura. Ma l'assalto non accennava a cedere, perciò l'orso fu costretto a dare fondo a tutta la sua magia, la sua ferocia, liberando ogni freno inibitorio e lasciandosi andare alle tenebre della sua furia cieca. Lasciando di Reon soltanto un brandello di coscienza impalpabile.

Un soffio di vento leggero spostò una ciocca dei suoi capelli e soltanto in quel momento, come ridestandosi da un sonno profondo, si accorse del silenzio irreale che lo circondava. Qualcosa di simile lo aveva avvertito soltanto nei suoi sogni. Tese l'orecchio, cercando di sondare l'aria tiepida dell'alba, alla ricerca di un qualunque suono, anche il più impercettibile e distante: nulla. Un brivido gelido gli percorse la schiena, il cuore mancò un battito e i peli dietro al collo si drizzarono ispidi. Reon snudò i denti, ma rimase immobile, incapace, come mai prima, di comprendrere cosa stava accadendo, quali fossero le forze in gioco. Gli occhi gli si iniettarono di sangue, i muscoli si tesero.

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