Il cammino del dragone

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«No!» urlò il dio, «La decisione è presa!». La voce del Padre risuonò come un tuono tra le aule eteree dove la luce del sole donava a ogni cosa un aspetto evanescente. L'eco di quelle parole aleggiò nella sala del Concilio Eterno, perentorio e inamovibile.

«Ma Padre, ti scongiuro! Come puoi?!», Garonne non voleva demordere. Il suo saio di luce risplendeva più di ogni altro in quel divino consesso.

«Non osare sfidare la mia pazienza, Garonne! Tu sei da sempre il mio Figlio prediletto, ma a tutto c'è un limite e tu ti stai inerpicando per una china perigliosa! Attento a te!».

Garonne abbassò lo sguardo, mentre gli occhi del Padre non cedevano di un millimetro e rimanevano incollati su di lui.

«Quelle nobili creature non hanno commesso nessuna colpa per meritarsi questo trattamento da parte tua» affermo Garonne mestamente, quasi sottovoce.

«Il loro tempo è giunto al termine» sentenziò il Padre.

Gli sguardi di tutti i Figli e della Madre rimasero bassi, nessuno osò ribattere alle sue ultime parole. Soltanto Garonne, in piedi alla sua destra, strinse i pugni e tentò un'ultima sortita, sperando di ammorbidire quella posizione così intransigente.

«Permetti loro almeno di potere scegliere. Concedi loro di decidere se abbandonare la loro natura animale e diventare uomini comuni!» disse il giovane dio.

«Non posso permetterlo», affermò il Padre. «La stirpe dei metamorfi dovrà essere cancellata, la loro superbia e arroganza ha valicato ogni limite. Essi si credono simili a noi e disprezzano i loro cugini! Uomini e mutaforma sono figli della stessa natura, creati ognuno con la sua specificità per portare ricchezza e varietà nel mondo. Quella dell'uomo è una razza giovane e inesperta, che avrebbe avuto bisogno di una guida! I metamorfi, invece, hanno preferito abbandonare gli uomini a loro stessi, barricarsi nelle foreste isolandosi e contrastando la nuova specie con tutte le loro forze. Questo è inaccettabile!

«Chi sono loro per mettersi di traverso e ostacolare il frutto della mia creazione, il mio piano divino e immenso? Chi si credono di essere?! Sono, forse, loro degli dei? No, non lo sono! Così, come io ho concesso loro il respiro, adesso glielo negherò, poiché essi hanno offeso me, il loro sommo Padre!».

Garonne sentiva un fuoco bruciargli nel petto.

«Padre, tu conosci il mio rispetto e la mia lealtà nei confronti tuoi, della Madre e dei miei fratelli e sorelle» esordì dopo un lungo silenzio, «Tuttavia, questa volta mi trovo costretto a oppormi a questa tua volontà scellerata!».

Tra gli Eterni si diffuse un grande stupore, nessuno - neppure la Madre - aveva mai osato rivolgersi con tanta sfrontatezza al Padre.

«Osi tu, dunque, sfidare la mia ira?» minacciò il Sommo.

«Se è questo quello che devo, allora sì. Sono pronto a sfidare anche la tua collera!» rispose Garonne, sguainando la sua spada di fuoco.

«E sia!».

Il Padre fece roteare due volte il suo scettro e intorno alle due punte biforcute iniziarono a crepitare fulmini argentei. Garonne si sentì immobilizzato, i piedi piantati sul pavimento di cristallo, la fiamma della sua lama si spense in un soffio, lasciando soltanto un moncherino fatto di elsa e guardia.

Durò un attimo.

I fulmini si scagliarono sul Figlio con tale furia da scaraventarlo indietro. Garonne si sentì pervaso da una scarica che gli sconquassò le ossa. Con un colpo netto le ali gli furono staccate dal corpo e in un istante si dissolsero come polvere scintillante.

«La sentenza è scritta nelle stelle: esilio!» tuonò il Padre.

Sotto Garonne si aprì una voragine che lo risucchiò nell'infinito trascinandolo in un baratro sconosciuto.

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