PROLOGO: L'ULTIMO UOMO SULLA TERRA

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Londra, 21 marzo 2025.

L'asteroide 2001 FO32 colpiva la Terra quattro anni fa.

Oggi posso dire, con assoluta certezza, di essere l'ultimo uomo sulla Terra.

Attorno a me tutto sarebbe calmo e silenzioso, se non fosse per quella creatura.

Ho appena imboccato la via dalla quale ho sentito un frastuono assordante. Perfino da mezzo chilometro di distanza sono stato capace di scorgere la coltre di fumo che si innalza verso l'alto. Guardo verso il palazzo alla mia destra e leggo il nome della via. Per sicurezza, lo ripeto nella mia mente.

Provo a immaginare il suono che la mia voce farebbe per pronunciarlo: "Frith Street".

Mentre avanzo a passo spedito, mi sistemo la maschera. È un dispositivo ormai comune a quelli come me, che era comune a quelli come me. Dalla caduta dell'asteroide, molti sono morti a causa di avvelenamenti da strane sostanze tossiche a noi sconosciute. L'Architetto si è dunque incaricato di progettare dei dispositivi per tenere al sicuro i sopravvissuti, le maschere appunto. Se devo essere onesto, non ne ho nemmeno bisogno. Queste sostanze sono pericolose solamente per coloro che non si sono evoluti e non le hanno assimilate naturalmente. Tuttavia, l'abitudine di celare la mia natura mi porta a indossarla ancora.

Sono ormai arrivato a circa metà della strada, ma un pullman è stato scaraventato nella mia direzione. Adesso mi blocca sia la vista che il passaggio, quindi non mi resta altro che scavalcarlo. Il bus ha il lato sinistro a contatto con l'asfalto e le ruote posteriori mancanti. Ne deduco che sia stato scagliato per sbarrare la strada. Facendo forza sulle mie gambe, spicco un balzo e riesco ad arrivare sull'autovettura. Per un solo momento decido di guardare sotto di me, giusto per essere certo che il vetro non si frantumi dopo essere stato appesantito.

Ecco, però, che il mio sguardo viene rapito dalla creatura situata al termine della strada.

Un "Orrore", così li chiamavamo, delle macchine senzienti che hanno infestato le città sin da quel fatidico giorno. Ne esistono di ranghi e tipi diversi, tutti classificati minuziosamente e a caro prezzo. Molti dei miei preziosi compagni sono caduti per colpa loro. L'Orrore che ho davanti deve essere per forza uno dell'ultima generazione. Non vedo alternative. Presenta caratteristiche non riconducibili a una tipologia di animale.

Gli occhi della macchina brillano improvvisamente di una luce rossa e si volta nella mia direzione. Ho così la possibilità di vederla appieno, nonostante il fumo che sta emanando. Ha un tronco a forma ovoidale formato da tessuti metallici. Da quella zona, cinque protuberanze fuoriescono e si conficcano nell'asfalto. Riconduco quegli arti a delle gambe. Al centro del tronco è presente un rialzamento dal quale spicca un tubo metallico, con certezza si tratta del collo. Infine, vi è la testa, una maschera demoniaca di colore bianco con delle fessure per gli occhi e per la bocca. Delle corna di colore rosso cremisi e una folta chioma di capelli neri a ricoprire il tutto.

Non faccio in tempo a mettere le mani nelle tasche della mia felpa che la creatura apre le fauci, pronta ad attaccare con un raggio fotonico. Prendo velocemente il dispositivo di registrazione che mi è stato donato un paio di anni fa e lo lancio nel vuoto. L'aggeggio si avvia e si blocca a mezz'aria, mentre una piccola luce azzurra segna l'accensione completata. Per sicurezza, con un dito della mano sinistra, tiro un leggero colpo all'oggetto: il mio "Cube". Provo a parlarci con fare ironico.

«Sei acceso?»

Non ottengo altro che un suono simile a un beep come risposta. A questo punto schivo istintivamente di lato, prevedendo l'attacco del nemico. L'Orrore scaglia il proprio raggio, mancandomi di striscio e polverizzando il secondo piano di un palazzo alla mia sinistra. L'attenzione non può essere messa da parte in questa situazione, il cervello mi suggerisce di essere cauto.

"Ma in realtà... cosa importa ormai?" penso, già distaccato dagli avvenimenti davanti ai miei occhi.

Questo pensiero continua a vagare nella mia mente da un po' ormai. Adesso sono solo, che io viva o muoia non fa differenza.

Dal retro della schiena estraggo un cilindro modellato con alcune scanalature. L'arma è una mia proprietà da molto tempo e dentro di sé nasconde un potere straordinario, la stessa forza che mi ha permesso di arrivare fino a questo punto. Nel momento in cui la mia mano destra si stringe sull'elsa, una lama metallica a filo singolo si materializza con semplicità disarmante. Appena sguainata la mia pseudo-katana, l'aria viene riempita da strani glitch, come se la realtà stesse entrando a contatto con un fenomeno artificiale. Le leggi di questo mondo vibrano in risonanza con l'esistenza dell'arma e si manifestano in tale modo.

Davanti a me vedo l'Orrore caricare un secondo raggio energetico. Mi lascio cadere verso il terreno e atterro in una pozzanghera, alcuni schizzi arrivano a un lampione caduto causando un leggero scintillio. Non mi lascio illudere, purtroppo so benissimo che l'energia elettrica è finita da un pezzo.

Questo attimo di distrazione sembra costarmi caro. La luce mi raggiunge e mi investe. L'Orrore ha eruttato il suo colpo, sento caldo, la mia pelle diventa incandescente.

Eppure corro da incosciente verso la mia morte, proprio come feci quel giorno.

Ourania Falls: The BeginningDove le storie prendono vita. Scoprilo ora