4. CARNEFICINA

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«Dove ti è uscita questa?» chiese T.

«Filosofia di Schelling, me l'ha detto una fonte attendibilissima: io!»

Le parole di Leon furono abbastanza per distogliere l'attenzione di tutti e, all'unisono, i miei compagni si abbandonarono a una risata. Apprezzai la loro spensieratezza, ma i miei pensieri erano ancora rivolti al meteorite. A differenza di coloro presenti, io avevo visto quella strana massa luminosa volare in cielo e avevo ben impressa la scena della pioggia di meteoriti.

Ritornai a parlare, tentando di avvertire i miei amici, «Comunque, volevo dire-»

«In effetti però X. ha ragione, c'è molto silenzio oggi...» mi interruppe nuovamente D.

Axel, ovvero lo stesso X, si voltò con occhi luminosi nel momento in cui D. mosse una parola in suo favore. Ovviamente a lui era stata assegnata la lettera X, per evitare omonimi, dato che entrambi avevamo come iniziale la prima lettera dell'alfabeto. M, che intanto aveva smesso di mangiare, provò a utilizzare il telefono ma lo schermo non si accese, ciò lo infastidì facendo cadere a terra alcune briciole dal panino che avidamente divorava.

«Ma quanto ci mettono ad aggiustare questa rete!? Che incompetenti!»

«Basta! Ascoltatemi!»

I miei amici si girarono all'unisono a guardarmi. Axel mi fissava in modo particolarmente strano, in attesa che continuassi.

«È successa... è successo qualcosa mentre ero via» riuscii a dire con fatica prima che la mia mente sprofondasse in un turbinio di memorie.

Ricordavo di aver letto qualcosa sulla meteora qualche settimana prima. Era un articolo che mia madre aveva meticolosamente stampato e lasciato sul tavolo della cucina. Quel giorno l'asteroide sarebbe dovuto passare vicinissimo alla Terra, tanto da poter essere visibile anche a occhio nudo, probabile motivo secondario per il quale il professore di scienze della Terra aveva indetto quell'assemblea straordinaria da svolgere in cortile.

Leon mi sorrise con lieve preoccupazione, «Che intendi, Adam?»

Decisi che fosse giusto vuotare il sacco, soprattutto per lui, la cui famiglia avrebbe potuto essere in pericolo. Feci un passo in avanti e aprii la bocca, ma le parole furono smorzate da un suono più acuto, decisamente molto diverso da quello della mia voce. Ci affacciammo tutti all'unisono nella direzione dalla quale era provenuto quel frastuono; sentii un urlo che mi fece accapponare la pelle e poi il rumore del vetro infranto.

Quando localizzai la provenienza di quei rumori, era già troppo tardi. L'intera sequenza di finestre della classe si era spezzata in un lampo. I pezzi della vetrata caddero come pioggia, ferendo alcuni studenti che si trovavano in cortile, e altre grida riempirono il silenzio di pochi attimi precedenti. Quando mi sporsi leggermente, realizzai che, oltre alle schegge di vetro, anche qualcos'altro si era schiantato al suolo colorandolo di una tinta cremisi. D. avvinghiò la mia spalla con forza e strinse il pugno. In un primo momento immaginai che fosse una reazione dettata dallo stupore, ma ben presto realizzai cosa intendesse. Il mio amico mormorò con cautela quella sigla.

«È la 1-E.»

Era la classe di mia sorella, la stessa aula che si presentava ad alcuni piani di distanza nell'edificio di fronte al nostro, lo stesso luogo distrutto che affacciava proprio sul cortile. Spalancai gli occhi guardando in basso e il mio occhio decise di mettere a fuoco ciò che fissavo: un corpo. Si trattava del cadavere di una studentessa.

"Non può...! Non era nemmeno nella sua aula fino a poco fa, e poi si è cambiata. Quelli sono chiaramente gli abiti femminili della nostra divisa."

In quel momento la confusione mi assalì; cercavo di comprendere se la mia mente fosse in grado di recepire gli impulsi inviati dal mio apparato visivo. Qualunque cosa mi gridava di calmarmi e osservare meglio. Il corpo crudelmente abbandonato al terreno non poteva appartenere a mia sorella.

Ourania Falls: The BeginningDove le storie prendono vita. Scoprilo ora