Untitled Part 3

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 Capitolo VI

“Noi due…”

La giornata al mare finì tranquillamente, ancora una volta ero riuscita ad oltrepassare la tristezza di quel giorno. Salutammo anche delle amiche che incontrammo in spiaggia, nel pomeriggio. Elpidia divorò ben due gelati prima di tornare a casa. Sulla strada del ritorno, decisi di guidare io e lei, passando sul sedile del passeggero da quello del guidatore, si addormentò come una bambina. Era tenera e sembrava piuttosto che avevo portato al mare mia nipote Milena, la figlia di mia cugina Nina. Aveva esaurito le sue forze da cadere in un sonno profondo. Preoccupata del fatto che la radio potesse disturbare il suo bel sonnellino, stavo per spegnerla, quando uscì dalle casse una canzone. La mia mano si bloccò prima che potessi arrivare al pulsante che l’avrebbe spenta. C’era la colonna sonora della mia storia con Giuseppe che usciva dalle casse dell’autovettura, per riempirla tutta. Cercai di abbassare tutto il finestrino e lasciare che il vento che vi entrava mi scacciasse lui dalla mente, mentre accelerando sempre di più percorrevo la strada del ritorno. Iniziavo a vederlo li, accanto a me, mentre mi spostava i  capelli lunghi dal viso. Lo rivedevo, mentre come due matti percorrevamo l’autostrada, verso mete che lui desiderava mostrarmi. E capii che tutti quei ricordi di quel giorno, iniziavano a darmi le allucinazioni.

Non raccontai nulla ad Elpidia, nemmeno quando arrivate a casa si svegliò confusa e mi chiese quanto avesse dormito. Non le raccontai nulla, nemmeno durante la cena. Quella sera eravamo davvero stanchissime che andammo a letto verso le ventidue. Ci addormentammo subito, poi ad un tratto qualcosa mi svegliò.

 Notai la finestra aperta e la luce intensa della luna illuminarmi, avevo anche una strana sensazione e sentii un forte richiamo. Quello di scrivere. Attratta così dal mio computer, lo accesi e impostai una pagina del programma di scrittura. Iniziai a battere con le dita sulla tastiera, il mio nuovo libro. Iniziai davvero a raccontare tutto, dalle cose che avevo ricordato sulla terrazza di casa mia a Vietri, alla canzone di oggi che avevo ascoltato in radio. Scrissi del tempo che ci vide conoscerci, dei miei freni verso di lui, raccontai della foto e la parte più dolorosa fu raccontare di quel diciotto dicembre duemiladieci. Mi ero alzata dal letto per scrivere ciò, poco dopo la mezzanotte, ed ora stavo per andare a letto alle sei del mattino. Avevo scritto tutta la notte ed ero riuscita a raccontare anche del momento in cui mi chiese di diventare la sua metà. Ma ero esausta… stanca di girare in quel vortice di emozioni. Così mi alzai dalla scrivania e andai a letto.

 Erano le nove quando Elpidia riaprì gli occhi. Notò ancora la finestra che aveva aperto la sera  prima. E capì che forse Lena non si era svegliata, perché di sicuro l’avrebbe chiusa. Ma l’aveva lasciata apposta per far entrare nella stanza un po’ di brezza mattutina, anche perché il venticello fresco di quella notte, rinfrescava l’aria ed era molto poco umido. Andò in bagno e quando tornò in camera per prendere la sua crema idratante per il viso dalla scrivania, guardò con attenzione il computer portatile di Lena. Era aperto, lampeggiava la sua lucina arancione che ne confermava lo stand-by. Urtando il mouse nel tentativo di aggrappare meglio il portatile, lo schermo si riaccese. Elpidia quasi balzò all’indietro, fortunatamente senza far nessun rumore. Ma si incuriosì quando riuscì a vedere cosa era comparso dinanzi a lei. Era ancora aperto il programma di scrittura del software pc, con l’ultima modifica di sole tre ore prima. Ricompose un po’ i suoi pensieri, ed era certa che Lena avesse lasciato appositamente la finestra aperta per farsi compagnia con i suoni della notte. Amava scrivere così.  Aveva scritto per tutta la notte e per questo l’avrebbe lasciata dormire. Non avevano fretta nel preparare le valigie di Lena, non avrebbero saltato nemmeno l’impegno che avevano preso nel pomeriggio, con i ragazzi conosciuti in spiaggia. Non c’era nessuna fretta di svegliarla, l’avrebbe lasciata riposare e soprattutto non c’era fretta, perché Elpidia era curiosa. Il mix perfetto per sedersi alla scrivania ed iniziare a leggere ciò che la sua migliore amica aveva buttato giù in quelle righe.  Quando iniziò a leggere di quel diciotto dicembre di due anni e mezzo addietro, capì quanto l’amica aveva amato Giuseppe. L’essere umano che lei più detestava al mondo da quando aveva ferito una delle persone più care che aveva. Il ricordo di quel giorno, che descriveva tra quelle righe Lena, le diede una morsa allo stomaco.

L'amore, dietro le apparenzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora