Prologo - IL SONNO DI UN IMPERO

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Heren non ricordava cosa stesse facendo quel giorno, ricordava però le urla della madre e il fratello bussare freneticamente alla sua porta.

Si alzò con calma dal davanzale della finestra, aveva notato subito qualcosa di strano nei movimenti delle guardie davanti alle porte del castello.
Solitamente a quell'ora suo fratello veniva a chiamarlo per una passeggiata o per fare qualche scherzo agli inservienti usando gli antichi passaggi segreti tra le pareti.

Quando aprì la porta della sua stanza tuttavia, suo fratello era abbigliato diversamente dal solito, livrea e cappotto di comoda fattura erano stati sostituiti dalla divisa piena di medaglie che generalmente veniva usata durante le presentazioni ufficiali e occasin- bvonalmente se doveva soffocare piccole rivolte o partecipare a battaglie e scaramucce.

Ma per quel giorno non era programmato niente del genere.

Heren fece velocemente due più due e, afferrato il suo cappotto preferito, uscì insieme al fratello, stringendo nervosamente la collana nel suo piccolo palmo sudato.

Più volte aveva provato a combattere insieme al fratello, ma ormai da molto tempo gli era stato categoricamente e ripetutamente proibito di immischiarsi in qualunque cosa più seria di un semplice allenamento o torneo; a quel punto se ne era fatta una ragione ma spesso provava a convincere il padre del fatto che potesse essere d'aiuto in qualche modo. Fiato sprecato.

Perciò, quel giorno seguì a malincuore il fratello che, sapeva, lo stava portando in uno dei nascondigli nel seminterrato.

«Cosa sta succedendo?» il fratello non rispondeva. «Chi ci sta attaccando? Rispondimi!»

«Anguilla ti prego non è il momento, segui Ardry e stai nella Stanza Sicura finché non ti vengo a chiamare, Eve e la mamma stanno andando verso l'altro rifugio».

Il piccolo sbuffò. «Ti prego, non mi permettete di combattere al vostro fianco, almeno dimmi qual è la minaccia», guardò il mago che lo stava aspettando vicino alle scale, impaziente, poi volse lo sguardo verso il fratello: per la prima volta non era in grado di decifrare l'espressione sul suo viso, forse vergogna, paura, forse rimorso, forse semplice preoccupazione. «Ti prego...»

«Non sappiamo chi ci sta attaccando, anche se ho un'ipotesi. Ora, ti prego, ti prego Heren vai con Ardric.»

Heren non si riteneva ancora soddisfatto, ma in ogni caso capì che non era il momento di discutere, più tardi gli avrebbe spiegato tutto davanti ad una bella coppa di gelato.

Salutò il fratello con un abbraccio e seguì il mago verso le scale. Non si voltò indietro, ma forse fu meglio così, altrimenti avrebbe visto una lacrima rigare il volto del fratello, lui se la asciugò in fretta e prima di andarsene lo richiamò: «Piccolo... non fidarti mai di una bella ragazza che ti dice di amarti, siamo Lockridge, non così facile da amare incondizionatamente, perciò quella ragazza potrebbe essere la tua rovina», disse con un sorriso malinconico.

Heren soffocò una piccola risatina, molte ragazze ammiravano il fratello e frasi strane come quella erano già uscite dalla bocca di Colin, ma in quel momento era diverso, forse era stata la sua espressione o la strana situazione.

Il bambino annuì. Non riusciva a capire in realtà: delusione d'amore forse? Si sarebbe fatto spiegare anche quello prima o poi.

Quando Heren si fu rigirato sulla guancia del maggiore scese una nuova lacrima, questa volta non venne asciugata, il ragazzo guardò ancora il fratellino, sarebbe diventato grande e forte e migliore di lui, poi gli rivolse il gesto d'addio di Thember, la mano che correva dalla spalla al cuore, dove si chiudeva a pugno; sapeva cosa lo stava aspettando.

Una volta arrivati alla Stanza Sicura, Heren prese un libro dalla piccola libreria e si sedette sulla poltrona, per qualche minuto i suoi occhi scorsero indisturbati sulle pagine, poi sentì esplodere la porta delle corridoio dal quale erano arrivati.

Ardric non perse tempo, creò un Phiodor, un incantesimo di illusione: Heren vide spuntare un suo sosia, che prese il suo posto sulla poltrona.

Era confuso: nessuno era mai riuscito a trovare o tantomeno a distruggere le Stanze Sicure, queste erano protette dall'Etere più puro, potente e inscalfibile, o almeno così aveva sempre creduto.

Heren uscì insieme al mago da quel luogo, verso il bosco che circondava le scuderie, un piccolo barlume di terrore che iniziava a farsi strada dentro di lui.

Quella volta era roba seria; ad essere sinceri aveva paura: per la madre, per la sorella, per il fratello, soprattutto per lui, per il re e per il Regno, per tutti gli inservienti e per gli amici, per Ardric e un po' anche per se.

Una lancia volò sopra di loro andandosi a conficcare su un albero, a pochi centimetri dalla sua testa. Era stato un uomo vestito con una divisa nera e rossa a lanciarla ne stava già caricando un'altra quando si accasciò sotto una forza invisibile.

Annaspò per qualche secondo, disperatamente in cerca d'aria, stava conducendo una lotta invisibile con qualcosa che, dopo qualche secondo, Heren capì essere la magia di Ardric.
La luce negli occhi dell'uomo si spense.

Il bambino guardò il mago con stupore, tante volte gli aveva ripetuto che la violenza non era mai la soluzione. Non aveva mai fatto male nemmeno ad una mosca o moscerino che fosse.

«Non guardarmi così, piccola Anguilla. Quando serve, serve. Ora che ho salvato le tue belle chiappette reali cerca di non metterle nuovamente in pericolo. Vieni!»

Heren non poté fare a meno di obbedirgli. Guardò per un'ultima volta il castello dietro di lui, era in fiamme, la battaglia infuriava al suo interno. Non era consapevole che non avrebbe più rivisto la sua famiglia, non avrebbe rivisto il fratello, il suo migliore amico. Anche il castello sarebbe stato un taboo per lui, per molto, molto tempo.

Travelers' chronicles (1) - Il frutto proibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora