Era il ventesimo compleanno della mia bambina.
Sì, per me lei sarebbe rimasta sempre la mia piccola bambina, coraggiosa ma anche indifesa.
La guardo divertirsi con i suoi amici, sembra così felice, eppure una scintilla nei suoi occhi mi fa capire che le manca qualcosa.
Gira su se stessa fissandomi, ricambio lo sguardo facendole l'occhiolino e mandandole un bacio volante. -Non voglio che veda la mia preoccupazione-.
Ho ritrovato Ariel da due anni, tutti mi avevano negato la sua esistenza, fino al giorno in cui ricevetti quella lettera con annessa foto.
Una parte del mio cuore aveva sempre saputo che lei era da qualche parte del mondo. Gli avvenimenti dell'epoca furono dolorosi e devastanti, volevo dimenticare e ricominciare. -Un pensiero da vigliacchi, direte-.
Ero un pilota di linea, la mia promozione era avvenuta da poco. Dopo un immane sforzo, avevo ripagato tutti i miei sacrifici.
Negli anni di studio ero molto innamorato.
Di cosa!? o di chi, vi starete domandando.
Della vita, della mia ragazza e di tutto l'universo.
Con lei facevamo grandi progetti, volevamo sposarci ed avere dei bambini.
Iniziavo a viaggiare, inizialmente solo per un mese, poi per tre, poi sei mesi senza, alle volte, mai tornare a casa; nemmeno per le festività.
Ero giovane, pieno di vitalità e il mio lavoro mi piaceva tanto.
Poi arrivò quel maledetto giorno; ancora oggi, lo ricordo come fosse ieri. La mia ragazza mi chiamò per annunciarmi una bellissima notizia; era incinta, di tre mesi.
Ero felicissimo, euforico, avevo il mondo ai miei piedi e la testa tra le nuvole. Mi preparavo per salire sul mio aereo. Il solito brulichio di persone, non mi sembrava così snervante come le solite volte.
Avrebbe dovuto essere un viaggio semplice.
Le condizioni climatiche erano buone, le nuvole sembravano accumuli di zucchero filato, con un leggero venticello primaverile che le spostava docilmente. Si intravedevano in lontananza, solo, dei piccoli stormi d'uccelli, che sicuramente facevano rientro al proprio nido.
Avevo controllato le coordinate, forse, un milione di volte, era tutto pronto anche il mio copilota era pronto.
Le hostess stavano spiegando tutte le direttive in caso di soccorso, che molti passeggeri trovavano poco importanti.
I motori erano accesi, il decollo stava per iniziare, spinsi la leva e iniziai a prendere quota. Stavamo volando da ormai un'oretta quando: una manovra, una turbolenza, un guasto, in quel momento non riuscii a capire cosa fosse successo. L'aereo iniziò a perdere quota, i motori smisero di funzionare; un forte odore di bruciato invase l'abitacolo. Inutili le manovre per recuperarlo, i motori non davano segno di vita.
Tentai di fare un ammaraggio.
Senza incutere terrore parlai ai passeggeri, feci indossare loro i giubbotti salvagente e li preparai all'atterraggio.
Cercavo di infondere calma, per poter mantenere la concentrazione necessaria che mi sarebbe servita a salvare le loro vite.
Tutti sarebbero sopravvissuti, non ci sarebbero state conseguenze.
Era questo che ripetevo nella mia mente mentre tentavo l'atterraggio.
Avevo avvertito il controllo aereo, avvisando del guasto e che stavamo procedendo ad un atterraggio d'emergenza.
Avvertii un tonfo, respiri repressi e occhi serrati; si udiva solo un vociferato di preghiere confuse in sottofondo.
Eravamo in mare aperto, un ammaraggio di emergenza mai visto prima, almeno per me che fu il primo e anche l'ultimo.
Detti le indicazioni, i passeggeri sarebbero scesi dagli scivoli gonfiabili; la guardia costiera aveva messo a disposizione diverse scialuppe per recuperare ogni persona presente.
Nessuno si era fatto male, era andato tutto per il meglio; eppure io ero lì immobile. Il capitano dei soccorsi marini mi invitava ad abbandonare l'aereo, ma io non mi muovevo.
Mi tirarono fuori svenuto.
Un forte stress, mi dissero.
Al mio risveglio non ricordavo niente o meglio forse non volevo ricordare. Non sapevo come mi chiamavo, dove vivevo e che lavoro facevo.
Mancava veramente poco e sarei arrivato all'aeroporto di Foggia.
Mi raccontarono che uno stormo di uccelli era entrato in collisione con i motori e per questo avevano smesso di funzionare.
Un periodo lungo di terapia mi aiutò a superare, la mia paura, il mio forte stress.
Rimasi in Puglia, i miei genitori vennero a trovarmi per convincermi a tornare nella mia terra d'origine. Cercavano in tutti i modi di farmi tornare al mio lavoro. Dopo aver speso tutti quei
soldi, non potevo lasciare un lavoro sicuro e trasferirmi in un posto che non conoscevo affatto, -erano questi i loro pensieri-, ma non i miei.
Mi piaceva volare, avevo scelto io di diventare un pilota di aerei, i miei genitori mi hanno sempre spinto verso l'alto, avevano grandi aspettative su di me. Facendo la scelta di mollare tutto e venire a vivere qui, per loro era inconcepibile.
I primi anni furono difficili, non lo nascondo!
Nel mentre, la mia amata nonna era venuta a mancare ed essendo l'unico nipote, figlio della sua unica figlia, mi lasciò in eredità un bel gruzzoletto.
Invitai mio nonno, nella piccola casetta che avevo preso in affitto ad Alberobello.
Lui era un pastore e aveva aperto un caseificio insieme a mia nonna, ma da quando lei era venuta a mancare, non riusciva più a lavorare.
Decise allora di vendere e trasferirsi per un breve periodo qui da me.
Così fu che imparai il mio attuale lavoro.
La voce di Ariel che mi chiama mi riporta alla realtà.
I suoi amici sono tutti radunati in cerchio intorno a lei, saltano e ballano gridando "tanti auguri a te".
Anche io alzo il mio bicchiere in segno di auguri. Spero veramente che la sua vita possa essere perfetta, anche se ne ha passate tante e tante continua a passarne. Mi faccio strada tra i suoi amici, la raggiungo, mi chino su di lei, l'abbraccio e le do un casto bacio sulla fronte; voglio che percepisca tutto il mio amore, quello che da due anni sto cercando di recuperare, quell'amore e quel tempo che ci hanno strappato. Vorrei racchiudere il quel suo abbraccio tutto il tempo perso, le sofferenze e le paure, vorrei bastare, ma percepisco che metà cuore ancora cerca e spera qualcosa.
Ha i miei stessi occhi, color ghiaccio intenso e i suoi capelli.
-Biondo cenere come quelli di sua madre-.
Lei è l'unione perfetta di noi due.
Quanto vorrei che lei fosse qui con me, a festeggiare nostra figlia.
Vedo Ariel allontanarsi, non capisco bene dove si sta dirigendo e da lontano la seguo con lo sguardo.
Si avvicina una donna, sembra si sia persa.
《Corin!...》
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Contest Di Scrittura degli Opposti.
RandomUn personaggio che non si allontana da casa sua incontra un viaggiatore.