Prologo

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Prologo

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Prologo.

Polo Nord ore 08:00 Lapponia.

Era una mattina come le altre nel laboratorio di Babbo Natale.

Gli elfi stavano portando a termine alcuni preparativi per il 24 e il 25 Dicembre.

Babbo Natale entrò nel laboratorio dicendo: «È arrivato il momento che alcuni di voi vadano nel mondo umano» s'interruppe un attimo aggiungendo: «Dovete riuscire a curare il cuore della persona che incontrerete facendole ritrovare la speranza ritornando a credere nella magia del Natale»

Uno degli elfi chiese: «Chi andrà questa volta?»

L'uomo sorrise dicendo: «Ho deciso di mandare il piccolo Caliel a New York. C'è un ragazzo che ha bisogno dei suo aiuto»

Calien guardò l'elfo al suo fianco, che aveva parlato poco prima, dicendo: «Gildor, io non so come fare...»

«Tranquillo, fratellino. Devi solo essere te stesso e andrà tutto bene» rispose con dolcezza l'elfo posandogli un bacio su la fronte.

Non del tutto convinto l'elfo annuì lasciando poco dopo il laboratorio tornando a casa per prendere tutto quello che gli sarebbe servito per la sua permanenza in quella città.

Non sapeva nulla del mondo fuori dal laboratorio, ma doveva trovare un modo per entrare in contatto con quel ragazzo.

Gildor lo raggiunse dopo un po' abbracciandolo alle spalle: «Fratellino cosa ti turba?»

«Non so come trovarlo. Non so come approcciarlo e cosa dirgli» ammise lui posando le mani su le braccia del fratello che lo stringevano con dolcezza.

«Al momento non pensarci. Verrà tutto da sé» disse lui mettendogli al collo un ciondolo aggiungendo: «Questo ti sarà d'aiuto per trovarlo. Ti mostrerà il volto del ragazzo, ma solo tu potrai vederlo»

«Lui non lo vedrà?» gli chiese preoccupato.

«Nessuno lo vedrà a parte te» rispose Gildor sorridendogli con dolcezza.

Ci furono alcuni minuti di silenzio tra di loro, ma poi Caliel gli chiese: «Tu sei già stato nel mondo umano?»

«Sì. Un po' di tempo fa...» ammise lui accennando un piccolo sorriso.

«Cos'è successo?» gli domandò curioso.

«Ho aiutato quella persona e sono tornato a casa. Ogni tanto mi scrive una lettera cercando di farsi perdonare, ma non ho niente da dirgli e non gli rispondo» ammise lui scrollando le spalle.

«Cosa ti ha fatto?» gli domandò preoccupato.

«Ha riso dei miei sentimenti per lui...» rispose Gildor alla sua domanda scrollando le spalle.

Ormai erano passati sei anni da quel giorno e non voleva pensarci nuovamente.

Caliel abbassò lo sguardo borbottando: «Mi dispiace»

Gildor sorrise con dolcezza: «Non dispiacerti. Sono passati sei anni da quel giorno. Se gli mancassi veramente sa dove trovarmi, eppure, non mi ha mai cercato. Si vede che non ne vale la pena»

Poco dopo si mise ad aiutarlo con la preparazione della valigia accompagnandolo fino al portale che l'avrebbe condotto a New York.

«Io vado, fratellone» disse il piccolo elfo.

«Buon viaggio, Caliel» gli rispose lui osservandolo varcare il portale.

Rimase li davanti per svariati minuti tenendo stretto tra le dita il ciondolo al suo collo.

Chiuse gli occhi prendendo un respiro profondo, si voltò dando le spalle al portale nascondendo il ciondolo e tornò poco dopo al laboratorio rimettendosi al lavoro.

Babbo Natale vedendolo gli chiese: «Gildor, stai bene?»

«Sì. Sto bene...» rispose lui interrompendosi per cacciare indietro il nodo che gli si era formato alla gola.

Posò le mani sul tavolo abbassando il volto mordendosi il labbro.

«Sai che puoi andare a trovarlo e chiarire con lui, vero?» gli domandò l'uomo posandogli una mano su la spalla dandogli una nuova lettera: «Prendi una pausa e pensaci»

L'elfo prese la lettera lasciando il laboratorio.

Si diresse verso casa e varcata la soglia si chiuse la porta alle spalle poggiandoci contro la schiena aprendo quella lettera.

Qualcosa nel messaggio attirò la sua attenzione e lo lesse per ben cinque volte:


"Se non sarai tu a venire da me, sarò io a venire da te.

Ci vorranno delle ore, ma sarò da te per il giorno di Natale.

Allora sarai obbligato a parlarmi.

Sono stanco d'implorare il tuo perdono senza ottenere risposta.

Non mi arrenderò, Gildor. Maximillian"


L'elfo strinse tra le dita la lettera lasciandosi scivolare a terra pensando: Perchè non sei venuto prima? Perchè hai riso dei miei sentimenti per te?

Strinse le gambe al petto nascondendoci contro il volto.

Rimase in quella stanza per qualche ora, ma poi si alzò da terra avvicinandosi al calendario: Fai in fretta. Hai solo venticinque giorni per raggiungermi se è vero quello che mi hai sempre scritto...

Tornò poco dopo in laboratorio avvicinandosi a Babbo Natale tendendogli quella lettera restando in silenzio.

«Devo leggerla?» gli domandò lui senza giri di parole.

L'elfo annuì tenendo il volto basso senza sapere cosa dire o pensare visto la confusione che regnava nel suo cuore e nella sua mente.

L'uomo prese quella missiva leggendola attentamente per poi chiedergli: «Cosa vuoi fare?»

«Questa è la sua ultima possibilità» disse l'elfo alzando lo sguardo: «Vorrei che avesse capito...»

«Se viene qui è molto probabile che abbia capito qualcosa su sé stesso» rispose lui alle parole dell'elfo rendendogli il foglio.

Gildor si spostò una ciocca di capelli dal volto mettendo in tasca la lettera per poi rimettersi al lavoro cercando di soffocare quella fiammella di speranza che si era risvegliata in lui per non restarne scottato di nuovo.

Ignorava, però, lo sguardo degli elfi che sapevano la sua storia e lo guardavano con compassione, ma lo distraevano volentieri dai tristi pensieri. 

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