Questo libriccino conterrà la trasposizione letteraria dei comics di Little Nightmares.
Non preoccupatevi se non sapete di cosa sto a parlare, leggete pure.
Oh, e, quasi dimenticavo: benvenuti nella Città Pallida.
Copyright: io sto solo trasponendo...
Angolo autrice Allora... per questo episodio ho deciso di modificare un paio di cose: -Ci saranno dialoghi -Inserirò proprio te, che stai leggendo, al posto di Ghost, che metterò alla fine.
REGOLE: -Al posto di T/n dovrai leggere il tuo nome; -al posto di T\c dovrai leggere il tuo cognome; -al posto di L\c dovrai leggere la tua lunghezza di capelli (cioè se sono lunghi o corti); -al posto di C\c dovrai leggere il tuo colore d capelli; -al posto di * alla fine di una parola dovrai leggere una lettera a seconda del tuo genere (o, a, i, e); -al posto di T\a dovrai leggere il tuo articolo (il, la, gli, le); -soprattutto, dovrai immaginarti da bambin* di minuscola statura.
[Con tutte 'ste regole v'ho fatto sparire la voglia di leggere vero? Vabbè ho scritto il tutto su un foglio protocollo quando avevo tra i 12 e i 13 anni- avevo non proprio, non sono così lontani quei tempi dai; comunque sia questo comic equivale a quattro pagine]
E 3..2..1...LET'S START!
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Krak! Kreeeek!
Lo stridio preoccupante dei piatti che sfregavano tra loro allarmò T/a bambin* dai L/c capelli C/c, che stava cercando di estrarre un rimasuglio di cibo incastrato tra due dei molti piatti che erano stati ammassati in una torre traballante, adagiata nell'incavo del lavandino.
Si guardò le spalle, abbassando lo sguardo sui proprietari della casa buia in cui si era intrufolat*. Erano strani, molto strani; non facevano altro che volgere la propria attenzione al televisore. Anche in quel momento, quando aveva fatto scricchiolare i piatti, non si erano curati di controllare cosa avesse generato il fastidioso suono. No, quella coppietta non la capiva proprio.
Avevano la pelle giallastra, tendente al rosa-castano, terribilmente rugosa e la loro testa tremava visibilmente; non parlavano e non li aveva ancora visti toccare cibo.
Non era tuttavia preoccupat*, perché erano Spettatori, i comuni abitanti dell'inquietante Città Pallida. Gli Spettatori stavano tutto il tempo incollati agli schermi sfavillanti, lasciandosi ipnotizzare da quelle immagini e da quei suoni - secondo loro - meravigliosi e irresistibili. In sostanza, T/n - così si chiamava T/a bambin* - sapeva che adoravano guardare i televisori a priori, ma non sapeva che non erano in grado di separarsene, quindi era guarding* e con le orecchie tese.
Degli squittii agonizzanti giunsero all'orecchio attento del* C/c, che sussultò, mettendosi in allerta. Stare ancora sul lavabo era un rischio: non doveva assolutamente esporsi per un lungo lasso di tempo.
Diede le spalle ai due per calarsi giù, affinando ancora di più l'udito. Quegli squittii non T\a piacevano, per niente.
Appena poggiò i piedini scalzi sulle fredde pianelle di color indaco, T/n si voltò immediatamente, sempre attent*.
Tutto uguale: la TV sempre accesa, la coppia sempre seduta sul consunto divano e gli squittii sempre presenti.
Un attimo! Solo adesso notò una gabbietta di ferro con le sbarre piegate, aperte e... che gocciolavano sangue fresco. T/n ebbe un brivido.
I bambini che aveva incontrato in giro per quell'onirica città avevano tutti detto, più o meno, che era un* mentecatt* paranoic* e che tanto le creature della Città Pallida erano rincretinite, quindi il pericolo di morte non era così alto come diceva T\a C\c.
Ebbene! Sono morti tutti. Nella Città Pallida non risiedevano solo gli Spettatori, ma anche altri esseri umanoidi, che non se ne stavano zitti e buoni, ma - sorpresona! - si muovevano eccome ed alcune specie scorrazzavano in giro indisturbate.
Così adesso T/n si trovava, attanagliat* nella morsa gelida della paura, a studiare quella gabbietta con apprensione.
Fece il punto della situazione. Allora: adagiata alla parete, dietro al divano, che stava al centro della cucina-barra-salotto, c'era una gabbietta di ferro della misura di un gatto, con le sbarre aperte a forza nella parte frontale, le quali erano impregnate di sangue gocciolante.
Nonostante ciò, dalla parte anteriore della gabbia partiva una scia d'impronte di sangue rappreso. Perché il sangue della gabbia era fresco, mentre quello che costituiva le piccole impronte era rappreso?
***
In cerca di una risposta al suo interrogativo, seguì le impronte, che l* portarono alla camera da letto della coppia di Spettatori.
Il pavimento aveva le stesse pianelle quadrate color indaco della cucina-barra-salotto, ma la carta da parati non era in tinta col pavimento, bensì era beige. Il letto matrimoniale era a sinistra, affiancato ambedue i lati da piccoli comodini di legno. A destra troneggiava un armadio bianco a tre ante; l'anta di mezzo era socchiusa, e da essa gocciolava sangue cremisi attraverso il basamento sopraelevato.
Lo squittio proveniva proprio da lì. Ora come ora, si considerò un* fifon* per aver avuto paura di un topolino. Tirò un sospiro di sollievo. Strappò un lembo dei pantaloni, aprì l'armadio - trovando il roditore in una pozza del suo stesso sangue -, avvolse l'infortunato nel panno e, con esso in braccio come un cagnolino, sgusciò con circospezione nella sala dove ancora sedevano gli Spettatori.
Perché ora stava sudando? Come mai adesso il cuore batteva all'impazzata? Attribuì la colpa al fatto di non essersi ancora abituat* alla plumbea compagnia dei proprietari della casa.
Respirò a fondo e tornò in stato di allerta.
Scalò silenziosamente il piano cottura, arrivando al lavabo.
Controllò la situazione del topo: era identica a prima. Sentì un dolore al petto nel vedere quella povera creatura in tali condizioni.
Doveva andarsene da lì al più presto.
-Provi pena per quel ratto?- chiese una voce alle sue spalle.
T/a si gelò il sangue e si voltò di scatto. Trovò davanti a sé una testolina coperta da un panno bianco, che disponeva di due inquietanti fessure macchiate di sangue in corrispondenza degli occhi.
-S-sei umano?- chiese al misterioso bambino, che sembrava uno spettro a causa del pezzo di stoffa che lo copriva fino alle caviglie cadaveriche.
-Si, sono un essere umano... E sono una femmina, per tua informazione- puntualizzò. T/n capì che aveva più o meno la sua età.
- È stato un piacere conoscerti...ma io devo andare - tagliò corto T/n, per poi arrampicarsi sulla cornice della finestra che dava sul piano cottura.
Una mano afferrò la sua caviglia e sentì uno stridio infernale. Mentre uno Spettatore l* trascinava via, lanciò il topo alla bambina, che lo prese con la mano sinistra, la quale sbucava da una fessura laterale della stoffa.
Anche la Spettatrice si unì nel trascinarl* via.
Poi un freddo dolore lancinante si diramò nelle sue carni.
Vide la bambina che teneva il topo, e la rabbia si impossessò di l*i. Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Era un verso selvaggio e liberatorio, colmo di rabbia, ferocia e rassegnazione. Perché era dovuta finire così la sua vita?
La bambina mormorò: -addio, T/n T/c -.
Infine buio.
Annotazione: questo episodio potrebbe ispirare un futuro capitolo.
Inoltre, perché ho considerato Ghost una bambina? Sinceramente mi sono basata sul suo fisico troppo fine per essere quello di un bambino. Infatti ammetto che ho notato molte somiglianze con la fisionomia di Six, che si basa su velocità e furtività, proprio come fa Ghost per non farsi scoprire dalla coppia nel comic originale.