Ottobre

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«Ma adesso che l'hai risistemato, ci vai?» le aveva chiesto una sua compagna mentre ne parlavano. Sembrava che fosse un rustico sulle colline di Cesena.

«No, non è il mio tipo, e lo sa».

«Perchè, com'è il tuo tipo ideale?».

«Non è che ho proprio un tipo ideale».

«Tipo alto, figo...» era intervenuta una seconda compagna, «E che ti scopa bene» aveva chiuso elegantemente una terza, segnando una complessiva degenerazione di quel discorso fatto in una giornata particolarmente mite a fine ottobre.

Erano sei in tutto, se ne stavano sugli scalini della biblioteca dove teoricamente erano andate per fare una ricerca che doveva terminare con il solito powerpoint, ma avevano in fretta scoperto che era meglio stare lì, cercando di acchiappare gli ultimi raggi di sole prima dell'inverno. Avevano in mano i bicchierini di carta della macchinetta del caffe, un paio una sigaretta, le altre il cellulare. C'erano la Reby, la Lucy, la Lily, la Jasmy, la Tamy e la Luna.

«Luna la pianti di farti dei selfie?».

Lei aveva risposto con un ritardo riempito di risatine da parte delle altre, era il sedicesimo selfie, i precedenti quindici erano stati fatti in giro per le sale e soprattutto in bagno.

«Jasmy vivi serena che quando ti fai i tik tok sembri mia nonna quando la pungono le zanzare».

«DISSING» era stato il coro divertito delle altre mentre la Jasmy cercava di far valere il fatto che non usava TikTok da un anno. Era di origine maghrebina e si vedeva dai lineamenti, portava capelli crespi e lunghi che le esplodevano sulla nuca. Non si poteva dire magra, aveva cosce piene e sedere evidente ed era dipendente da maglie e magliette a collo largo che le lasciavano scoperta una spalla. Di carattere forte, passava il tempo a stuzzicare l'amica per poi far partire diverbi interminabili che finiva puntualmente mostrando i due medi e la lingua.

«Ma te Reby chi te l'ha fatto fare a venire in 'sta classe?».

Rebecca aveva lasciato stare il sole ed aveva mollato lì un semplice «Non mi trovavo bene» che aveva semplicemente dato via a un lungo dialogo a più voci su quanto facesse cagare la loro classe, la loro scuola, la scuola in generale.

Per lei, invece, quel discorso era molto serio. Sai quando vuoi cambiare scuola non tanto per le materie che ci sono ma per l'ambiente che frequenti? Quella sottile impressione di essere sempre fuori posto, di arrivare sempre fuori tempo massimo, di essere in un locale oltre l'ora di chiusura.

Non sapere nemmeno esattamente perché, ma non avere più l'occasione di diventare parte di quello che gli altri sembrano già essere: un gruppo, una classe, una entità che è in grado di crescere assieme, nel bene e nel male.

Rebecca aveva discusso con i genitori lungamente per questa cosa già a partire dalla primavera. Non voleva dire che voleva cambiare aria, che si sentiva un pesce fuor d'acqua, ed in realtà non sapeva bene nemmeno che scuola poteva andare a fare in sostituzione dello scientifico, avrebbe voluto dire «una qualsiasi, ma non quella.». I genitori non capivano perchè la figlia, dai risultati scolastici più che positivi, volesse cambiare scuola, avevano intuito problemi di rapporti, ma gli insegnanti non sottolineavano nulla in particolare, era una classe numerosa, c'erano i soliti lievi attriti, ma lei stava assolutamente nella media e, sempre a detta dei docenti, non era bersaglio di nessuno in particolare.

Proporre un altro liceo scientifico per Rebecca significava scoprire il vero motivo del suo disagio, così semplicemente aveva deciso di iscriversi a ragioneria, dove frequentavano già due ex compagne delle medie, non erano proprio le amiche del cuore ma meglio di nulla. L'estate per lei era passata a studiare per l'esame di idoneità per il nulla osta al trasferimento in una scuola diversa, e la fine dell'estate era stata per lei dolceamara: esame passato con una certa tranquillità, ma inserimento in una classe diversa da quella delle due amiche.

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