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hospital

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hospital

l'ospedale molti lo associano ad un posto triste, cupo, dove la gente muore; a volte anche in piena infanzia o adolescenza.
un posto dal quale si ricevono solo brutte notizie, insomma per molti l'ospedale ti rovina la vita.
per minho, invece, ospedale significava speranza, avere ancora una ragione per andare avanti e lottare con tutto se stesso per riprendere ciò che, contro la sua volontà, gli era stato tolto: la vista.
quel sabato mattina il corvino si sarebbe recato presso tale struttura perché, il giorno prima, il suo medico aveva telefono ai suoi genitori fissando un appuntamento molto importante.
che il dottore avesse novità sulla sua situazione? e se le aveva, sarebbero state positive o negative? lo avrebbe scoperto solo uscendo di casa e salendo in macchina con i suoi genitori, questi ultimi unica pecca di quella bella giornata.
salirono in auto, in pieno silenzio, spezzato dalla voce fredda e severa del padre di minho, che mentre guidava guardava il figlio dallo specchietto squadrandolo per bene.
"perché hai quel sorriso da idiota sul volto?" domandò, guardando ora la strada.
il minore sbuffò internamente, come se sorridere adesso fosse un reato e forse, per lui, lo era.
"beh, magari il dottore mi dirà qualcosa di bello, non saresti felice anche tu?" chiese, poggiando poi la testa sullo schienale della macchina.
suo padre non rispose alla sua domanda, scambiandosi una veloce occhiata con sua moglie, la quale, per evitare di litigare con suo marito, tendeva sempre ad andare contro il figlio; nonostante volesse solo il suo bene.
la paura aveva sempre avuto la meglio.
arrivarono in ospedale dopo una quindicina di minuti circa, la donna aiutò il corvino a scendere e lo guidò fino alla sala d'attesa.
lì i due adulti si misero a leggere qualche rivista, mentre minho stava seduto un po' in disparte, muovendo la gamba a causa dell'ansia e sentendo solo il ticchettio delle lancette.
aveva un buon presentimento, ma non voleva crearsi false speranze, perciò lo mise da parte finché un'infermiera non chiamò il suo nome.
"lee minho?"
il nominato si alzò di scatto, sua madre lo guidò nuovamente nell'ufficio del suo medico.
quest'ultimo era un uomo di mezz'età, una persona dolce e che aveva sempre cercato di stare dalla parte del corvino il più possibile; ascoltando anche i suoi problemi in famiglia.
l'unica cosa che minho non aveva mai raccontato al medico, era che suo padre lo picchiasse molto spesso; non l'aveva mai detto a nessuno, non aveva il coraggio.
"ciao minho, come stai?" chiese sorridendogli.
"sto bene signor kim, grazie, lei?"
"sto bene."
il padre roteò gli occhi, credendo che tutte quelle smancerie fossero solo una perdita di tempo.
il dottor kim lo notò ma, ovviamente, non disse nulla.
"allora.." cominciò, prendendo dei fogli e mordicchiandosi il labbro inferiore, mentre li leggeva e li metteva a confronto con altri.
"abbiamo provato molti interventi, ne sono consapevole, nessuno di questi ha funzionato."
prese un ulteriore foglio da una busta e lo passò ai genitori, o meglio il signor lee glielo aveva strappato dalle mani quando il dottore stava cercando di passarlo alla madre di minho.
quell'uomo aveva una pazienza enorme per non alzare la voce e tirargli un pugno sul viso, non mentirà, avrebbe voluto farlo.
"minho, forse, questa volta, potresti tornare a vedere." disse al ragazzo, che per poco non cadeva dalla sedia.
il corvino si alzò in maniera brusca, con un enorme sorriso sul volto.
"davvero?"
"parlerò per farti ricoverare domani stesso, se tutto va bene verrai operato tra circa dieci giorni." il dottore si alzò, mettendo una mano sulla spalla del più giovane.
"farò di tutto per ridarti la vista, minho."
minho si avvicinò lentamente al signor kim, intrappolandolo in un abbraccio, la stretta venne subito ricambiata.
"spero lei stia scherzando!"
la voce fredda del padre di minho, interruppe quel momento e fece sussultare tutti i presenti in quell'ufficio.
"dovrei spendere altri 3000€, per un altro intervento che di sicuro fallirà come gli altri, per permettere a questo essere contro natura di tornare a vedere? non se ne parla." prese sua moglie per un braccio, uscendo da lì, sbattendo la porta.
il corvino sospirò, tornando al suo posto.
il più grande si sedette di fronte a lui, stringendogli le mani e accarezzandogli i capelli.
il medico, per il minore, è sempre stato un punto di riferimento.
lui era quella persona con la quale si sfogava, alla quale chiedeva consiglio anche fuori dall'ospedale, era più di un anno che lo aiutava e gliene era infinitamente grato.
inoltre si era affezionati l'un l'altro, ragion per cui il signor kim era davvero preoccupato per la sua situazione, sapeva che ci fosse qualcosa di più grosso dietro tutte quelle urla; ma senza la testimonianza di minho, non avrebbe potuto fare molto.
"minho..dimmi la verità per favore." lo supplicò, accarezzandogli le guance.
"posso aiutarti, voglio aiutarti."
il corvino si alzò, sospirando, non avrebbe parlato, non adesso.
"pagherò io l'intervento, sono maggiorenne e decido io, no?" domandò, ignorando le parole del medico.
"minho, per favore-" venne interrotto.
"posso decidere io, no?" chiese nuovamente.
il medico sospirò, prendendo il foglio per l'autorizzazione all'intervento ed un timbro.
"si, puoi decidere tu" si arrese, prendendo il pollice del minore e, macchiandolo di inchiostro, lo premette sul foglio.
posò quest'ultimo in una busta, assicurandosi di averla chiusa bene.
"ti accompagno dai tuoi."

-spazio me-
non aggiornavo dal 28 novembre help.
è finita la scuola, penso sarò più attivo :)
spero vi sia piaciuto il capitolo, love u <3

blind boy {minsung}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora