«No papà ti prego. Non la voglio sentire di nuovo questa storia.»
«Ma tuo fratello non la conosce.»
«Sì che la conosce, l’hai raccontata almeno venti volte! Hai rotto!»
«Oh! Ma chi ti ha insegnato a parlare così a tuo padre?»
«Tu lo fai sempre con nonna!»
«Vabbè, ora statemi a sentire, vi racconto una bella storia.»Non aveva mai visto niente di più bello. Mai. Emanava una luce talmente abbagliante da risultare quasi irreale. Il rosso dei suoi capelli era quello del rame più lucido, l’azzurro dei suoi occhi un'esplosione di cielo con pagliuzze verdi di prato in primavera. Le lentiggini sul naso e la bocca a cuore completavano il viso più meraviglioso che avesse mai visto.
Aveva quel modo di vestire tutto suo. Abiti a fiori, tutti pizzi e svolazzi, le sneakers di tela bianche ed una borsa ricoperta di piccole conchiglie colorate.
La sua risata, porca miseria, la sua risata avrebbe fatto innamorare chiunque di lei. Era impossibile resistere a quel suono, uno scampanellio delicato, una melodia deliziosa.
Si avvicinò perché le servivano delle informazioni. Lui era al terzo anno di università, lei al primo. Si era persa tra le aule e lui le fece da Cicerone per tutto il giorno.Se la sua risata era come il suono di tanti campanelli, la sua voce sembrava un canto di sirena. Come poteva lui, povero marinaio in balia delle onde, resistere al richiamo di quel canto ammaliatore?
Non poteva. E fu così che, al momento di salutarsi, le chiese di andare a prendere un gelato insieme.
Dopo il gelato arrivò l’aperitivo, poi la cena ed il giorno dopo la colazione.Non si erano più lasciati.
Quando finì l’università – anche se a lei mancavano ancora due anni – fu praticamente automatico chiederle di sposarlo. Andarono a vivere in una casa in mezzo al verde, molto simile a quella in cui aveva passato una parte della sua adolescenza anche se decisamente più piccola.
C’era un grande albero in giardino con sopra una bellissima casetta di legno costruita dal precedente proprietario.La casa era molto accogliente, un salotto con il camino di mattoni, i muri dipinti con tonalità pastello, una bella cameretta pronta per accogliere almeno un paio di figli.
Il quadro della perfetta famiglia felice.
Certo, con il suo stipendio da insegnante di filosofia e con sua moglie ancora in ballo con l’università, non potevano proprio permettersi una vita lussuosa, ma se la cavavano benissimo.
Dopo tre splendidi anni di matrimonio, una mattina di settembre lei si sentì poco bene. Il marito era preoccupato, spaventato a morte all’idea che le potesse succederle qualcosa, ma… due lineette e dopo nove mesi…«Uuuh! Ora arrivo io?»
«Ma non avevi detto di non volerla più sentire questa storia?»
«Ho cambiato idea, non si può?»La bimba più bella dell’universo. Le guanciotte rosa e paffute, gli occhi azzurri screziati di verde come quelli della mamma ed i capelli biondi e ricci del papà. Aurora, bambina curiosa, intelligente e spiritosa.
La loro famiglia era semplicemente splendida. Unita, felice, con tutta la vita davanti. Ed ecco che dopo altri quattro anni, altre due lineette su un bastoncino informarono i tre dell’arrivo di qualcuno, un maschietto questa volta.
«Ehi! Questo sono io!»
«Si Ippo, sei tu.»
«Non mi piace mai la parte che racconti dopo, papi.»
«Lo so, amore, lo so.»Filippo era il ritratto di suo padre da piccolo. Identico a lui in tutto e per tutto. I capelli ricci come quelli della sorella, gli occhi marroni e profondissimi. Un bambino molto timido, dolce e affettuoso.
La loro era la precisa rappresentazione di una famiglia da pubblicità delle merendine. Stavano benissimo nella loro villetta in mezzo al verde, con la casetta sull’albero ed il vociare dei bambini nel cortile. Avevano anche preso un cane, un piccolo volpino dal musetto buffo di nome Dobby.
Se solo…«Papà questa parte non la vogliamo sentire. Poi Filippo piange.»
«Io non piango! Sono grande!»
«Certo Ippo, sei l’ometto di papà. Ma ora dormite, ok? Buonanotte ragazzi. Vi voglio bene.»
«Notte.»…se solo la leucemia non l’avesse portata via da loro.
~
«Papà? Posso farti una domanda?»
«Oh Rora, che succede? Pensavo dormissi.»
«E tu perché non dormi?»
«Compiti da correggere. Stai bene?»
«Sì, però ti volevo chiedere una cosa. In realtà è una cosa che ha pensato Ippo.»
«Cosa?»
«Ma ora che Francesco è andato via, anche zio Simone sta male come te con la mamma?»
«Francesco non è morto, se n’è solo andato.»
«Beh ma zio era innamorato, no? Sarà triste.»
«Domani lo chiamiamo se volete, va bene? Ora torna a dormire, domani hai scuola.»
«Notte papà»
«Notte mostro.»È un'idea che mi ronza in testa da un po', dopo aver visto il finale (meglio sorvolare su ciò che penso in merito), mi sono convinta a buttare giù una storia. Non saranno moltissimi capitoli, cinque o sei al massimo.
p.s. non mi odiate, niente è come sembra...

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Come nelle favole
FanfictionLo scorrere del tempo. Sentimenti che si evolvono, maturano, cambiano intensità e natura. Gli anni passano, ma qualcosa rimane, nei ricordi, nei pensieri, in una frase, in un gesto. Ricordate però che niente è come sembra. E come dicono i PTN: "Però...