Capitolo 2º | l'amicizia

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La mia vita non gira solo sulla grotta e sugli allenamenti, ho anche la scuola.
Adoro andare a scuola, ci vado ogni mattina mano nella mano con il mio migliore amico. La nostra amicizia é nata dalla vicinanza delle abitazioni, lui infatti viveva due case più avanti della mia quando ancora non abitavo nel villaggio dei vincitori. Circa all'età di sei anni, quando si inizia ad andare a scuola, vedevo questo ragazzino dai capelli neri come la pece che, stringendo la mano di una donna alta e dalla chioma dello stesso colore, si incamminava sul vialetto che porta alla piazza, con sulle spalle un logoro zaino marroncino.
Lo trovai fin da subito un ragazzo attraente, aveva un non so cosa nella sua camminata saltellante che ti metteva di buon umore. Anche io la mattina andavo a scuola accompagnata da mia sorella, lui però scendeva dieci minuti prima e io lo guardavo dall'unica finestra che avevamo nella nostra casetta di legno. Succedeva ripetutamente, ogni mattina, e più il tempo passava più mi chiedevo chi fosse e in che classe andasse. Sicuramente non nella mia, ció significava che era più grande. Nel distretto quattro abbiamo dodici classi, tutte malconce e senza materiale perché Capitol city ci vuole poco colti, ci vuole scemi per poterci controllare meglio. Ogni classe ospita tutti gli alunni in una fascia d'età. Nella prima classe ci va chi ha appena incominciato la scuola, nella seconda chi è al secondo anno, nella terza chi è al terzo anno e così via. In effetti a scuola non si studia granché, non danno i compiti a casa e non interrogano, ti spiegano soltanto la storia di Capitol city, quali sono i tipi di pesci da conoscere e infine come combattere con le spade.
É per questo che siamo dei favoriti, abbiamo un parziale addestramento che ci permette di essere già più avanti rispetto agli altri tributi. Però noi non sosteniamo l'allenamento dei distretti uno e due che è davvero durissimo, tutti sanno che sono proprio questi distretti a fornire pacificatori a Capitol city ed è per questo che passano tutta la vita ad esercitarsi, fondamentalmente.
Gli allenamenti con le spade avvengono un'ora prima del suono della campana che segna la fine della giornata scolastica, sono spade di legno per non danneggiarsi, ma comunque servono per imparare come si maneggiano e come affondare un colpo e stendere l'avversario.
Sono sempre stata una frana con le spade, e anche mia sorella, per questo prima lei andava e ora io vado, ogni giorno ad allenarci. Perché sapevamo che con la spada era più che inutile continuare a tentare, non faceva per noi.
Uno invece che era davvero abile era lui, quel ragazzo dai capelli scuri che la mattina vedevo andare a scuola. Il giorno in cui scoprì che era un anno più grande di me, lo scoprì perché quelli di seconda erano venuti da noi a farci vedere come combattevano loro.
Era fantastico, faceva scivolare la spada da una mano all'altra e confondeva l'avversario, poi faceva qualche passo avanti e con l'impugnatura colpiva alla gamba, di conseguenza girava ad una velocità strabiliante la spada e con l'elsa colpiva il fianco sinistro facendo cadere faccia a terra lo sfidante.
Era invincibile, usava con scaltrezza la spada ed era capace di disarmare qualcuno in due secondi.
Tutte le ragazze della mia età gli avevano puntato gli occhi addosso, era un ragazzo bellissimo e anche un gran combattente, aveva il suo fascino. Anche i miei, di occhi, si erano incollati a quel ragazzo magnifico che scivolava avanti e indietro con tanta leggerezza.
Non ricordo come, ma so che alla fine dei combattimenti si accorse di me. Io lo stavo guardando, come tutte del resto, e i suoi occhi si erano puntati su di me. Mi aveva sorriso, lo vedo chiaro anche ora nella mia mente come aveva spalancato la bocca mostrando una fila di denti perfetti, non alle altre, a me.
Qualche minuto dopo stavo uscendo nel cortile della scuola che dava sulla piazza, per tornare a casa, e c'era mia sorella che mi aspettava oltre il cancello sorridendomi. Potevo vedere i coltelli negli stivali, anche se in realtà erano ben nascosti, perché io sapevo che c'erano e non vedevo l'ora di guardarglieli lanciare.
Stavo tranquillamente camminando verso di lei quando sentii un leggero tocco sulla spalla. Mi girai, e con sorpresa mi trovai davanti due occhi profondi e azzurri, gli stessi che fino a qualche momento prima mi avevano fissata.
-Ciao- mi disse sorridendo -mi chiamo Sean-, mi piaceva il nome Sean, Sean che contiene la parola sea, che in inglese vuol dire mare -i tuoi occhi vanno d'accordo con il tuo nome- gli dissi senza pensarci su. - lo so, tu ti chiami Alyxsis vero? Sei la figlia degli Herondale, quelli che vivono due case dietro la mia?- la semplicità con cui me lo chiese mi scoinvolse, nel distretto quattro nessuno si rivolgeva così a persone sconosciute -si, sono io. Sei bravo con la spada- rise, e la sua risata mi riempì di gioia il cuore -grazie, sei gentile. Se ti va posso insegnarti come usarla, ho visto che sei un po' impacciata- il commento mi irritó, chi era lui per dirmi che ero impacciata? -grazie lo terrò presente- gli dissi voltandogli le spalle, e me ne andai. Ma non si era arreso, lo sentivo seguirmi -aspetta! Non era offensivo! Volevo solo passare un po' di tempo con te!- lo guardai, ero piccola, avevo sei anni, e in quel momento capì che era un ragazzo sveglio, uno di cui ci si poteva fidare. -non mi piacciono le spade, però se ti va la mattina possiamo andare a scuola insieme, chiederò a mamma, c'è mia sorella che mi aspetta quindi ciao!- e corsi via, sorridendo, verso mia sorella.
Più il tempo scorreva, più diventavamo grandi, più legavamo. Andavamo a scuola insieme tutte le mattine e raggiunta l'età di dieci anni lui era davvero diventato bravissimo con le spade. La sua famiglia era povera, molto di più della mia che in realtà si manteneva bene grazie a me e mia sorella, e lui aveva trovato un modo per guadagnare grazie alle sue abilità. Chi era a rischio per essere chiamato alla mietitura andava da lui, che aveva rubato due spade dalla scuola, e imparava come muoversi e vincere in un duello. In realtà nessuno di quelli a cui dava lezioni era stato chiamato alla mietitura, solo uno, e quella volta aveva vinto. Insomma per noi le cose sono sempre andate bene, quando poi mia sorella smise di venire alla grotta con me, alcune volte ci portavo lui. Gli facevo vedere come usavo le frecce e come mi muovevo con agilità e lui era sorpreso di queste mie abilità. Ho tanti ricordi dei pomeriggi con lui, in quella grotta mentre parliamo e urliamo insulti a Capitol city. La nostra amicizia aveva resistito a tutto, fame e malattie, litigi e bisticci. Una volta lui era stato aggredito da quattro ragazzi più grandi perché li aveva battuti tutti con le spade, e io li avevo visti. Stavo tornando dalla pesca quindi presi i miei pesci e glieli lanciai tutti in faccia, uno ad uno, per permettere al mio amico di scappare. Siamo sempre Stati Uniti, e nulla a parte la mietitura poteva separarci. Nessuno dei due sarebbe stato chiamato, avevamo un solo nome entrambi nella boccia. Uno solo, e non c'era possibilità che venisse estratto il nostro nome.
La mia vita era composta da alti e bassi, come quella di tutti nei distretti, ma il mio migliore amico e la mia famiglia la rendevano perfetta in ogni singolo momento.
Fino a quel giorno, quello stupido giorno che rovinó tutto.

I 36º HUNGER GAMESDove le storie prendono vita. Scoprilo ora