Capitolo 1 - Tu non innamorarti di un uomo che non sono io

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"Ma se po sape' che ce devi fa' co' quel vecchio?"


Tutto era cominciato circa un mese e mezzo prima, quando Simone aveva smesso improvvisamente di parlargli. Improvvisamente, sì, ma non senza un motivo: Manuel si era approfittato dei sentimenti che sapeva si agitavano nel cuore di Simone soltanto perché aveva bisogno di non pensare ad Alice e come se non bastasse si era anche rifiutato di parlare di ciò che era successo quella sera, liquidando l'argomento con frasi borbottate e poco gentili. Lo aveva usato, lo aveva illuso, si era preso gioco di lui come se l'amicizia che c'era tra di loro non valesse niente, o almeno questa era l'opinione di Simone a riguardo, il quale dopo aver tentato per giorni di riaprire il discorso ed essersi visto ogni volta scacciare in malo modo, aveva deciso di evitare qualsiasi tipo di conversazione con quel ragazzo che aveva sconvolto la sua vita.


Manuel, dal canto suo, aveva a sua volta un'opinione in merito, così poco chiara perfino a se stesso che non avrebbe neanche saputo esprimerla a parole, ma del resto era certo che se anche fosse stato in grado di farlo, avrebbe taciuto ugualmente. Sapeva bene di essere stato un pezzo di merda nei confronti di Simone, così come lo era stato con Chicca –ed entrambi avevano in comune un compleanno rovinato da lui, per uno strano gioco del destino- e sapeva anche che quella sera era stato mosso dalla rabbia e dal desiderio di vendetta nei confronti di quella donna che gli aveva ammesso senza troppi problemi di averlo usato, ma non era stato solo questo a spingerlo a tirare a sé Simone e a far incontrare maldestramente le loro labbra e i loro corpi per la prima volta. Se in un primo momento, infatti, ancora inebriato dal piacere e dall'alcool, si era sentito esplodere il cuore d'orgoglio per ciò che aveva fatto, gli era bastato incrociare gli occhi di Simone, luccicanti di un misto di euforia e incredulità, per distogliere lo sguardo e scappare dalla stretta dell'altro, non preoccupandosi neanche di riaggiustarsi i vestiti, morso dalla vergogna. Era sempre stato fermamente convinto del fatto che non gli piacessero i maschi, come aveva anche prontamente biascicato a Simone per mettere le cose in chiaro, per cui nonostante credesse davvero che non ci fosse nulla di male nell'essere gay, essersi lasciato andare ad una sveltina con un altro ragazzo non lo faceva sentire bene, si vergognava per aver tradito se stesso. Tuttavia, ciò che lo faceva stare ancora più male, ciò che lo tormentava notte e giorno da quella sera, era la consapevolezza di aver spento quel luccichio negli occhi di Simone, sostituito in un lampo dalle nuvole della confusione e, probabilmente, della paura di aver sbagliato qualcosa o di essere in qualche modo sbagliato. Manuel sapeva cosa si provava a sentirsi usati da un'altra persona, eppure non era stato migliore di Alice e aveva condannato alla stessa sofferenza Simone, che meno di tutti meritava di soffrire, e per questo si sentiva tremendamente in colpa. Non aveva mentito quando aveva detto all'altro ragazzo che con lui era diverso, infatti non c'era nessun'altra persona -ad eccezione di sua madre- a cui teneva così tanto e anche se non avrebbe saputo dare un nome a questo sentimento, sapeva che era ciò che il suo istinto aveva seguito, ben più del desiderio di vendetta, quella notte davanti al muro dell'amore (e ancora una volta il destino gli aveva dimostrato di possedere una gran dose di ironia): Manuel si era sentito solo, abbandonato e allora si era aggrappato a quella persona che in breve tempo era diventato il suo punto fermo ed era stato accolto, perché Simone era fatto così, ma lui non era stato in grado di ricambiargli il favore, non era stato in grado di diventare a sua volta un punto fermo per l'altro.


Aveva deciso di rispettare Simone nella sua decisione di ignorarlo totalmente, non aveva insistito, e ripeteva continuamente a se stesso che fosse meglio così per entrambi, ma quella mattina vide una scena che lo spinse a trascinare Simone in disparte, in una nicchia vicino alle scale, durante la ricreazione: era arrivato a scuola in anticipo rispetto al solito, complice anche la sua insonnia, e aveva visto Simone scendere da un'auto che non era quella di suo padre, accompagnato da un uomo che certamente non era il suo professore di filosofia. Era più giovane di quest'ultimo, ad occhio dimostrava una trentina d'anni, indossava un completo elegante e, cosa che ebbe su Manuel lo stesso effetto di un calcio di Zucca, salutò Simone con un bacio sull'angolo delle labbra prima che quest'ultimo scendesse dall'auto. Se il suo primo istinto fu quello di affrontare direttamente l'ex amico, quando lo vide avviarsi nella sua direzione gli diede le spalle, voltandosi verso la propria moto e perse tempo ad armeggiare con la catena fino a quando l'altro ragazzo, che non sembrava essersi accorto di nulla, attraversò il portone del liceo. L'istinto gli suggerì allora di seguire quell'automobile, ma questa era già scomparsa nel traffico cittadino quando Manuel si voltò nuovamente nella sua direzione, lasciandolo per le successive due ore di lezione a cercare di autoconvincersi che non fossero fatti suoi, che Simone aveva il diritto di frequentare chi voleva e che lui era l'ultima persona al mondo che poteva mettere bocca sui suoi affari, ma al suono della campanella delle dieci e mezza ogni suo tentativo di far sparire quel senso di malessere e di curiosità che la scena gli aveva scatenato in corpo era fallito, per cui aveva deciso di confrontarsi con il diretto interessato, anche a costo di sembrare ridicolo.


Simone si sentì afferrare per il braccio all'improvviso, non ebbe neanche il tempo di recuperare il suo caffè dal distributore che si trovò di fronte a Manuel senza sapere come ci fosse arrivato. Era la prima volta da settimane che si trovavano così vicini e gli rivolse uno sguardo glaciale, uno sguardo che in passato mai avrebbe immaginato di rivolgere al suo amico, uno sguardo privo d'affetto a cui tuttavia non sfuggirono alcuni dettagli: Manuel gli appariva più magro, più pallido e con occhiaie più scure del solito, ma non si lasciò impietosire e per un attimo, per un rapidissimo attimo, pensò anche che meritasse qualsiasi cosa fosse a farlo stare in quelle condizioni –forse aveva problemi con Sbarra, si disse-. La domanda che gli arrivò alle orecchie mentre con uno strattone si liberava della presa del ragazzo di fronte a lui gli fece emettere un verso di pura incredulità e non per il fatto che l'altro fosse venuto a sapere della sua relazione –anzi- ma per la faccia tosta che aveva avuto nel permettersi di criticarla. Quel vecchio, come era stato appena definito, si chiamava Claudio e Simone lo aveva conosciuto in un locale che aveva iniziato a frequentare da quando Manuel lo aveva gettato via come un giocattolo rotto. Non sapeva neanche perché ci andasse, effettivamente, e pur ripetendosi che lo faceva per conoscere persone nuove –ragazzi nuovi, in particolare- che lo aiutassero a mettere per sempre una pietra sulla questione "Manuel Ferro", non si distraeva affatto e non era mai dell'umore adatto a fare conoscenza, troppo impegnato a rimuginare su ciò che era successo, per cui trascorreva quelle serate a bere qualche birra prima di tornare a casa. Questo, ovviamente, fino a quando non aveva conosciuto Claudio, più o meno un mese prima, in una sera più brutta delle altre. Avevano iniziato a parlare, o meglio, Claudio aveva iniziato a parlare ed era perfino riuscito a strappare a Simone la prima risata –seppur molto debole- dopo giorni di angoscia e per questo il ragazzo aveva iniziato a raccontargli un po' di sé e della sua vita, dapprima condividendo informazioni piuttosto generiche, come il tipo di liceo che frequentava e la sua passione per il rugby, lasciandosi poi via via andare sempre di più nel corso di pochi giorni, finendo a raccontare anche di ciò che era accaduto con Manuel, seppur a grandi linee. Non gli andava, infatti, di ripercorrere quella strada così dolorosa. Claudio gli aveva dimostrato di capirlo, lo faceva sentire meglio, ed anche se avevano una notevole differenza d'età, Simone sentiva che poteva aiutarlo davvero a rimettere insieme i pezzi della propria vita e dunque non si era tirato indietro quando si era accorto che una semplice frequentazione si stava trasformando in qualcosa di più. Capitava sempre più di frequente che Simone restasse a dormire a casa dell'altro, a volte per comodità, ma molto spesso semplicemente perché ne avvertiva il bisogno e capitava anche che si baciassero, di tanto in tanto. Era una situazione strana, ne era consapevole, ma per una volta in vita sua era riuscito a trovare un briciolo di serenità ed era deciso a tenerselo stretto, per cui provò ad allontanarsi, ma venne di nuovo bloccato da Manuel.


"Ma te perché non te ne vai a fanculo?"

Gli ringhiò contro, mentre gli dava un leggero spintone per liberarsi dalla sua presa.


"T'ho fatto una domanda, Simò! Poi me ne vado a fanculo, nun te preoccupà, però prima voglio una risposta!"

Insisté l'altro, più deciso che mai. Fu proprio quella determinazione nei suoi occhi e nella sua voce che fece emettere uno sbuffo divertito a Simone prima di rispondere, beffardo. Era disposto a dire all'altro ragazzo ciò che desiderava, pur di essere lasciato in pace. In più, aveva una risposta pronta che sarebbe stato un peccato sprecare.


"Se proprio lo vuoi sapere, con quel vecchio, come lo chiami tu, ci faccio le stesse cose che facevi tu con l'architetta."


Quelle parole lasciarono la sua bocca in un sibilo, il sibilo di un serpente che sapeva esattamente in che punto mordere la malcapitata preda e Simone, come un serpente, capì di aver colpito un punto sensibile quando Manuel sgranò gli occhi per l'incredulità e abbassò repentinamente lo sguardo per non darlo a vedere. Soddisfatto per aver ferito quello stronzo nell'orgoglio, se ne tornò in classe senza aggiungere altro.

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