Part 2

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Abito al quarto piano di un palazzo sulla Madison Avenue, in un appartamento abbastanza piccolo con camera, bagno e un salone con al centro un isola che lo divide dalla cucina. La cosa bella della mia umile dimora è la vetrata del salone, da essa posso ammirare il panorama di Central Park anche se da una discreta lontananza. Su mio stesso piano ci sono altri due appartamenti, davanti al mio abita una vecchietta, Adele. È davvero un'impicciona, spia tutto quello che succede dall'altro lato della porta dal suo spioncino. Lo avevo notato già da tempo però tutto ciò mi divertiva, alla fine è una donna simpatica con la quale ho il piacere di trattenermi qualche ora alla settimana per un bel tè al limone. Mi racconta di tutti i gossip del palazzo, dalle feste di Mario che ricorrono ogni venerdì sera, a detta sua uno scapestrato che a trent'anni ancora non ha messo la testa apposto, al tradimento del signor Johnson, un uomo distinto dice lei. È un agente immobiliare sulla cinquantina ma con il fascino di Brad Pitt. Ama la bella compagnia o meglio, le belle donne che gli fanno compagnia, e questo basta a far sorgere il dubbio sulla sua fedeltà a sua moglie Lea, una cuoca fantastica che passa le giornate nel suo ristorante impegnata a preparare pietanze deliziose. Non ho mai capito perchè non si sono lasciati.

Adele continua a ripetermi.

"Si amano, quando lo proverai anche tu potrai capirli" dice con aria saggia.

Sa di esserlo ma ci tiene a ricordarmelo per dare un tono alla sua persona nonostante si diletti nei pettegolezzi scottanti della palazzina.

"Adele non so quanto questo possa avere senso, alla fine si tradisce quando ormai non si ama più. Non ha senso stare con una persona se oramai non si prova più nulla" ribatto sbuffando.

Non mi piacciono questi discorsi a senso unico, la mia mente non riesce ad elaborarli.

"Altrochè se ha senso, molti tradiscono per vedere se gli da sensazioni, altri aspettano solo quello che viene dopo, sperando che arrivi" spiega facendo ondeggiare la tazzina di tè quasi vuota.

Corruccio la fronte confusa.

"Quello che viene dopo?"

Lei annuisce con decisione.

"Scusami, cioè? Cosa viene dopo?".

Inspira con forza prima di rispondere, guarda un attimo il soffitto e poi pronuncia.

"Il senso di colpa".

Rimango un secondo a pensare prima di limitarmi a dire un semplice.

"Ah"

Muovo la mano per farla continuare a parlare, quel gesto la mette subito sull'attenti, contenta e un po' sorpresa del mio interessamento.

"Vedi cara, molti seguono la convinzione che se si prova quel senso di colpa allora si ama davvero e quindi si puliscono la coscienza confessando, sperando di riparare al loro errore".

"E funziona?" sono sicura della sua risposta negativa. Chi mai perdonerebbe un tradimento, alla fine ciò che ne esce è solo perdita di fiducia. Di certo, giustiziera come sono, non avrei potuto dare per nulla al mondo altre possibilità per ferirmi, la fiducia si guadagna e questo è quanto. È inutile continuare a ripetere che ammettere le proprie colpe aiuta perchè gli unici a giovarne sono quelli che le ammettono, chi ne subisce l'onda ne rimane solo fottuto.

Infatti lei sorride dolcemente negando con un gesto della testa. Bevuto l'ultimo sorso di tè si alza sistemandosi la gonna del vestito che noto solo in questo momento sia davvero lunga, quasi a sfiorare il pavimento. Copio il suo movimento, spinta dal senso del dovere e la aiuto a fare ordine.

I nostri pomeriggi solitamente sono di questo genere, belle chiacchierate accompagnate da un tè caldo.

Oltre all'appartamento di Adele, sul mio piano, infondo al corridoio, c'è un'altra porta che quasi scompare nel buio del pianerottolo. Più volte domandai ad Adele chi ci abitasse ma non ricevetti nessuna risposta a sodisfacente, ogni volta si limitava a dirmi.

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