L'unico incubo è la realtà

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[Disclaimer:

La storia può essere considerata una AU, perché è ambientata anni dopo la serie Un Professore, quindi se i personaggi vi paiono un po' ooc, è normale - perché è una AU e perché sono passati anni, quindi ci troviamo al cospetto di due ragazzi appena più maturi e non due sedicenni.
Spero vi piaccia, io ne sono molto soddisfatta]






«Manuel? Manu? Dove sei?».

La voce di Simone rimbomba sonoramente tra le mura di quell'appartamento spoglio. I mobili ci sono, più o meno, recuperati per lo più al mercatino dell'usato.

Dante, il padre di Simone, prima che si trasferissero ha insistito per poter regalare loro almeno quelli della cucina, ma hanno rifiutato perché per la loro prima casa insieme non volevano l'aiuto di nessuno - anche se Manuel, ad un certo punto, ci ha provato a convincere il compagno ad accettare il regalo del professor Balestra, esasperato da ciò che trovavano in giro, usurato e mezzo rotto, ma non ha avuto la meglio.

Però va bene uguale.

È una casa piccola: ha una camera, un minuscolo ingresso, un salotto arrangiato dove ci entra a stento un divano a due posti e un televisore, la cucina, un bagno lungo e stretto e un solo balcone.

Detta così pare pure una catapecchia, però sia Manuel che Simone ne sono orgogliosi.

Per loro va bene, è tutto ciò che occorre.

«Sto qua!» urla di rimando Manuel. Chiude rapidamente il computer con il quale stava trafficando seduto a gambe incrociate sul letto matrimoniale e, a fatica, si alza.

Toccare le mattonelle gelate gli dona una sensazione di sollievo e, sinceramente, vorrebbe dirne quattro chiunque gli ha sempre detto che a Milano non fa caldo perché non è vero. Anzi, l'afa è decisamente più soffocante rispetto a Roma e non c'è mai un filo d'aria. E comunque lui la nebbia nell'ultimo anno passato nel capoluogo lombardo non l'ha mai vista.

Per sua fortuna è fine agosto per cui la tortura è quasi finita.

Quando supera la soglia della porta della cucina, Simone è fermo davanti al tavolo sul quale ha posato tre buste piene di spesa appena fatta. Lui ha già tolto le scarpe, evidentemente non le sopportava più, quindi se ne sta lì con dei pantaloncini color senape e una t-shirt azzurra.

«Ti muovi?» urla perché l'altro non l'ha sentito arrivare.

Manuel approfitta di tale lieve distrazione e si appropinqua a lui lentamente finché non gli è dietro. Posa in maniera lenta i palmi aperti sui suoi fianchi e pressa il proprio petto contro la sua schiena. Si solleva appena sulla punta dei piedi per posare lieve le labbra sull'incavo del suo collo lasciato perfettamente scoperto dalla maglietta leggera.

Nonostante tutto, Simone nemmeno sobbalza: la sua accennata risata riempie le orecchie di Manuel che sorride senza distaccarsi dalla sua pelle. «Ci hai messo un sacco» sussurra.

«La gente col caldo impazzisce» replica Simone e allunga una mano all'indietro così da infilare le dita tra i ricci capelli del compagno. «Ti ho chiamato per aiutarmi con la spesa, però» puntualizza.

«Sì?».

«Sì, ci sono i surgelati».

Manuel sospira sommessamente. In realtà non ne ha per niente voglia. Tutto ciò che riguarda le faccende domestiche lo trova complicato e noioso, ragion per cui fa sempre quasi tutto Simone. Quest'ultimo decifra in modo chiaro il suo sbuffo. Gira su se stesso, voltandosi lentamente. Prende il suo viso tra le mani e passa i pollici sulle sue guance prive di barba - ha preso a rasarsi ogni giorno da quando si sono trasferiti e pare addirittura più piccolo senza barba. «Ci mettiamo poco in due» sussurra e deposita un bacio fugace sulla punta del suo naso «Così poi ci mettiamo a vedere una serie con il ventilatore puntato addosso».

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