«Ma si può sapere dove stiamo andando?».Simone lo chiede mentre è accomodato sul sedile passeggero della Peugeot che guida Manuel; è vecchia e il motore fa uno strano rumore, per cui si augura che quel viaggio duri poco o rimarranno in mezzo ad una strada.
«No, è una sorpresa» replica Manuel.
Tiene una mano sul volante, l'altra si alterna tra questo e la leva del cambio, sebbene abbia l'istinto di posarla sulla gamba dell'altro ragazzo. Si trattiene perché - beh, non lo sa. Stanno andando avanti un passo alla volta e forse quello è troppo grande e non abbastanza graduale.
Quindi, ecco, meglio evitare.
«Vabbè, ma nemmeno un indizio?» insiste Simone.
«No».
«Nemmeno uno piccolo?».
«Te dico de no» Manuel ridacchia «Tanto mancano, uhm». Lancia un'occhiata al bordo della carreggiata per scorgere qualche cartello, che per fortuna nota, e allora «Mancano quarantadue chilometri e arriviamo» annuncia.
Ogni tanto gli rivolge uno sguardo fugace, per quanto stia ben attento alla guida, a non superare per nulla il limite di velocità; prima di partire ha controllato almeno dieci volte che Simone avesse la cintura allacciata, che tutto fosse perfettamente a posto e okay, il rumore che fa il motore gli provoca un briciolo d'ansia, ma può tollerarlo.
«Piuttosto, i tuoi li hai chiamati stamattina?» chiede, dopo.
Simone annuisce. «Seh, prima di partire» replica. La chiamata a Dante e Floriana è diventata ormai quotidiana, anche se di molte cose sono tenuti all'oscuro.
«E che hai detto?».
«Che va tutto bene». Corruccia le labbra in una smorfia. «Dovevo dire altro?».
«No, ma va». Manuel scrolla le spalle. In quella frazione di secondo in cui gli occhi gli ricadono sul compagno, lo vede col capo basso, intento a fissarsi le mani e torturarsi le nocche.
Si morde piano il labbro inferiore. Lo vede così piccolo in quel momento e in realtà è una cosa che gli capita spesso, quella di avere la percezione di quanto sia estremamente fragile.
«A che pensi?» gli domanda.
«Niente» borbotta Simone «A dove stiamo andando».
«Sì, a parte quello?».
«Nient'altro».
Manuel non ci crede molto, però non indaga oltre. Lo ha consigliato Sofia - la dottoressa Miglio - di lasciarsi i propri spazi perché Simone, a poco a poco, deve imparare anche a riconoscere sé stesso ed è un lungo percorso. Ha intenzione di accompagnarlo per tutta la sua lunghezza, su questo ora non ha dubbi.
Prima era soltanto spaventato da tutta la situazione, ma ora, dopo aver rischiato di perderlo di nuovo, vede tutto in maniera più nitida.
È passata soltanto qualche settimana, del resto.
In quel momento resta in silenzio. Riporta l'attenzione sulla strada, alzando appena il volume della radio. Suonano canzoni pop che non conosce - non tutte - interrotte ogni tanto dalla voce degli speaker e pure da alcune interferenze.
Ci vogliono altri trentacinque minuti circa prima di giungere a destinazione.
Simone osserva fuori dal finestrino, poco prima che l'auto si fermi, accostando in una strada poco trafficata e a doppio senso. Aggrotta le sopracciglia, confuso: scorge un'ampia distesa blu poco distante da dove sono loro, una scogliera con masse chiare e le onde che si infrangono su di essa.

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Spaces
Fanfiction«Se tipo domani ti dimenticassi tutto, no? A me basterebbe uno sguardo e tu saresti perso». Si muove e con non poca fatica, rischiando di far cadere il computer da quel rialzo improvvisato, si posiziona sopra al corpo del compagno, con le ginocchia...