Capitolo II- Ite, missa est

154 17 95
                                    

Scriveva con dedizione.
Un notturno di Chopin girava sul grammofono. L'estate scorreva lungo le finestre, manifestandosi come brezza frizzante, troppo scozzese per permettersi di mostrare i suoi raggi più caldi.
La quiete regnava ed era tutto perfetto.

Emeline intinse la punta della stilografica di avorio nel calamaio, prima che il pennino si riposizionasse sulla carta sottile del quaderno. Davanti a lei un'ampolla di cristallo teneva in vita un bel mazzo di gelsomini candidi.

Quelle pagine incontaminate venivano macchiate di tanti neri fili, mentre tracciava scritte fini come costellazioni e ricalcava formule di struttura con tratti veloci e decisi. Stilava elenchi infiniti di bilanciamenti utili, di importanti proprietà anomale che le sarebbero di certo servite in futuro; disegnava riproduzioni fedeli dell'anatomia di quei fiori che le posavano davanti, ne graffiava accuratamente i bordi con la penna per darne profondità, sfumava dove era necessario, come se fossero la sua grande opera d'arte.
Dietro di lei la libreria era illuminata e i libri, con le loro copertine chiare e senza polvere, rilucevano come tanti piccoli granelli di sabbia sotto al sole.

Alzò lo sguardo, scrutando il giardino davanti a sé: sul muretto le rose rampicanti oscillavano sotto la spinta del vento e si fondevano all'edera che stavano lentamente soffocando.
La gabbia dei canarini giaceva sotto il gazebo, riflettendo piccoli raggi di sole; il verde del prato si distendeva all'infinito, sfumando in un tutt'uno con l'arancio spento dei campi d'uva spina.

Una goccia di inchiostro cadde sulla scrivania, formando una tremolante sfera nera e lucida.

«Sarai la mia svolta» disse Emeline, o forse lo pensò soltanto.
Sorrise a quel quaderno colmo di ambizioni.

"Vorrei parlarvi in privato, appena possibile

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

"Vorrei parlarvi in privato, appena possibile.
È a proposito dei miei studi teorici.

Vi ringrazio,
Emeline Barclay."

Mongomery sbuffò, pensoso.
Aveva trovato quel biglietto sulla cattedra, a inizio mattinata.
Depositato prima del suo arrivo, come se il mittente si fosse trovato in quell'aula molto prima del previsto per abbandonarlo lì con una cura ben progettata.

Guardò di nuovo quel foglio.
Gli occhi scorrevano tra una riga e l'altra, annoiati; lo accartocciò, appoggiandolo sulla cattedra che aveva alle spalle.
Nella lavagna dietro di lui, linee di gesso andavano a disegnare le formule di struttura di due elementi speculari.
Il titolo della lezione troneggiava sopra a quel disegno stilizzato: Isomeria ottica.

«Sono felice che abbiate accettato di vedermi.» Emeline fece due passi decisi verso l'entrata, spezzando il silenzio col limpido suono della sua voce.

«Non ho molto tempo, temo.»
Montgomery si lasciò sfuggire un sospiro enigmatico, prima di guardare oltre la porta di ingresso.
«Allora, di quali studi parlate?» chiese, guardando di sfuggita l'orologio.

Kalendae Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora