Capitolo 14.

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Una comoda poltrona posizionata accanto alla stufa a pellet accesa.
Una tazza di caffè in una mano e un buon libro aperto nell’altra.
Lo scrosciare della pioggia che picchiava i vetri del soggiorno: suono naturale interrotto di tanto in tanto dal rombo di qualche lampo, il quale spezzava le compatte nuvole grigie tramite la sua immensa e sfuggevole luce.
Un rumore inaspettato, quello di una macchina, distrasse Taylor da quelle immagini che aveva provato a ricreare nella sua mente per combattere la noia. Socchiuse le palpebre, cercando di aggrapparsi con tutta se stessa a quegli strascichi pieni di quiete.

Nonostante le sue gambe fossero indolenzite per la rigida postura che avevano assunto dall’inizio del viaggio, soprattutto a causa dello zaino accasciato sulla sua caviglia, la ventenne non si scompose di un millimetro, poggiata serenamente contro lo sportello.

I raggi del sole le solleticavano le guance, invitandola come una carezza a sprofondare in un lungo e meritato sonno. Cosa che lei non poteva assolutamente permettersi: la loro meta finale si faceva sempre più vicina.

Come il giorno prima, Andrea aveva il controllo del veicolo.
Taylor non aveva fatto nulla per protestare, anche perché era sicura che lui non gliela avrebbe data vinta.
Inoltre, era certa che non sarebbe riuscita a sopportare le sue puntigliose frecciatine già alle undici di mattina.

Il suo insolito umore era dovuto al fatto che non aveva dormito bene, quella notte.
Dopo cena, Jeff aveva assegnato a ciascuno di loro i turni di guardia che avrebbero garantito una maggiore protezione contro i famelici morti viventi.
Scelta dalla sorte, o meglio, dalla sfortuna, a Taylor era capitato il bastoncino più corto. Si era ritrovata a scrutare per due ore l’area circostante, inginocchiata davanti al fuoco del falò, che si era premurata spesso di attizzare, mentre il gruppo sonnecchiava sotto i soffici sacchi e pelo.

Il cambio le era stato dato da Elan, che aveva coperto le ore successive, per poi passare il testimone ad altri.

Volgendo lo sguardo allo specchietto, Taylor notò la figura minuta di Charlie rilassata sul sedile posteriore, i piccoli occhi puntati al paesaggio che cambiava fuori dal finestrino.
Essendo il più giovane, lei e gli altri si erano accordati di lasciarlo dormire, dividendosi il turno che avrebbe dovuto rivestire.

Altre immagini si materializzarono nella sua mente, quando riposò la testa sul braccio.
Tornò alla sera prima: era seduta su una sedia pieghevole, che Jeff aveva scortato sulla Jeep assieme agli altri attrezzi da campeggio, e si stava riscaldando davanti al fuoco.
All'improvviso, Elan aveva proposto di giocare a obbligo o verità.

Ripensandoci, Taylor doveva ammettere che l’amica lo aveva reinventato in un modo tutto suo.
Il primo passo da eseguire era stato quello di tenersi tutti per mano, cosa che Andrea aveva rispettato senza farselo ripetere due volte. Un lieve rossore si fece strada sulle gote di Taylor, nel ricordarlo: il ragazzo aveva afferrato con decisione la sua mano. Lei era trasalita e d'istinto aveva rivolto il suo sguardo a Elan, capendone solo in quel momento le intenzioni.
L'occhiata divertita e ammiccante che l'amica le aveva restituito l'aveva portata a prendere in seria considerazione di ritirarsi.

Alla fine, motivata dalle esortazioni positive di Charlie, si era lasciata trasportare ed era entrata nel vivo del gioco. A un certo punto, era stata così euforica da obbligare Elan a dare un bacio sulla guancia di Jeff, come per vendicarsi, e ricordò che lui non era sembrato affatto dispiaciuto.

Naturalmente, i ragazzi non erano stati tanto sprovveduti da richiedere cose che l’altro non si sentiva di fare. Taylor era rimasta stupita persino dalle tre singole domande che le aveva rivolto Andrea: "Cane o gatto?", "Se avessi un milione di dollari dove andresti?" e addirittura:" Ti piacciono più i tipi intelligenti e timidi o quelli coraggiosi e sicuri di sé?".
A suo avviso, le erano parse semplici e banali che solo a ripensarci le veniva da ridere.

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