Capitolo 12.

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« I medikit ci sono. Bene, abbiamo scordato qualcosa? » chiese Jeff a Taylor.

« Termos, sacchi a pelo, torce, fiammiferi, salviette umidificate, cavi e funi per ogni evenienza… » rispose piano la ragazza, leggendo i punti della lista che aveva tra le mani. 

« Oh, le taniche di benzina le hai segnate?» si illuminò Jeff, facendo il giro del tavolo per avvicinarsi a lei, per poi leggere a sua volta la lista da sopra la sua spalla. 

Taylor annuì. « Abbiamo tutto » aggiunse, per poi inspirare profondamente. 

Sapeva che il giorno decisivo era ormai giunto: si sarebbero dovuti recare a Chico, dove ogni cosa aveva avuto inizio. 

Indugiò solo un secondo se avessero mai avuto la fortuna di trovare la cura, perché delle dita ferree le strinsero la spalla sinistra con fare di conforto, cancellando il suo timore in un istante. 

Alzando lo sguardo, incontrò gli occhi neri del soldato. 

« Ce la caveremo » mormorò, accennando un piccolo sorriso.

« Sì » disse Taylor un po' più sicura. 

Jeff strusciò lentamente i polpastrelli a destra e a sinistra, come per farle una carezza. 

La pelle di Taylor divenne d'oca, scossa da quel raro gesto rassicurante. 

« Dico sul serio » disse lui, abbassando la voce affinché nessun'altro potesse udirlo oltre a lei. 

Taylor fissò le sue iridi, ma erano completamente diverse dalle sue. 

“Diamine, devo smetterla di pensarci!” si disse tra sé, staccando lo sguardo da quello di Jeff per riportarlo sul foglio. 

La sua mente era tornata indietro nel tempo e aveva riportato a galla il momento in cui Andrea l'aveva osservata intensamente. 

Probabilmente, data la curiosa intesa dei due, sarebbe durato di più se solo Charlie non li avesse risvegliati da quello stato quasi magnetico.

« In base alla cottura ho sezionato il cibo nelle casse, così da non confonderci!» esclamò una voce frizzante dalla cucina.

Taylor sentì la spalla libera: Jeff si era voltato. 

« Dovrebbe bastarci sia per l'andata che per il ritorno. Comunque abbiamo la credenza piena, dovremmo passare più spesso per i magazzini delle fabbriche » ammise quella voce in tono ingegnoso. 

Taylor vide una mossa chioma scura fare capolino dalla porta della cucina.

« Non bisogna approfittare troppo di quel che ci è stato offerto, o andrà sprecato » disse il bruno, avanzando nella sua direzione. 

« Questa dove l'hai sentita? » domandò Elan, inarcando un sopracciglio. 

« L'ho appena inventata ». 

« Mi piace, anche se mi suona da persona avara » rise lei, guardandolo mentre si arrestava a un metro dal suo viso. 

Taylor scosse la testa, cercando qualcosa da fare per non starli a sentire: certe volte credeva proprio di essere da terza incomoda.

« Io la vedo più come un'azione saggia da compiere. Se non stiamo attenti a ciò che consumiamo, prima o poi resteremo senza » insisté Jeff, infilando le mani nelle tasche dei calzoni della divisa militare. 

« Tu non dovevi arruolarti, avresti fatto carriera come poeta » scherzò Elan, toccando con l'indice l'incisione del suo cognome. 

Decisa a svicolare da quella situazione che stava diventando sempre più imbarazzante, Taylor piegò in due parti il foglio della lista e lo depositò sul tavolo, dal quale si scostò. 

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